Operazione anti-droga dei Carabinieri ad Aprilia: 10 gli indagati, due le persone colpite da misura. L’indagine nata dai due omicidi correlati di Erik D’Arienzo e Fabrizio Moretto
L’indagine dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, nasce dal doppio omicidio di Erik D’Arienzo, figlio del noto Ermanno D’Arienzo detto “Topolino”, e di Fabrizio Moretto, per la cui uccisione, come noto, è stato arrestato il medesimo “Topolino”. L’omicidio di Moretto avvenuto il 21 dicembre 2020, in Via della Tartaruga a Sabaudia, tra Bella Farnia e Borgo San Donato, infatti, sarebbe stata la diretta conseguenza del pestaggio mortale subito dal figlio 28enne Erik D’Arienzo picchiato brutalmente a morte la notte tra il 29 e il 30 agosto 2020 nei pressi della SS Pontina, all’altezza di Borgo San Donato (morì cinque giorni dopo all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina). Erik, secondo una versione mai del tutto ufficiale, fu aggredito e ucciso per una questione di debiti di droga.
Fabrizio Moretto, pur avendo negato in vita di non aver ucciso Erik D’Arienzo, fu freddato vicino casa sua. Secondo i Carabinieri a compiere il delitto è stato Ermanno D’Arienzo, personaggio di peso nel crimine pontino per i suoi trascorsi nella banda degli uomini d’oro. Un omicidio sempre negato da D’Arienzo senior che a settembre scorso è stato scarcerato per errori e incongruenze derivanti dall’esame stub (la verifica che serve per capire se un soggetto abbia sparato o meno) a cui fu sottoposto dopo l’ammazzamento di Moretto.
Leggi anche:
OMICIDIO MORETTO: SCARCERATO ERMANNO “TOPOLINO” D’ARIENZO
Indagando sui due omicidi, in particolare su quello di Moretto, i militari del Nucleo Investigativo pontino hanno ricavato già ulteriori due inchieste: la prima è quella denominata “Pubblicani” che ha consentito di arrestare e poi condannare personaggi del calibro di Roberto Ciarelli e Giuseppe Pes; la seconda, denominata “Aquila, ha visto coinvolta una casalinga di 57 anni ritenuta responsabile del reato di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Nel corso delle indagini per l’omicidio di Erik D’Arienzo, infatti, è emerso come un pregiudicato del luogo, indagato per il citato omicidio e per traffico di stupefacente, fosse entrato in possesso di un video a contenuto sessuale, tramite la casalinga, ritraente una donna, successivamente identificata, dallo stesso contattata telefonicamente in più occasioni e minacciata della sua diffusione al fine di costringerla ad avere un rapporto sessuale con lui. La donna ricattata era una di quelle che si prostituivano per l’arrestata.
Tornando all’operazione odierna, i Carabinieri di Latina, coadiuvati nella fase esecutiva da militari del Raggruppamento Aeromobili Carabinieri di Pratica di Mare e del Nucleo Cinofili di Santa Maria di Galeria, hanno dato esecuzione all’ordinanza dispositiva di misura cautelare personale emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Mario La Rosa, su richiesta dei sostituti procuratori di Latina, Andrea D’Angeli e Martina Taglione, nei confronti di 2 personaggi ritenuti responsabili del reato di spaccio di sostanze stupefacenti e, solo uno dei due, di detenzione e spendita di valori bollati contraffatti (marche da bollo). I due indagati, Antonio Arena (74 anni), originario di Palermo, e Giuseppe Corvino (73 anni), originario di Casal Di Principe, sono destinatari della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (obblighi di firma).
L’attività di indagine, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, ha fatto emergere di come solo Arena, che risulta imparentato con la madre del defunto D’Arienzo, in quanto ne è cugino, è ritenuto responsabile della contraffazione di marchi da bollo. Ad Arena e Corvino, invece, è contestato il reato di spaccio. Arena, finito coinvolto in passato in una operazione anti-droga, per cui è stato assolto, è anche padre di Giuseppe Areana, l’uomo che insieme a un altro complice uccise Massimo Pisnoli nel 2008, ossia l’allora suocero dell’ex calciatore dell’As Roma, Daniele De Rossi.
Giuseppe Corvino, gestore di un autosalone, non è un nome nuovo alle cronache giudiziarie.
Recentemente è finito anche nei verbali resi alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma da parte del collaboratore di giustizia, ex affiliato al clan Ciarelli, Andre Pradissitto. Il genero di Ferdinando “Furt” Ciarelli, numero due dell’omonimo clan, ne ha parlato anche in riferimento della guerra criminale pontina del 2010 (tra i clan rom e la malavita latinense): “Riguardo a Fabrizio Marchetto (nda: personaggio di Latina che, secondo gli inquirenti, faceva parte della fazione contro i clan rom) né io né mio suocero avevamo all’epoca disponibilità di armi, per cui andammo da Peppe Corvino a casa sua e mio suocero fece la richiesta di trovare più armi disponibili di ogni genere. Dopo un paio di giorni Peppe richiamò mio suocero e a casa sua Corvino mi consegnò quattro pistole, una 38 special argentata, una 7,65 bifilare argentata, una 9 per 21 Glock di colore nero, e una 9 per 19 Glocher, complete di munizionamento. La casa di Peppe Corvino era sulla Nettunense dietro la sua concessionaria. Io portai a casa mia le pistole e poi infatti la polizia me le trovò”.
