CHIOSCHI MAFIOSI SUL LUNGOMARE DI LATINA: TUTTI RINVIATI A GIUDIZIO

Alessandro-Zof
Alessandro Zof

Primo chiosco sul lungomare di Latina, si è conclusa l’udienza preliminare per tutti gli indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia

Era fissata per oggi, 10 dicembre novembre, l’udienza preliminare presso il Tribunale di Roma, dinanzi al Gup Maddalena Cipriani, che vede come indagati Alessandro Zof, il padre Maurizio e e il fratello Fabio, più altri, tutti coinvolti nella inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Squadra Mobile di Latina. Al centro delle indagini, le minacce per il predominio dei chioschi sul lungomare di Latina e alcuni episodi di estorsioni e spaccio di droga consumatisi a Latina.

Le difese hanno presentato istanza di giudizio abbreviato condizionato, vedendosi respingere in toto la richiesta. Dopo la discussione delle diverse posizioni, il Gip Cipriani si è ritirata in camera di consiglio e ha rinviato tutti e undici gli indagati a giudizio. Il processo inizierà davanti al I collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, il prossimo 9 aprile 2025. A dover affrontare il processo saranno Alessandro, Maurizio e Fabio Zof, Ahmed Jeguirim, Christian Ziroli, Davide Facca, Alessio Attanasio, Pasquale Scalise, Giovanni Ciaravino, Franco Di Stefano e Corrado Giuliani.

A novembre, i pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, avevano depositato, per dimostrare il metodo mafioso, le carte dell’indagine “Assedio”, in cui è emersa la cosca di Aprilia che ha portato alla caduta dell’amministrazione comunale e alle dimissioni del Sindaco Lanfranco Principi, finito ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. I sostituti procuratori antimafia hanno depositato anche tutta una serie di intercettazioni poiché, secondo il quadro accusatorio ipotizzato, vi fu un problema tra il sodalizio apriliano di Patrizio Forniti e il cosiddetto clan Travali di Latina, in particolare con Alessandro Zof.

Fu, infatti, un contrasto che si creò per il quarto chiosco sul lungomare di Latina, il cui titolare era finito nelle grinfie del clan Travali. I rapporti tra Angelo Travali e Patrizio Forniti erano più che buoni, dal momento che il secondo forniva di droga il primo il quale, fino al 2015, primeggiava col suo sodalizio su Latina. Solo che il clan Travali aveva messo gli occhi sull’attività che si trova sul lungomare, non facendo i conti sul fatto che il titolare sarebbe stato protetto dal clan Forniti.

Uno degli esponenti del clan Travali, Alessandro Zof, si era presentato con il fratello presso il chiosco del protetto di Forniti. Dopo aver ordinato un bicchiere di sambuca, Zof lo aveva buttato a terra e aveva detto al titolare che avrebbe dovuto apparecchiare la tavola perché nel locale sarebbero andati in dieci persone per mangiare gratis. Come noto, gli Zof da sempre si sono considerati i padroni del litorale latinense, avendo avuto per anni la concessione del primo chiosco, il cosiddetto “Topo Beach”.

Dopo l’avvertimento, il titolare del quarto chiosco, impaurito, si recò da uno dei membri del sodalizio di Forniti, Marco Antolini, e chiese protezione rispetto alle minacce di Zof, personaggio poi arrestato nell’operazione Reset e tuttora imputato nel processo omonimo (per cui ha ricevuto un aggravamento della misura ed è tornato in carcere): a lui così come a Travali viene contestata l’associazione mafiosa. Invece, per quell’ambasciata violenta, la DDA chiede per Zof e il fratello ha ottenuto il rinvio a giudizio: contestato il reato di minacce aggravate dal metodo mafioso.

L’organizzazione di Forniti rassicurò il titolare del locale, il quale doveva riferire a Zof che “si sono mosse delle persone di Aprilia che il chiosco il primo glielo mandano a Ponza“. Alla fine, a portare il messaggio a Zof, fu il pregiudicato Roberto Iosca, indicato da De Luca e Luigi Morra (il numero tre del clan Forniti, uno degli amici della “Primula”, il locale adibito a base operativa ad Aprilia) i quali avrebbero voluto sparare contro il predetto Zof. Alla fine, la storia si concluse con una mediazione, sebbene lo stesso Alessandro Zof fosse stato denunciato dal padre del titolare che, a differenza del figlio, aveva scelto di rivolgersi alla autorità competenti.

Prima, però, che tutto fosse calmierato, lo stesso Luigi Morra propose al clan di prendersi il primo chiosco come per dare una prova di quanto fossero forti, per vedere “tutti questi topi da dove escono”. E ancora: “Questi sono dieci, noi siamo cento”.

Tornando al procedimento sui chioschi, a giugno scorso furono in tutto dodici gli avvisi di conclusione indagine per il procedimento penale che lo scorso 30 gennaio si è concretizzato in otto misure cautelari nei confronti di altrettante persone per i reati di turbata libertà degli incanti ed estorsione aggravati dal metodo mafioso, diversi episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nonché per trasferimento fraudolento di valori. Uno dei destinatari dell’avviso conclusione indagini era l’imprenditore di Latina, Alfonso Attanasio, il 40enne arrestato per furto di energia elettrica operato dai suoi supermercati a Latina e Roma. Attanasio, però, è uscito dal procedimento in quanto la sua posizione è stata archiviata.

Al centro dell’indagine sui chioschi, portata a termine dalla Squadra Mobile di Latina, il primo chiosco sul lungomare di Latina, lato Rio Martino, denominato ex Topo Beach; indagando gli investigatori hanno fatto emergere anche alcuni episodi di spaccio ed estorsione slegati dagli interessi della famiglia Zof sul litorale del capoluogo.

Ad essere raggiunti dall’avviso di garanzia anche gli unici a finire in carcere (per gli altri misure di domiciliari) lo scorso 30 gennaio: il 31enne Ahmed Jegurim e il 30enne Christian Ziroli che, però, non hanno nulla a che vedere con le trame che si sono svolte dietro l’assegnazione del primo chiosco sul lungomare di Latina: vale a dire il noto “Topo Beach” che, nel 2016, con l’avvento dell’amministrazione Coletta, fu rimesso a gara, dopo decenni. Per i due trentenni accuse di spaccio ed estorsione nell’ambito del mercato della droga.

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Ai tre Zof sono contestati reati aggravati dal metodo mafioso, in ragione del legame che soprattutto Alessandro Zof, secondo la DDA, ha con il clan Travali/Di Silvio, per cui, peraltro, è a processo con l’accusa di associazione mafiosa derivante dall’operazione “Reset”.

Il collegio difensivo per l’udienza preliminare sui chioschi è composto dagli avvocati Giancarlo Vitelli, Alessia Vita, Sandro Marcheselli, Stefano Iucci, Giovanni Codastefano, Luca Amedeo Melegari, Francesco Vasaturo, Marco Lucentini e Moreno Gullì.

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