VOTO DI SCAMBIO MAFIOSO, RICCARDO: “PAGAVO GLI ELETTORI CON I SOLDI DI DEL PRETE”. DIFESA: “IL PENTITO GIÀ SAPEVA DELL’INDAGINE”

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Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

Voto di scambio politico-mafioso: è ripreso il processo che vede alla sbarra Emanuele Forzan e Raffaele Del Prete

Nuova udienza del processo nel quale, sul banco degli imputati, siedono l’imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete e l’ex collaboratore della Lega in Regione Lazio, nonché responsabile elettorale per la lista “Noi con Salvini” alle elezioni comunali di Latina nel 2016, Emanuele Forzan, recentemente assunto di nuovo in Regione dal consigliere regionale Angelo Tripodi

I due imputati, Forzan e Del Prete, oggi presenti in Aula, furono arrestati il 13 luglio 2021 nell’ambito dell’inchiesta che ha portato alla contestazione del voto politico-mafioso riferibile alla campagna elettorale del 2016 a Latina (Comunali). Come noto, l’imprenditore nel ramo dei rifiuti Raffaele Del Prete è accusato di aver dato soldi ad Agostino Riccardo, ex affiliato al Clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia, in cambio di voti, attacchinaggio e visualizzazione dei manifesti elettorali in favore di Matteo Adinolfi (della lista “Noi con Salvini”), attualmente europarlamentare della Lega e, nel 2016, in corsa per diventare consigliere comunale. Carica che, alla fine, raggiunse con 449 voti. La posizione di Adinolfi, però, è stata archiviata definitivamente a ottobre 2022 per decisione della sezione Gip/Gup del Tribunale di Roma, su richiesta della stessa Procura/DDA di Roma.

Per l’accusa, Del Prete avrebbe dato a Riccardo circa 45mila euro. A costituire, secondo inquirenti e investigatori, il ruolo di collettore anche Emanuele Forzan. L’inchiesta fu portata a compimento da Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Squadra Mobile di Latina. Oggi, in aula, a rappresentare l’accusa, dinanzi al Collegio presieduto dal Giudice Francesca Coculo, a latere i giudici Trapuzzano e Paolini, c’erano i Pubblici Ministeri Lugia Spinelli e Francesco Gualtieri. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Parente, Scognamiglio, Marino, Frisetti e Papaevangeliu.

Proprio l’avvocato Scognamiglio, che difende Del Prete, è stato protagonista di un sostenuto esame del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, video collegato dal carcere. Infatti, non sono stati i Pm della Procura/DDA di Roma a iniziare l’esame di Riccardo come da programma, piuttosto il collegio difensivo che ha chiesto alla Presidenza del Collegio di acquisire tutti e cinque i verbali che Riccardo ha rilasciato in riferimento ai fatti riguardanti Del Prete, Forzan e la campagna elettorale del 2016. Verbali che, secondo quanto contestato a più riprese dall’avvocato Scognamiglio al pentito, farebbero emergere diverse versioni su soldi dati a Del Prete, modalità, luoghi e persone coinvolte. Ad ogni modo, i Pubblici Ministeri si sono riservati di contro-interrogare Riccardo a conclusione dell’esame degli avvocati difensori.

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A cominciare è stato, quindi, l’avvocato Scognamiglio che, a fine udienza, poi rinviata a dicembre prossimo, sarà risultato essere anche l’unico legale a fare domande al collaboratore di giustizia per via di un fatto inaspettato.

Andando per ordine, la difesa di Del Prete ha cercato di smontare la credibilità di Riccardo con domande che hanno riguardato i rapporti mai ben spiegati tra Armando “Lallà” Di Silvio e il padre del medesimo Riccardo, la cui figura non è apparsa chiara dalle risposte del figlio. Cosa ci faceva il padre del pentito? E che bisogno c’era di interpellarlo per la compravendita dei voti? Su questo punto, Riccardo non è stato preciso spiegando che aveva menzionato a Del Prete il padre per una sorta di “discorso di approccio”. E che mai il padre aveva conosciuto Armando Di Silvio detto “Lallà”. Una circostanza contestata dal legale, verbali alla mano.