E il nome di Corvino spunta nei verbali di Pradissitto anche quando il genero di “Furt” parla delle riunioni in cui i clan rom Ciarelli e Di Silvio pianificavano la vendetta contro Massimiliano Moro, ritenuto il mandante dei sette colpi di pistola che colpirono, non uccidendolo, Carmine Ciarelli detto “Porchettone”, il boss del clan Ciarelli. In quelle fasi, qualcuno, in particolare “Furt”, ipotizzò che a sparare contro “Porchettone” fosse stato un uomo inviato dai Casalesi con cui c’erano stati contrasti proprio per Corvino. Fu “Furt” Ciarelli a intervenire in difesa di Corvino, vessato dai Casalesi trapiantati tra Cisterna e Nettuno – tra cui la figlia del pentito Carmine Schiavone e il marito di questa, Pasquale Noviello.
“Ognuno disse la sua ma le due opinioni di maggiore peso erano quelle di mio suocero, Furte e del nipote Macù – dichiara a verbale Pradissitto – Mio suocero era dell’opinione che l’attacco arrivasse dall’esterno ad opera di una cellula dei casalesi che si era stanziata a Nettuno, facente capo a Pasquale Noviello, marito di Maria Rosaria Schiavone figlia di Carmine; questa famiglia faceva estorsioni sul territorio di Nettuno e dintorni e poi è andata a toccare un uomo di mio suocero, Peppe Corvino di Casal di Principe. Lui era proprietario di una concessionaria ma era sotto usura di mio suocero. I casalesi cui ho fatto riferimento avevano incendiato varie macchine di Peppe Corvino e lui aveva chiesto a mio suocero di intervenire. Mio suocero disse a Peppe Corvino di organizzare un incontro tra lui e Pasquale Noviello che se non ricordo male era latitante all’epoca. Mio suocero ribadì a Noviello che la concessionaria era di sua proprietà e che potevano fare ciò che volevano sul territorio ma non dovevano toccare i suoi interessi. Quindi Noviello reagì male dicendo che lui sarebbe andato avanti fino ad estendersi a Latina e tutto l’agro pontino“.
Leggi anche:
DROGA E VALORI DI BOLLO CONTRAFFATTI: L’OPERAZIONE DEI CARABINIERI NATA DA DUE OMICIDI
Ad ogni modo, l’attività di indagine che ha portato alle misure cautelari eseguite oggi, 10 novembre, è stata articolata in servizi di osservazione, affiancata da attività tecnica di intercettazione e da riscontri mirati, e ha consentito di disvelare che, nel corso del 2021, in più occasioni, Arena, Corvino e altri indagati illecitamente detenevano e cedevano al dettaglio sostanza stupefacente come cocaina e hashish ad una pluralità di acquirenti ed assuntori.
Procura e Carabinieri avevano chiesto per tutti e dieci gli indagati la misura degli arresti in carcere, ma il Gip La Rosa, considerando il tempo trascorso dalla richiesta, non ha ritenuto che sussistessero gli estremi per applicare la detenzione. Il fascicolo, infatti, era assegnato al giudice per le indagini preliminari, Giorgia Castriota, la quale, come noto, ad aprile 2023, è stata arrestata per corruzione da Procura e Guardia di Finanza di Perugia. L’arresto, chiaramente, come per altre indagini, ha prodotto un considerevole ritardo anche per questa indagine.
Un’indagine, quella odierna, che vede coinvolte ben 10 persone (di cui uno, considerato l’autista di Arena, è deceduto), compresi Corvino e Arena. Tra di loro anche Cristina Giudici, coinvolta nell’indagine “Pubblicani” e condannata per essa a oltre 3 anni per spaccio. Gli altri indagati, tra cui il compagno di Giudici, sono residenti tra Priverno, Aprilia, Anzio e Pomezia. Nel corso dell’indagini, i militari dell’Arma hanno trovato a casa di Arena indagati circa 5-6 grammi di cocaina (e successivamente, a luglio 2021, 2 grammi di hashish), non un carico di narcotrafficanti ma che comunque confermerebbe l’attività di spaccio messo in piedi dagli indagati tra Campo di Carne e Campoverde. Tra i capi d’imputazione anche quello di favoreggiamento in capo ad alcuni dei dieci indagati accusati di aver tentato di eludere le indagini dei militari dell’Arma.
In seguito all’omicidio Moretto, ad essere intercettato fu anche Alessandro Arena, proprio perché imparentato con i D’Arienzo. Seguendo Arena, i Carabinieri sono arrivati a far emergere un giro di spaccio che coinvolgeva anche il figlio di Alessandro Arena e altri personaggi.
In una delle intercettazioni captate dai Carabinieri, Arena dice al suo autista di aver “fatto una sola” agli zingari: “Gli ho fatto una sola, 50 grammi di cocaina”. E quando una donna gli dice di interrompere l’attività, l’uomo risponde: “Questa è la mia vita non c’è niente da fare”.
Per quanto riguarda le marche da bollo, è proprio Alessandro Arena a spiegare, in un intercettazione, che se sono fatte bene “le danno ai Tribunali, alla Prefettura, il Comune l’hanno riempito qua a Roma”.
La figura di Giuseppe Corvino, invece, è ritenuta dai Carabinieri essere quella del fornitore della droga di Arena. Ci sarebbe perfino un libro “di Peppino” dove veniva riportata la contabilità della droga fornita da Corvino stesso ad Arena. E Corvino, secondo i Carabinieri, si prodigherebbe anche in attività di spaccio. I passaggi di droga tra Corvino e Arena sarebbero avvenuti anche presso il parcheggio della concessionaria gestita dal primo.