ZÌ MARCELLO FINISCE IN SORVEGLIANZA SPECIALE

Antonio Fusco detto Zì Marcello
Antonio Fusco detto Zì Marcello

I Carabinieri notificano un decreto di applicazione della misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza ad un sessantaduenne

Nella serata di ieri, 9 ottobre, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, hanno notificato un decreto di applicazione della misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza, emesso dalla Sezione III Penale, Sezione specializzata – Misure di Prevenzione del Tribunale Civile e Penale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Latina, a un 62 enne pontino, ritenuto pericoloso, in quanto ritenuta persona che vive abitualmente con i proventi di attività delittuosa e dedito alla commissione di reati che pongono in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica. Si tratta del noto Antonio Fusco, di Latina, detto “Zì Marcello”, tuttora ai domiciliari e imputato nel processo antimafia denominato “Assedio” che vede alla sbarra i sodali del gruppo di Patrizio Forniti, il narcos latitante dal luglio 2024.

Il-comandante-del-nucleo-investigativo-dei-carabinieri-di-Latina-Antonio-De-Lise
Il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Latina, Antonio De Lise

L’attività di indagine, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo sotto la direzione della Procura pontina, ha consentito di dimostrare come l’uomo, sin da quando era appena maggiorenne, quasi senza soluzione di continuità, abbia dimostrato la propria propensione ad attività delittuosa, per reati in materia tributaria, di usura e di fittizia intestazione di beni aggravata dall’agevolazione mafiosa.

Il provvedimento obbligherà l’uomo, per i prossimi 2 anni, a fissare la propria dimora e di comunicarla all’Autorità di Polizia, a non uscire dalla propria abitazione nell’arco orario compreso dalle 21.00 alle 07.00, a darsi immediatamente alla ricerca di un lavoro ed a non associarsi a persone che hanno subìto condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione. 

Lo scorso luglio, il Tribunale del Riesame di Roma aveva accolto l’istanza proposta dagli avvocati Francesco Vasaturo e Pasquale Cardillo Cupo e aveva scarcerato l’uomo concedendogli la misura meno afflittiva dei domiciliari. L’uomo, 62 anni, infatti, era stato tradotto in carcere a Lanciano il 29 aprile scorso in seguito a ordinanza di aggravamento del giudice per le indagini del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, che aveva accolto la richiesta del pubblico ministero, Luigia Spinelli, oggi Procuratore capo facente funzioni a Latina, la quale aveva chiesto l’aggravamento della misura degli arresti domiciliari (derivante dall’inchiesta “Assedio) a cui era sottoposto per aver sorpreso Fusco fuori dalla proprio abitazione nel mentre si trovava in un negozio di abbigliamento di Latina.

Fusco era stato arrestato a febbraio scorso nell’ambito della imponente inchiesta “Assedio” che ha portato, a luglio 2023, all’arresto del sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, e, a primavera, allo scioglimento per mafia del Comune di Aprilia.

Antonio Fusco detto “Zì Marcello”, 62enne pontino, è accusato nel processo Assedio di usura aggravata dal metodo mafioso in concorso con un pezzo da novanta del clan Forniti di Aprilia: l’imprenditore Marco Antolini. Il capo d’imputazione è chiaro: i due avrebbero prestato soldi a strozzo a un commerciante di autoveicoli di Aprilia: 180mila euro. Dopodiché avrebbero preteso somme variabili tra i 13mila e i 15mila euro mensili a titolo di interesse usurario.

Inoltre, Fusco, insieme a Marco Antolinini, imprenditore arrestato anche lui nell’operazione “Assedio”, è accusato di aver assunto di fatto la titolarità delle quote della società che gestisce il noto ristorante “Giovannino”, che si trova a Foce Verde sul lungomare di Latina. I due, già nel 2019, avrebbero lasciato solo fittiziamente la proprietà alle due donne che gestivano il ristorante, investendo 200mila euro anche attraverso la società apriliana Plastic srls.

Fusco è l’unico personaggio ad essere stato assolto dall’accusa di favoreggiamento al clan Di Silvio (quello capeggiato dal boss Armando Di Silvio detto “Lallà”) nell’imponente processo scaturito dall’indagine di DDA capitolina e Squadra Mobile di Latina denominata “Alba Pontina”. Imprenditore, con affari anche in Africa, tanti soldi, da tempo attenzionato da forze dell’ordine e dalla magistratura, Antonio Fusco non ha sul groppone nessuna condanna. Fusco era accusato di favoreggiamento in merito alla cosiddetta estorsione madre, lo snodo principale dell’attività investigativa di Squadra Mobile di Latina e DDA di Roma che diede il via all’inchiesta “Alba Pontina”.