Il collaboratore di giustizia, però, incalzato dalle domande, ha ribadito nettamente di aver ricevuto da Del Prete 45mila euro: soldi che servivano a comprare i voti in Via Helsinky e Campo Boario, ad attaccare i manifesti di Matteo Adinolfi, candidato come consigliere comunale nella lista “Noi con Salvini” alle amministrative latinensi del 2016, e garantire la visualizzazione degli stessi manifesti.

Riccardo ha sostenuto di aver promesso i voti che erano sempre stati destinati a Pasquale Maietta, ex deputato di Fratelli d’Italia. Quei voti sarebbero stati dirottati verso Adinolfi sotto pagamento dell’imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete. “Conosco Raffaele Del Prete da circa 10 anni, sapevo che era imprenditore dell’immondizia e aveva una casa a mare sopra casa dei miei. La nostra amicizia fu approfondita nel 2016. I soldi di Del Prete servivano per pagare I voti, attacchinaggio e visualizzazione dei manifesti. I soldi servivano per pagare gli elettori“.

“Nel 2016 – ha proseguito Riccardo – dopo le elezioni ero al point elettorale di Noi con Salvini e Del Prete mi riaccompagnò a casa dicendomi che era scontento perché aveva vinto Damiano Coletta, pur essendo soddisfatto per l’elezione di Adinolfi”. Adinolfi, infatti, secondo l’accusa, era l’uomo di Del Prete in consiglio comunale a Latina.

Acceso il confronto tra legale e collaboratore sul resto dei contatti tra Del Prete e Agostino Riccardo medesimo. “Una volta – ha detto il collaboratore di giustizia – andai con Forzan allo stabilimento dell’impresa dei rifiuti di Sermoneta Scalo, poi ci andai con Renato Pugliese e una volta da solo”.

Secondo quanto ricostruito da Riccardo, Del Prete gli consegnò i soldi prima del voto del 2016; successivamente, in altre situazioni estranee alle elezioni, l’imprenditore gli avrebbe dato altro denaro. “Mi dava soldi, tipo 500 o 1000 euro a volta. Io giravo per Latina, lo incontravo col suo Porsche e mi dava i soldi. Per quanto riguarda le elezioni, allo stabilimento di Sermoneta scalo, Del Prete mi diede 5000 euro”. Al che l’avvocato Scognamiglio gli ha contestato la discrasia tra ciò che aveva appena detto e ciò che risulta dai verbali. Per Riccardo i soldi furono 45mila euro in più tranche d cui una da 15mila euro, un’altra da 5mila euro, altri 2mila euro in un bar alle porte di Latina e il resto allo stabilimento di Sermoneta Scalo.

Tittavia, per l’avvocato Scognamiglio il quale, più volte, ha messo in dubbio cifre e riferimenti, vi sono da parte del pentito quattro versioni diverse in sei anni di verbali resi dalla DDA: in due casi la somma totale dei soldi dati da Del Prete a Riccardo furono 37mila euro (sebbene in tranche diverse e non combacianti), in un terzo caso 66mila euro, nell’ultimo caso 57mila euro.

“Durante la campagna elettorale – ha detto Riccardo – Del Prete mi diede 45mila euro in più tranche, 2mila al Bar Pontesilli. Lui aveva liquidità da 150-200 mila euro al giorno in un cassetto dell’azienda a Sermoneta Scalo e anche lì mi dava i soldi“.

Altro punto di confronto tra avvocato difensore e Riccardo è stata la circostanza per cui Riccardo si sarebbe recato con il boss del Clan Di Silvio, sponda Campo Boario, Armando detto “Lallà”, allo stabilimento di Del Prete a Sermoneta Scalo. Dapprincipio, rispondendo a domanda del legale, Riccardo ha dichiarato di essersi recato lì con Lallà solo una volta, pur non trovando Del Prete. Poi, su nuova domanda del legale che gli ha contestato una differenza con quanto reso a verbale, Riccardo ha parlato di due occasioni, una delle quali entrò negli uffici della Del Prete srl con Lallà.

