L’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia nel sud pontino descrive un sodalizio che da Napoli, in contiguità con i clan Licciardi e Sacco-Bocchetti-Mallo, arriva a conquistare una nuova piazza di spaccio: il lungomare di Scauri e oltre
L’associazione camorristica ipotizzata dalla Procura capitolina si incentra sulla figura di due fratelli, Domenico e Raffaele Scotto, legati prima al gruppo della Masseria Cardone, regno incontrastato del Clan Licciardi, in seguito connessi al clan Sacco-Bocchetti.
Gli Scotto costituiscono così un’associazione piramidale con soggetti che trasportano, altri che custodiscono stoccando la droga e altri ancora, i pusher, che spacciano tra Scauri, Formia, Gaeta e altre città. Ma, prima di invadere il mercato della droga e fare loro domanda e offerta, trovano la vecchia guardia: personaggi che gravitano nella zona e ne controllano lo spaccio, tutti più o meno con precedenti e finiti nella cronaca nera o giudiziaria. Non fanno una piega, gli Scotto: ingaggiano gli autoctoni, facendo loro capire chi comanda, e mettono a tacere con intimidazioni, aggressioni e la deflagrazione di una bomba (solo grazie all’intervento dei Carabinieri, si è sventato un altro attentato dinamitardo, con il recupero di una ordigno in un canale di scolo: in questo caso l’attentato era riservato ai fratelli De Rosa di Minturno da parte del gruppo Scotto prima che i primi si affiliassero) coloro i quali persistono a fare di testa loro. Una vera e propria colonizzazione del sud pontino, con base sul lungomare di Scauri. I particolari sono documentati dai Carabinieri tramite intercettazioni telefoniche, ambientali, pedinamenti, sequestri di droga e armi, la collaborazione di tre pentiti e 13 arresti in flagranza di reato.
IL QUADRO GENERALE…DA BRIVIDI – Il gip di Roma Ezio Dalmizia che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma (dal procuratore Michele Prestipino e dal procuratore aggiunto Ilaria Calò), non poteva essere meno chiaro a descrivere la situazione del sud pontino, controllato da più organizzazioni, ormai trapiantate, che si dimostrano agguerrite. La vicenda degli Scotto è quella di un nuovo sodalizio in grado di scalzare chi c’era prima di loro.
“Il territorio del basso Lazio – scrive Dalmizia – subisce l’influenza campana dal punto di vista criminale e le piazze di spaccio, intese come aree territoriali di smercio della sostanze stupefacente, sono gestite e sottoposte al controllo di clan camorristici“. Tra questi il clan Gallo, il clan Antinozzi-Mendico di Santi Cosma e Damiano, più Castelforte, che nonostante le condanne continua, secondo gli investigatori, i suoi affari, e il clan Sacco/Bocchetti/Mallo, legato agli Scotto.
Nelle more di un’indagine durata cinque anni, vengono delineati anche i momenti di difficoltà degli Scotto, messi in crisi dalla presenza dei gruppi campani che si sono radicati nel sud pontino da decenni: come i Gallo, il gruppo Mendico, i Casalesi.
Abbastanza chiara una conversazione che emerge da una delle intercettazioni captata grazie a una cimice impiantata a casa dell’indagato Domenico Scotto, a Minturno.
Stefano Forte (tra i 22 arrestati dell’operazione Touch&Go e considerato il luogotenente degli Scotto sul territorio): “Adesso è venuto il clan Gallo di Torre Annunziata…Torre del Greco. Come ha detto quello, Torre del Greco?“. Ferdinando Scotto: “Ma dai! Viene fin qui?“. Stefano Forte: “È venuto già…Dice che si stanno prendendo…si sono presi un negozio a Scauri. Nientedimeno stiamo da tre anni noi e ancora ci devono dare una boutique. Quelli 15 giorni si sono presi un negozio“.