Nel 2021, Fusco fu rinviato a giudizio su richiesta dei sostituti della Procura/DDA di Roma Barbara Zuin e Luigia Spinelli. Zi’ Marcello, a luglio 2021, fu condannato per favoreggiamento col rito abbreviato a un anno e quattro mesi. La richiesta della Procura era di due mesi in in più: un anno e sei mesi. Una pena, quella comminatagli dal Giudice per l’udienza preliminare, che non prevedeva la sospensione condizionale della pena in ragione dei rapporti con personaggi criminali, su tutti Sergio Gangemi, legato alle cosche reggine della ‘ndrangheta di Serie A in Calabria.

Fusco è uno dei personaggi più misteriosi apparsi nell’inchiesta Alba Pontina da cui è scaturito l’omonimo processo per associazione mafiosa al Clan Di Silvio e dal quale sono discesi altri procedimenti penali nonché indagini come, ad esempio, il processo all’ex consigliera regionale Gina Cetrone o l’imponente indagine, ora processo, denominata “Dirty Glass”.

Zi’ Marcello, nel corso del processo di primo grado “Alba Pontina”, è stato anche audito presso la Corte d’Assise del Tribunale di Latina, chiamato a riferire dell’estorsione ai danni dell’ex ristoratore di Sermoneta (ex dipendente del Latina Calcio di Pasquale Maietta) da cui conseguirono gli arresti di Renato Pugliese, Agostino Riccardo, Ferdinando “Pupetto” Di Silvio e il fratello Samuele (entrambi, quest’ultimi, figli del boss di Campo Boario Armando detto “Lallà”).

Da quell’estorsione, in seguito agli arresti, venne la scelta di collaborare con lo Stato da parte, prima (dicembre 2016), del figlio Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Renato Pugliese, in seconda battuta, a luglio 2018, di Agostino Riccardo.

Il 61enne, come detto, era accusato di favoreggiamento al Clan Di Silvio poiché proprio nell’occasione dell’estorsione al ristoratore fu interpellato da quest’ultimo, tramite – secondo quanto raccontato da lui stesso in un’udienza del processo Alba Pontina – Massimo Severoni, altro personaggio ancora di più misterioso sospettato di essere un appartenente ai servizi segreti o comunque in rapporti con alcune forze dello Stato “infedeli”. Severoni, ex presidente del Microcredito Italiano Spa, condannato dalla Corte dei Conti del Lazio a restituire la cifra di quasi 500mila euro alla Regione Lazio, si scoprirà poi essere coinvolto, insieme ad altri imputati tra cui anche un imprenditrice di Cisterna, in un processo che contesta peculato e riciclaggio. E con pied-à-terre a Dubai.

Tornando all’estorsione, Fusco si prodigò per il ristoratore tentando di mediare con i Di Silvio, ma soprattutto, secondo l’accusa, di evitare che questi fossero arrestati dalla Squadra Mobile di Latina “soffiando” la circostanza che gli agenti di Polizia erano pronti ad arrestare Riccardo, Pugliese e i due figli di Lallà. Peraltro, secondo un commissario della Squadra Mobile di Latina, ascoltato durante il dibattimento in Corte d’Assise per Alba Pontina, Fusco non sarebbe nuovo alle “soffiate” finalizzate a inquinare indagini e azioni di polizia: l’uomo, infatti, avrebbe avvertito anni addietro (dopo il 2005 quando era tornato dal Venezuela) Massimiliano Moro, il boss ucciso dal Clan Ciarelli, di un suo arresto.

Uno degli elementi più inquietanti della vicenda che lo ha coinvolto è che Zi’ Marcello avrebbe avvertito Agostino Riccardo dell’imminente arresto telefonando a un cellulare intestato a Gianluca Di Silvio detto “Bruno” (altro figlio di Lallà, già condannato in due gradi di giudizio come i fratelli per reati con l’aggravante mafiosa nel processo romano di Alba Pontina), chiamando dalla cosiddetta “Argentina”. Un nome che non direbbe niente se non fosse che, nel loro gergo, avrebbe rimandato al centralino ubicato presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Latina. Una circostanza smentita da Fusco nel corso della conferenza stampa che ha voluto concedere a febbraio scorso quando era così sicuro di sé avendo guadagnato un’assoluzione in Appello, difeso dagli avvocato Luca Giudetti e Stefano Iucci.

Articolo precedente

FORA LE GOMME DELL’AUTO DELLA EX E VIOLA IL DIVIETO: ARRESTATO 32ENNE A TERRACINA

Articolo successivo

ASSUNZIONI FACILI: ECCO CHI SONO GLI INDAGATI INSIEME A TIERO

Ultime da Cronaca