La violenta aggressione di tre affiliati del clan Cuomo ai danni di alcuni agenti di Polizia del Commissariato di Formia, anticipata da Latina Tu ieri pomeriggio, ha rappresentato un altro affronto al vivere civile da parte della camorra – a poche settimane dal tracotante sfregio alla Questura, alla Prefettura di Latina, e al Ministero degli Interni, operato dalla produzione cinematografica di Angelo Bardellino.
In un momento storico dove addirittura si torna a sparare in pieno centro a Milano o si ammazza un carabiniere a Foggia, il ferimento degli agenti a Formia è grave di per sé e ha offuscato, giustamente per gerarchia di cronaca, i piccoli episodi di quotidianità criminale che avvengono non nel sud pontino, bastione acquisito di numerosi clan di camorra, ma a Latina, quel capoluogo di una provincia che, pur contenendo amministrativamente il Golfo di Gaeta, presenta problemi di diversa natura (pur sempre connessi). Oggi, possiamo dire, che Latina è una città dove, anche da apparentemente marginali ma esiziali accadimenti, alcuni corsi criminali non mutano e, anzi, si consolidano attorno al patto sporco tra il più forte e il più debole. E a non mancare, come per l’episodio accaduto al Parcheggio Multipiano di Formia, è la violenza. Orribile, rossa come il sangue di una faccia tumefatta, ma sopratutto chiassosa. Come, da sempre, vogliono i clan di Latina città. A latere dell’evento debordante, che fa rumore e parlare di sé, ci sono gli affari che scorrono, sotterranei o meno, ma che non devono fermarsi mai, sopratutto in ragione del fatto che a Latina si è formata e si sta incarnendo sempre più una delle piazze di spiaccio più grosse del Lazio: la zona Nicolosi/Autolinee. Da lì, da questo conglomerato di case popolari della fondazione che si fonde per osmosi alla desiderata e mai raggiunta modernità (le autolinee nuove avrebbero dovuto costituire un centro direzionale di mobilità all’avanguardia rimasto solo nei sogni), è passata anche la giovane vita di Desirèe Mariottini, poi defunta in un covo di disperazione e morte a San Lorenzo, altro quartiere popolare di Roma. Tanto per rimanere alla cronaca che è andata in televisione, e non è rimasta nella catacomba di un mattinale locale.
A tal proposito, ieri, i carabinieri della sezione radiomobile, nel corso di un servizio di controllo del territorio, hanno tratto in arresto nella flagranza del reato di “detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti” un 19enne di origini egiziane ma residente a Latina.
Il giovane si trovava in una delle zone, per l’appunto, più ambite dal punto di vista dello spaccio di Latina: le autolinee che, come noto, sono solitamente frequentate da pusher e consumatori di sostanze stupefacenti. Alla vista della pattuglia dei militari, il 19enne ha gettato in terra un involucro poi risultato contenere 11 stecchette di sostanza stupefacente tipo hashish del peso complessivo di 17 grammi. In seguito alla perquisizione personale, i Carabinieri hanno scovato ulteriori 4 stecchette della medesima sostanza, per un peso complessivo di 6,4 grammi. Tutto il “fumo” rinvenuto è stato sottoposto a sequestro mentre l’arrestato è stato associato alla locale casa circondariale di Via Aspromonte.
Continua così, con questo ennesimo episodio, la “saga” dei piccoli spacciatori sfruttati dal mercato della droga. Non è un caso che sia ancora un egiziano ad essere coinvolto. E qui il razzismo non c’entra niente. Sono infatti i giovani nordafricani ad essere spesso utilizzati dalle consorterie nostrane per lo smercio della droga al dettaglio, come dimostra l’inchiesta Alba Pontina: il clan Di Silvio di Campo Boario obbligò lo spaccio nordafricano dell’area Nicolosi/Autolinee ad acquistare gli stupefacenti da loro (vedi approfondimento). E non è solo il clan sinti a usufruire del lavoro da strada dei giovani immigrati.