“Per andare a Torre del Greco devi prima andare a Napoli, poi da Napoli devi andare a Torre del Greco…altrimenti non ti muovi” – dice uno degli indagati. Eppure gli Scotto, nonostante un territorio insidioso e difficile da conquistare, riescono alla fine a primeggiare, organizzando una spedizione a casa di Luigi Pandolfo, esponente del clan Mendico, e poi picchiando con un tirapugni il referente del clan Gallo.
LA CONQUISTA DI SCAURI – Dapprima i fratelli si recano a Scauri solo per recuperare i proventi della droga spacciata per conto loro dagli affiliati (sono molto attenti a non viaggiare mai con sostanza stupefacente), poi nell’ultimo periodo decidono di stanziarvisi anche d’inverno esportando tipiche furbizie del mestiere come, ad esempio, le tute da sub che alcuni del sodalizio avrebbero voluto utilizzare per evitare di essere scoperti dopo eventuali spari (il materiale delle tute impedisce agli strumenti investigativi, come il guanto di paraffina, di verificare se qualcuno abbia sparato o meno).
In un tempo relativamente breve (l’indagine dei Carabinieri è iniziata nel 2015), gli Scotto conquistano la piazza di spaccio e si occupano del reperimento della droga (cocaina, hashish, marijuana), approvvigionandosi in Spagna o direttamente a Secondigliano, per poi servirsi di corrieri anonimi (addirittura famiglie con bambini) incaricati di trasportarla fino alle latitudini del sud pontino: rinvenuto dai Carabinieri anche lo shaboo, una delle nuove sostanze stupefacenti, il cui primo carico sequestrato avrebbe fruttato circa 50mila euro. Una sorta di assaggio per una sostanza che, di solito, è molto utilizzata al nord Italia ma la cui domanda ha evidentemente iniziato a rivelarsi anche in altre zone.
Gli Scotto, come detto, raggiungono Scauri per immettere sul mercato la droga, prima con la forza e piegando a sé i vecchi sodalizi che imperversano sul lungomare della frazione di Minturno e oltre, poi, una volta sottomessi, affiliando a loro capizona e pusher del luogo. Ecco perché, tra gli arrestati dell’operazione Touch&Go, ci sono sì personaggi dell’area napoletana ma sopratutto uomini, e una donna, residenti o comunque originari di Formia e Minturno.
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LE INDAGINI – Già nel 2016, gli investigatori registrano la penetrazioni di soggetti delinquenziali napoletani intenzionati a conquistare il mercato degli stupefacenti, nell’area balneare di Scauri, ma più complessivamente da Cassino a Cellole/Sessa Aurunca. Tre province, non proprio un irrilevante giro di spaccio.
Un’attività non semplice che i Carabinieri di Formia e Scauri hanno portato avanti nel silenzio, non senza qualche momento di scoramento quando il sentire popolare lamentava la presenza di delinquenti sul territorio pensando che gli inquirenti non agissero.
Due sono stati i filoni d’indagine che poi si sono uniti e hanno trovato il loro culmine negli arresti di oggi (1 luglio), 22 tra cui nomi già noti alle cronache del sud pontino come Clemente, Brancaccio, De Rosa, De Meo ecc. Arrestata anche una giovane di Minturno (nata a Formia), Raffaella Parente, che dimorava a Parma per questioni lavorative. Secondo gli investigatori, Raffaella Parente era al corrente dei traffici illeciti, ma avrebbe partecipato attivamente, collaborando con gli altri indagati, alla pianificazione delle azioni contro i sodalizi rivali. Il 24 gennaio 2016, a guerra tra consorterie in corso per il controllo del territorio, gli investigatori annotano che “la Parente non solo presta soccorso a Amedeo Prete che ha riportato ferite serie (alla testa), tanto da destare preoccupazione, bensì si impegna ad accompagnarlo in un luogo convenuto con Domenico Scotto, insieme al quale si dirigeranno verso Napoli. La donna torna quindi sul luogo dell’aggressione con lo scopo di verificare l’operato dei Carabinieri intervenuti sul posto”
Gli Scotto, ad ogni modo, sono riusciti a sostituirsi ad altri sodalizi criminali con violenze e minacce (nel corso dell’attività di investigazione, i Carabinieri hanno sequestrato una pistola che era, con molta probabilità, pronta per essere impiegata al fine di minaccia o peggio ancora), grazie a una capacità imprenditoriale che permetteva loro di accaparrarsi la droga così da inondare il mercato dello spaccio; pur avendo, gli inquirenti, individuato parecchie aggressioni o minacce, nessuno, però, ha mai denunciato. Omertà assoluta.
