Colpito dall’Antimafia il clan Ciarelli: 15 le persone arrestate, estorsioni anche dal carcere. Vittime anche avvocati e imprenditori
Questa mattina, la Polizia di stato di Latina ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Roma, Simona Calegari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ossia dei sostituti procuratori Corrado Fasanelli, Luigia Spinelli e Valentina Giammaria (Procura di Latina), nei confronti di 15 persone, ritenute gravemente indiziate a vario titolo dei reati di estorsione, truffa, violenza privata, danneggiamento e lesioni, reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione mafiosa.
L’attività è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Latina, con la partecipazione di 4 equipaggi del reparto Prevenzione Crimine di Roma, il supporto di unità cinofile antidroga ed anti esplosivo e del reparto Volo di Pratica di Mare, in collaborazione con le Squadra Mobili di Perugia, Teramo, Siracusa e Lecce, oltre che del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria – Nucleo Regionale Lazio e dei reparti penitenziari degli altri istituti interessati. Tra gli arrestati i cosiddetti capi famiglia Carmine Ciarelli detto Porchettone e Ferdinando Ciarelli detto Furt, oltreché alla moglie Rosaria Di Silvio e al figlio di questi ultimi due Roberto Ciarelli.
Di seguito i destinatari della custodia cautelare in carcere (molti dei coinvolti risultano già ristretti in carcere o agli arresti domiciliari): Manuel Agresti (classe 1985), Matteo Ciaravino (classe 1989), Carmine Ciarelli detto Porchettone (classe 1966), i figli di quest’ultimo Ferdinando Ciarelli detto Macù (classe 1982) e Pasquale Ciarelli (classe (1984), Antoniogiorgio Ciarelli (classe 1980), Ferdinando Ciarelli detto Furt (classe 1963), Roberto Ciarelli (classe 1996), il figlio di Armando detto “Lallà”, Gianluca Di Silvio (classe 1996), il deceduto figlio di “Lallà”, Samuele Di Silvio (classe 1990), Costantino Di Silvio detto Patatone (classe 1982), Francesco Iannarilli (classe 1987), Rosaria Di Silvio (classe 1964), Maria Grazia Di Silvio (classe 1964) e Valentina Travali (classe 1987). Finisce agli arresti domiciliari anche Ferdinando Ciarelli, 22 anni (classe 1998). Risultano indagati Pamela Ciarelli, Costantino Di Silvio detto Cha Cha, il collaboratore di giustizia Andrea Pradissitto, Gina Rocco (compagna di Roberto Ciarelli) e Francesco Viola (clan Travali).
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si è sviluppata a seguito degli approfondimenti svolti in merito alle dichiarazioni rese in diversi interrogatori da alcuni collaboratori di giustizia (Renato Pugliese, Agostino Riccardo e Andrea Pradissitto, ex affiliato al clan Ciarelli, poiché genero di Ferdinando Ciarelli detto Furt) con riguardo le attività illecite svolte da appartenenti alla famiglia Ciarelli. In particolare questi ultimi indicavano una pletora di imprenditori, commercianti ed altri cittadini quali vittime di usura ed estorsione da parte dei Ciarelli.
Le indagini condotte dalla sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Latina, che si sono espletate attraverso servizi di natura tecnica, congiuntamente alle dichiarazioni rese dalle vittime delle estorsioni e delle violenze private, hanno consentito di riscontrare le propalazioni rese dai citati collaboratori di giustizia, i quali nei numerosi interrogatori hanno anche ricostruito le dinamiche criminali, presenti e passate, sviluppate sul territorio di Latina e Provincia.
Le indagini hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come i 10 episodi estorsivi per cui si procede abbiano mostrato l’utilizzo di condotte tipicamente assimilabili alle mafie tradizionalmente intese, ovvero: la prospettazioni di ritorsioni alle vittime in chiave plurale, la spendita del nome dei Ciarelli quale segno di appartenenza ad un gruppo criminale per amplificare l’efficacia delle azioni intimidatorie e violente, il riferimento a problemi giudiziari nonché alle spese relative ai processi degli appartenenti al gruppo per coartare la volontà delle vittime e l’affermazione del potere di riscossione del pizzo in quanto derivante dal controllo del territorio.
In molti degli episodi ricostruiti in termini di gravità indiziaria nel corso delle indagini, le vittime non hanno denunciato i fatti subiti per timore di ritorsioni, lasciando emergere un diffuso stato di assoggettamento ed omertà, determinandosi addirittura a mutare in alcuni le proprie abitudini di vita. Propio sul cancro dell’omertà, Il Vice Questore Aggiunto Giuseppe Pontecorvo ribadisce di come sia importante che cittadini, imprenditori e professionisti possano finalmente avere fiducia negli organi competenti così da denunciare episodi criminali.
Nello specifico, è stato riscontrato come componenti della famiglia Ciarelli gestiscano, attualmente, una forma di protezione dei detenuti in carcere, pretendendo per tale servizio la corresponsione di un somma di denaro che assicura le vittime da violenze, minacce e ritorsioni.
Le vicende denunciate, inoltre, hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come lo stato detentivo non abbia indebolito la capacità intimidatoria della famiglia Ciarelli, la quale avrebbe continuato fino alla scorso anno, a formulare richieste estorsive nei confronti, di imprenditori, commercianti, semplici cittadini, alcuni dei quali persone offese nel processo Caronte, utilizzando il social Network Facebook, attraverso l’account “Puro Sangue Ciarelli”, per raggiugere le persone che si trovano sul territorio pontino.
La capacità di intimidazione che il clan Ciarelli è risultato in termini di gravità indiziaria esercitare ancora oggi, nella città di Latina, è emersa attraverso azioni criminali che i giovani rampolli di famiglia, spendendo il nome del sodalizio e dei suoi esponenti di vertice, avrebbero posto in essere fino alla scorsa estate nella zona della cosiddetta Movida, nel centro storico di Latina, e in alcuni stabilimenti balneari sul lungomare di Terracina, laddove addetti alla sicurezza venivano fisicamente aggrediti, per avere impedito l’accesso al locale o la consumazione gratuita di cibi o bevande.
È stato da ultimo chiarito che alcuni membri della famiglia Ciarelli avrebbero occupato arbitrariamente un immobile di proprietà di un avvocato civilista di Latina, senza più versare nel tempo alcun pagamento di affitto, ma trasformando al contrario l’appartamento nella base logistica di una piccola attività di spaccio di cocaina che veniva portata avanti per mantenere i familiari detenuti.
In tutto sono 36 i capi di imputazioni per fatti recenti risalenti all’anno 2021, ma persino per episodi estorsivi riferibili agli anni 2009, 2010 e 2013 che coinvolgono personaggi che all’epoca erano invischiati o appena usciti dai fatti criminali poi emersi con il processo Caronte: la guerra criminale pontina (a fronteggiarsi l’alleanza rom Ciarelli-Di Silvio e il gruppo della malavita latinense facente capo a Massimiliano Moro e Mario Nardone) originata dagli spari contro Carmine Ciarelli e che sfociò negli omicidi di Fabio Buonamano detto “Bistecca” e Massimiliano Moro (oltreché a quello di Paolo Celani).