TENTATO OMICIDIO NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA: “NON C’ERA NESSUN OPERATORE QUANDO IL GIOVANE FU ACCOLTELLATO”

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Latina: lite tra due migranti presso un centro accoglienza degenera, ascoltati in udienza altri due testimoni

Si è svolta davanti al collegio presieduto dal Giudice Laura Morselli, a latere i giudici Simone Sergio e Paola Romano, un’altra udienza del processo in cui è imputato Mamadou Barry, il 23enne del Gambia accusato di tentato omicidio all’interno del centro di accoglienza di Borgo Podgora, gestito dalla cooperativa “Astrolabio”.

A marzo, nella scorsa udienza, furono ascoltati altri testimoni, tutti stranieri e ospiti della struttura, tra cui il giovane pakistano che la sera del 26 maggio 2022 fu accoltellato da Barry (che nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia aveva negato tutto davanti al giudice per le indagini preliminari Maria La Rosa), presente in aula dietro le sbarre della camera di sicurezza. Il pakistano ha confermato di essere stato accoltellato al petto: fortunatamente, ad oggi, il ragazzo è tornato in perfetta salute (leggi al link di seguito l’articolo precedente sull’udienza di marzo).

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I fatti, come accennato, risalgono all’anno scorso, quando nel centro d’accoglienza straordinaria per cittadini stranieri fu sfiorata la tragedia. Il 23enne del Gambia, Mamadou Barry, dopo un diverbio, secondo la ricostruzione dei poliziotti della Squadra Volante intervenuti sul posto, avrebbe accoltellato con un fendente al torace un coetaneo di origine pakistana per futili motivi. Quest’ultimo, immediatamente soccorso, fu trasportato presso il Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Maria Goretti, dove rimase degente pur non non versando in pericolo di vita.

Secondo una prima ricostruzione, la vittima dell’aggressione aveva sorpreso il ragazzo africano mentre era intento a frugare nei propri effetti personali e per questo lo aveva redarguito invitandolo ad allontanarsi. In un primo momento, quest’ultimo in effetti si era allontanato diretto al proprio alloggio ma, poco dopo, aveva deciso di tornare dal giovane asiatico e, non curante della presenza di altri ospiti della struttura, lo avrebbe colpito dritto al petto con un coltello. Subito dopo, il 23enne avrebbe tentato di allontanarsi riuscendo a disfarsi dell’arma che aveva utilizzato, prima dell’intervento dei poliziotti che, comunque, riuscirono a bloccarlo.

Oggi, in aula, davanti al Pubblico Ministero Claudio De Lazzaro, sono stati ascoltati due operatori del centro d’accoglienza: l’uno che all’epoca dei fatti era dipendente della coop (considerato responsabile storico della struttura dove è accaduto il tentato omicidio), l’altro che svolgeva con la sua impresa di pulizie i servizi per Astrolabio.

L’allora responsabile della struttura di Via Santa Croce ha specificato che nel centro di accoglienza erano presenti circa 50 immigrati, ma che il giorno dell’accoltellamento non era di turno. Un ragazzo, ospite del centro, che non parlava bene l’italiano, lo chiamò per avvertirlo di quanto successo. Al che l’uomo gli consigliò di chiamare l’ambulanza e le forze dell’ordine: “Mi disse che c’era stato un accoltellamento e mi mandarono foto in cui si vedeva che il ragazzo che era a terra“.

Al momento dell’accoltellamento, come testimoniato dall’ex responsabile, non erano presenti altri operatori. Il tentato omicidio si verificò, quindi, quando vi sarebbe stata una vacanza di operatori, esattamente tra due turni. Nella chat Whatsapp degli operatori cominciarono a circolare foto e voci sul fatto che i ragazzi nel centro pensassero che il pakistano accoltellato stesse per morire.

Secondo il racconto un po’ confuso dell’ex responsabile, dopo l’accoltellamento nessuno degli operatori si precipitò a Borgo Podgora, ossia dove si trova il centro d’accoglienza, eccetto che la referente della cooperativa.

Più lineare la testimonianza dell’imprenditore che con la ditta Enjoy srl svolge le pulizie per conto dell’Astrolabio. L’uomo ricevette una telefonata da uno degli ospiti. A chiamarlo fu lo stesso ragazzo che aveva avvertito l’ex responsabile della struttura di Borgo Podgora. “Mi disse corri corri Franci, Barry Barry. Sono andato al centro di accoglienza e ho visto un gruppo di persone attorno a un ragazzo a terra con una ferita sanguinante all’altezza dell’addome“. Solo dopo il suo arrivo, arrivarono un altro operatore e l’assistente sociale, dopodiché l’ambulanza e la pattuglia della Squadra Volante.

“Mi dissero che c’era stato un diverbio e che poi Barry era tornato giù con un coltello che non si trovava. Lo cercammo ovunque, anche sopra i tetti, ma non abbiamo trovato il coltello. Sapevo chi era Barry, ma solo visivamente”.

Come ultimo testimone dell’udienza del processo, che riprenderà il prossimo 22 giugno, era previsto un giovane bengalese presente al momento dell’accoltellamento. Per la seconda volta, però, è saltata la sua testimonianza, dal momento che mancava di nuovo l’interprete.

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