Durante uno dei servizi predisposti, tesi a bloccare le rotte dei corrieri, un soggetto individuato come tale, prima di essere controllato dai militari, ha accelerato con l’auto tentando di investire due Carabinieri del Nucleo Operativo di Formia che hanno subito lesioni proprio per evitare di essere travolti. Nell’occasione, il soggetto che provò a investire i miliari, è stato trovato carico di droga pronta per essere smerciata e, oggi, essendo destinatario della misura cautelare, nel momento del suo arresto a Napoli, è stato sorpreso anche con una pistola dalla matricola abrasa.
Gran parte dei soggetti di origine napoletana arrestati sono considerati contigui con organizzazioni criminali dell’area di Secondigliano: in particolare, come detto, al Clan Licciardi, un sodalizio che non è nuovo a palesarsi nel pontino come, ad esempio, nella città di Terracina e non solo: da anni, i Licciardi fanno parte dell’Alleanza di Secondigliano insieme ad altre famiglie di cui si segnala la presenza nel sud pontino (Contini, Mallardo, Lo Russo, Ferone, Stabile, Prestieri, Bosti e Bocchetti). Il loro spessore criminale è dovuto al particolare di essere stati mediatori tra gli scissionisti e il gruppo Di Lauro durante la famigerata faida di Scampia.
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Nel corso delle indagini, sono state ritrovate delle vere e proprie bombe che servivano per intimidire chi si metteva di traverso nell’attività dello spaccio: ordigni utili agli Scotto, almeno secondo quanto riportano i Carabinieri di Formia e Scauri, per assoggettare i sodalizi autoctoni, definitivamente avvinti e in seguito affiliati agli Scotto medesimi.
La capacità criminale dei fratelli legati a Secondigliano è quella di aver prima portato a più miti consigli le “teste calde” della piazza di Scauri e poi fatti propri i ras del territorio. Esemplificativo un episodio citato dagli investigatori: a loro, gli Scotto, è contestato, infatti, l’ingaggio di personaggi del territorio per un’irruzione a mano armata dentro una pizzeria (il cui gestore viene considerato dagli inquirenti facente parte della vecchia guardia che controllava lo spaccio sul lungomare minturnese), quando un commando di 5 persone si introdusse in un noto esercizio di Scauri per un raid punitivo (marzo 2018). Un’azione che gli investigatori ricollegano al desiderio degli Scotto di assoggettare individui che non volevano accettare l’affiliazione: in quel caso, a quanto riportano gli inquirenti, furono Domenico Scotto e i fratelli De Rosa, originari del beneventano ma radicati a Marina di Minturno, a ferire uno dei lavoratori con il calcio della pistola. “Vediamo chi di voi vuole morire stasera, ancora non avete capito che dovete chiudere? Ancora state aperti? Scassate tutto, scassate tutto”, questo erano le minacce a chi non si comportava come avrebbe voluto il gruppo Scotto.
Dopo l’aggressione, silenzio di tomba, di denunce neanche a immaginarle, se non fosse per un pizzino passato da una vittima a un Carabiniere con su scritti tre dei nomi degli aggressori, ma con la preghiera di non essere convocato o interpellato. La paura era tanta sopratutto per il fatto che i De Rosa sono una famiglia conosciuta e temuta, a cominciare dal padre dei due, Carlo De Rosa, coinvolto in un’operazione anti-droga risalente al 2012.
