SCOVATO IL COVO-BUNKER DI ANTONIO BARDELLINO

Viale dei Pini 7 presso il Villaggio del Sole a Formia
Viale dei Pini 7 presso il Villaggio del Sole a Formia

Formia: è stato ritrovato un covo-bunker in un’abitazione in passato riconducibile ad Antonio Bardellino

È di oggi pomeriggio (27 luglio) la nota della Polizia di Stato che dà conto del ritrovamento del covo bunker, all’interno di un appartamento, in passato riconducibile al fondatore del Clan dei Casalesi Antonio Bardellino. Una scoperta clamorosa che suggerisce, ove ce ne fosse bisogno, che Antonio Bardellino, ufficialmente ucciso nel 1988 per mano di Mario Iovine (successivamente assassinato in Portogallo tre anni dopo, nel 1991), in realtà non sarebbe morto assassinato in Brasile, dove era latitante. Stiamo parlando di una terra dove, tanto per avere una idea, hanno vissuto da latitanti, negli anni Ottanta, anche il boss di Cosa Nostra Gaetano Badalamenti e il primo dei pentiti, Tommaso Buscetta.

“Nella mattinata di ieri, 26 luglio, a Formia, – recita la nota della Polizia – durante una perquisizione eseguita dalla Polizia di Stato (Squadra Mobile di Latina e Commissariato di Gaeta, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo), dal Comando Provinciale Carabinieri di Latina (Nucleo Investigativo e Compagnia di Formia), dal ROS e dalla Direzione Investigativa Antimafia, è stato ritrovato un piccolo vano sotterraneo alto 170 centimetri in un appartamento in passato riconducibile al noto esponente dei clan dei casalesi Antonio Bardellino“.

“Al locale, ritrovato occultato al di sotto di un pavimento, – continua la nota della Polizia di Stato – si accedeva mediante una botola situata su binari scorrevoli ed una scaletta; al suo interno è presente una panca e una lampadina, in uno spazio molto angusto (120X100 cm). La perquisizione è stata eseguita nell’ambito delle attività investigative per il tentato omicidio di Gustavo Bardellino avvenuto nel febbraio 2022”.

Le indagini, coordinate dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Roma e Napoli, stanno quindi portando a scenari inquietanti e spesso nella bocca dei pochi che, in questi anni, tra la società civile, ha dovuto sorbirsi insulti e accuse di complottismo.

Non era passata inosservata, infatti, la circostanza per la quale, ieri, Carabinieri e Polizia, dalle 5 del mattino, si sono recati al Villaggio del Sole a Formia, sull’Appia, all’interno del complesso residenziale per perquisire la casa che un tempo fu di Aldo Ferrucci, originario di Sessa Aurunca, formalmente proprietario della storica discoteca Seven Up che saltò in aria quasi 40 anni fa. Ferrucci, uomo dalle tante sfaccettature e immortalato dall’Interpol insieme al cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, nella sala di attesa di un aeroporto romano, sarebbe stato incaricato dai Bardellino in un primo momento per prendere possesso del locale. Un locale che costituì negli anni Ottanta non solo una discoteca famosa in tutta Italia, ma anche centro di misteri e luogo di incontri più o meno oscuri.

Ad ogni modo, la casa, in Viale dei Pini 7, era uno degli obiettivi degli investigatori e ora, dopo questa nota della Polizia che non lo conferma, si sa che l’obiettivo è stato centrato. In quella casa, c’era il covo-bunker di Antonio Bardellino.

L’abitazione al Villaggio del Sole è nella disponibilità di un uomo che l’ha ereditata dal fratello, Antonio Iacopino, originario di Cosenza, morto in un incidente stradale il 14 maggio 1995, il quale a sua volta l’aveva acquisita dal medesimo Ferrucci. Sia l’uomo, Vito Iacopino (destinatario di uno dei tanti decreti di perquisizione), che la moglie sono stati interrogati dalle Forze dell’Ordine per poi essere rilasciati. Risulta però un altro passaggio che farebbe pensare ad altro: Antonio Iacopino avrebbe acquistato la villa, tramite una terza persona, da Rita De Vita, la seconda moglie di Antonio Bardellino, con cui ha avuto tre figli che vivono a Santo Domingo. La De Vita, che sarebbe stata avvistata più volte in questi anni nell’appartamento-villino, avrebbe comperato l’immobile dalla moglie di Aldo Ferrucci.

Il villino assomma a sé altri misteri: vedrebbe innanzitutto la presenza di uomo che si occupa della manutenzione, N.S., 50enne di Trivio a Formia, considerato dagli investigatori come il giardiniere di fiducia dei Bardellino; la presenza di Vito Iacopino residente negli Usa, con un passato a Santo Domingo come gestore di una discoteca, e chiamato da alcuni “l’americano” (negli anni passati era parcheggiata spesso, davanti al civico 7, un’auto con targa degli Usa), sarebbe l’ennesima prova dell’attenzione dei Bardellino all’immobile. L’ipotesi investigativa è che Iacopino sia un prestanome dei Bardellino e questo spiegherebbe la presenza saltuaria di Rita De Vita, avvistata anche ad agosto 2022 al Villaggio del Sole, insieme a uno dei figli. Iacopino avrebbe detto ai Carabinieri di Formia di aver acquistato l’immobile da un criminale che, a Santo Domingo, lo avrebbe avvicinato per uno scambio: la discoteca di Santo Domingo per il villino di Viale dei Pini 7. Un passaggio, sebbene strano, avvenuto dopo il 1988, ossia quando Antonio Bardellino, in teoria, era già morto.

Da ultimo, l’ennesimo garbuglio: le spese condominiali della villa sarebbero pagate non dagli Iacopino, ma da un uomo, A.T., residente a Roma.

Altri risvolti importantissimi che danno lo spunto ad altri interrogativi importanti. È possibile che Antonio Bardellino, dato per morto nel 1988, abbia frequentato il covo dopo la data del presunto decesso? Sono vere le voci di chi giura di averlo visto lì (naturalmente dopo il 1988) o comunque di avere visto la compagna da cui ha avuto dei figli?

Domande inevase per cui Forma e tutta la provincia di Latina, e oltre, attende di conoscere le risposte, in ragione del fatto che la famiglie del fondatore dei Casalesi è stanziale nel territorio del sud pontino. Se fosse vera la tesi secondo cui Bardellino non è stato ucciso nel suo villino a Buzios, località vicina a Rio de Janeiro, cambierebbe anche la storia del suo omicidio ufficializzata nel processo Spartacus che ha condannato i mandanti. Fatto sta che il suo corpo non è stato mai trovato e che i famigliari ne hanno chiesto la dichiarazione di morte presunta solo 30 anni dopo, nel 2018.

Per anni la maggior parte dei cittadini hanno avuto paura di queste storie. Forse, con la verità, seppure al momento spezzettata, ne avrebbero di meno.

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