Il periodo preso in esame era il maggio 2016 nel quale, al di là di più di qualche tentennamento, Agostino Riccardo ha ribadito di aver proposto pacchetti di voti in riferimento ai residenti del palazzo in cui viveva, dalle parti del cimitero, e di aver fornito i nominativi di chi avrebbe votato a Emanuele Forzan. “Sì, proposi pacchetti di voti dei residenti del mio palazzo. Non ho mai minacciato del Prete per farmi dare i soldi. Consegnai le liste delle persone votanti a Forzan, gli avevo dato le vie e i seggi dei voti per Adinolfi. I voti sarebbero arrivati dalla seggio della scuola del Magistrale, dove votavano i residenti di via Helsinky. Ai votanti consegnavo i soldi cash: a chi 50, 100 o 150. A Forzan avevo detto che dalle circoscrizioni di Via Helsinki e Campo Boario uscivano i voti nostri”.

È qui che il dibattimento si è praticamente bloccato. Infatti, dopo l’ultimo risposta del pentito, l’avvocato Scognamiglio ha chiesto al collegio di poter spegnere il video collegamento di Riccardo così da poter formulare una richiesta. Una forma sicuramente irrituale, così come sottolineato dal Pm Gualtieri che si è detto contrario, insieme alla collega Luigia Spinelli, rispetto all’istanza. Al che, l’avvocato Scognamiglio, in accordo con il resto del collegio difensivo, ha fatto valere una strategia messa a punto in precedenza.

Memore di un ulteriore procedimento penale archiviato e acquisito in un altro processo, ossia quello scaturito dall’inchiesta “Reset” in cui alla sbarra c’è l’intero clan Travali, il legale ha richiesto che fosse a sua volta acquisito anche dal collegio del Tribunale che giudica Del Prete e Forzam. Si tratta di un procedimento penale per rivelazione di segreto d’ufficio a carico dell’ex membro della Squadra Mobile di Latina, Renzo Battista. Il procedimento risalente al 2020 è stato archiviato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario.

Battista è un nome che torna più volte nelle parole di vari avvocati difensori che minano a smontar la credibilità di Riccardo. Infatti, il poliziotto fu protagonista di una relazione extraconiugale con l’ex compagna di Riccardo. Il collaboratore di giustizia, peraltro, è stato condannato per rapina impropria e maltrattamenti proprio per aver scoperto la relazione tra l’ex compagna e il poliziotto. Ma non è questo il punto. Nel procedimento poi archiviato, Battista (condannato per altro procedimento in primo grado per falso ideologico) fu indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. E a chi avrebbe rivelato particolari d’indagine il poliziotto? Secondo quanto prospettato dagli avvocati difensore Scognamiglio e Frisetti, si evince, da alcuni atti inseriti in quel procedimento estinto, che Riccardo avrebbe saputo dell’indagine su Del Prete. Il ragionamento della difesa è questo: se i procedimento archiviato è del 2020, come faceva Riccardo a sapere dell’indagine su Del Prete, il cui arresto è del luglio 2021? In alcuni passi degli interrogatori del procedimento archiviato ci sarebbero, inoltre, riferimenti, secondo l’avvocato Scognamiglio, a soldi forniti da Del Prete all’ex compagna di Riccardo.

Una mossa che sicuramente è stata inaspettata da parte delle difese che ha fatto sì che i Pm Spinelli e Gualtieri chiedessero un termine per consultare le carte. Al che il Tribunale non ha potuto far altro che rinviare il processo a dicembre, considerando che la difesa sarebbe sì andata avanti con l’esame di Riccardo, ma facendo vertere i quesiti al collaboratore in riferimento al procedimento archiviato e contenente, secondo quanto sostenuto dagli avvocati, i rimandi a un Riccardo che già avrebbe saputo dell’indagine su Del Prete mesi prima dell’arresto.

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