Tanti i particolari che hanno fatto capire agli investigatori di avere a che fare con un vero e proprio clan: ad esempio la droga chiamata con nomi in codice come “bottiglie”, “magliette”, “finestre”, “vetro”; oppure l’assistenza ai consociati che finivano in carcere; i pestaggi dei cattivi pagatori della droga. Un allaccio camorristico di cui si evidenziano persino i comportamenti ormai entrati nella sintassi camorristica: il giorno della prima comunione di una bambina fatta scendere da un elicottero per cui uno dei due Scotto spende circa 100mila euro. Ogni invitato, affiliato al sodalizio, aveva una macchina di grossa cilindrata affittata per l’occasione.
In merito all’operazione antidroga, sono intervenuti sia il Sindaco di Formia Paola Villa che il Sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli.
“Ringraziamo le forze dell’ordine – ha detto Villa – che da diverse ore stanno agendo senza sosta su tutto il territorio ed in particolar modo sul sud pontino, contro propaggini e affiliati ai clan della criminalità organizzata.
Il lavoro duro e la perseveranza hanno portato in queste ore dei bei risultati. Prima da cittadina e poi da amministratore, ringrazio per tutto il lavoro che si sta facendo e che si deve continuare a fare, perché la criminalità organizzata impoverisce e non rende libero un territorio e la sua comunità.
“Esprimo il più vivo apprezzamento per la brillante operazione compiuta questa mattina a Scauri – si legge in una nota diffusa da Stefanelli – e ringrazio i Carabinieri per l’impegno profuso nel contrastare il diffuso fenomeno dello spaccio di stupefacenti nel Sud Pontino. All’Arma e alle altre Forze dell’Ordine intendo manifestare la mia gratitudine come amministratore e come genitore, perché confido in una comunità ricca di valori per i nostri ragazzi, priva di insidie e di “dipendenze”, e credo nel gioco di squadra di uomini e donne in uniforme, impegnati quotidianamente nel rispetto della legalità e delle regole. Le nostre realtà hanno bisogno di prevenzione e di protezione per scoraggiare lo smercio di droghe tra i giovani“.
Rilasciano una dichiarazione sull’operazione odierna anche gli attivisti del meetup Formia 5 Stelle: “L’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che questa mattina ha visto centinaia di carabinieri e finanzieri intervenire in tutto il sud pontino per arrestare ventidue persone tra cittadini del golfo e cittadini campani saldati in unico sodalizio criminale dedito allo spaccio, oltre a essere l’ennesima conferma della pesante penetrazione criminale sul nostro territorio, rappresenta l’ulteriore prova di come la criminalità organizzata sia capace nel Golfo di trovare accordi per radicarsi e prosperare. Ai militari intervenuti oggi e che negli ultimi quattro anni hanno seguito questa difficile indagine dedicandosi con tutto se stessi, va il nostro plauso con l’auspicio che si continui così e ora si punti a colpire tutti quegli investimenti che con il provento dello spaccio sono stati sicuramente riciclati nell’economia locale a danno di tutta la comunità delle persone oneste che oggi hanno un motivo per sorridere“.
Ultimo ma non ultimo, con una nota, il Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio Gianpiero Cioffredi: “Grazie al Comando Provinciale di Latina, alla Compagnia di Formia dell’Arma dei Carabinieri di Formia e alla Direzione Distrettuale Antimafia per la grande operazione che ha disarticolato un agguerrito sodalizio criminale ritenuto responsabile di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso. Nell’operazione “Touch &Go” di questa mattina viene evidenziata la volontà dei clan camorristi di conquistare l’egemonia delle piazze di spaccio del basso Lazio con violenta spregiudicatezza. La contiguità del sodalizio criminale con i clan di Secondigliano conferma che il sud pontino è zona di robusto insediamento della camorra che dagli anni settanta ha eletto questo territorio per i propri affari illeciti. Nell’esprimere gratitudine agli investigatori ci preme sottolineare la necessità di rafforzare gli anticorpi per contrastare la criminalità organizzata, attraverso il protagonismo di cittadini, forze sociali e Istituzioni locali“.