Processo Scarface, richiesta la condanna per Romolo Di Silvio, il boss del clan del Gionchetto giudicato col rito abbreviato
Rimane solo lui, Giuseppe Di Silvio detto “Romolo”, difeso dall’avvocato Melegari, davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Roberto Saulino, a dover attendere la sentenza. Come la maggior parte dei suoi famigliari e affiliati al sodalizio di derivazione rom, di stanza nel quartiere Gionchetto di Latina, “Romolo” ha scelto il rito abbreviato. La sua posizione, infatti, fu stralciata, a giugno 2022, dal processo che si tiene presso il Tribunale di Latina e che vede alla sbarra le seconde leve del clan giudicate col rito ordinario.
A fine gennaio scorso, invece, è arrivata la sentenza per tutti coloro che coinvolti nel procedimento denominato “Scarface” hanno optato, come Romolo Di Silvio, per il rito abbreviato. La pronuncia è stata emessa dal Giudice del Tribunale di Roma Angelo Giannetti dopo che, a settembre 2022, il Pm della Procura/Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli, aveva chiesto le condanne (oltre 150 anni).
Come noto, l’operazione anticrimine risalente all’ottobre 2021, coordinata dal Procuratore aggiunto della DDA romana Ilaria Calò e portata a compimento dalla Squadra Mobile di Latina, fece eseguire 33 misure cautelari, nei confronti di soggetti, a vario titolo gravemente indiziati di aver commesso reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di agevolazione mafiosa.
Le condanne emesse dal Gup Giannetti sono state nette: Carmine Di Silvio, 20 anni di reclusione; Costantino Di Silvio (detto Costanzo), 14 anni e 8 mesi oltre a 14.000 euro di multa; Costantino Di Silvio, detto “Cazzariello”, 7 anni e 4 mesi; Antonio Di Silvio detto “Patatino” (figlio del “capo”, Romolo Di Silvio) 19 anni; il fratello di quest’ultimo, Ferdinando Di Silvio detto “Prosciutto”, 19 anni, 9 mesi e 10 giorni.
E ancora: Fabio Di Stefano 19 anni, 1 mese e 10 giorni; Daniel Alessandrini 3 anni e 8 mesi; Mirko Altobelli 2 anni e 8 mesi; Michele Petillo 4 anni, 5 mesi e 10 giorni; Alessandro Di Stefano 6 anni e 8 mesi; Manuel Agresti 6 anni; Marco Ciarelli 4 anni e 8 mesi; Simone Di Marcantonio 4 anni; Salvatore Di Stefano e Franco Di Stefano 3 anni e 8 mesi; Simone Ortenzi 6 anni e 8 mesi; Alessandro Zof 6 anni; Anna Di Silvio 6 anni e Riccardo Mingozzi 4 anni.
Diverse le parti offese che si sono costituite parti civili tra cui il Comune di Latina, l’Associazione antimafia Antonino Caponnetto e l’ex affiliato al clan Di Silvo e ora collaboratore di giustizia Emilio Pietrobono. All’associazione Caponnetto è stata riconosciuta una provvisionale da 20mila euro così come al Comune di Latina il cui risarcimento è stato stabilito nella cifra di 25mila euro. Una provvisionale di 25mila euro è stata riconosciuta anche all’Assovittime, mentre di 10mila euro è stato il risarcimento per Emilio Pietrobono, ex affiliato al clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia.
Condanne, seppur in primo grado, che fanno storia: il sodalizio dei Di Silvio capeggiato da “Romolo”, al pari del gruppo gemello guidato da Armando “Lallà” Di Silvio, viene considerato un clan mafioso.
Così, anche oggi, 5 aprile, al termine della requisitoria formulata dal Pm Luigia Spinelli, la condanna richiesta dal magistrato pone un altro tassello verso la condanna del clan di Romolo. Per il boss, che sta già scontando in carcere la condanna per omicidio di Fabio “Bistecca” Buonamano, avvenuto nell’ambito della guerra criminale pontina, anno 2010, sono state chiesti 20 anni di reclusione.
Il prossimo 30 maggio, l’avvocato di Di Silvio farà la sua arringa, dopodiché il Gup Saulino dovrebbe emettere la sentenza. Oggi, dopo la ricostruzione delle vicende criminose che hanno coinvolto “Romolo” Di Silvio da parte del Pm Spinelli, sono intervenute anche le parti civili: l’associazione Caponnetto rappresentata dall’avvocato Benedetta Manasseri e il Comune di Latina difeso dall’avvocato dell’ente di Piazza del Popolo, Anna Caterina Egeo. Da ultimo, anche la parte civile dell’Assocrimine.
Tutti hanno evidenziato la caratura criminale del capo famiglia tra episodi di spaccio di droga, estorsioni e intimidazioni, tutti con l’aggravante del 416 bis.