Inchiesta Dune: riprende il processo per i cinque imputati tra cui l’ex Sindaco di Sabaudia Giada Gervasi
Dinanzi al collegio presieduto dal giudice Gian Luca Soana – a latere i giudici Fabio Velardi e Francesca Coculo -, è ripreso il processo scaturito dall’indagine dei Carabinieri e della Procura di Latina che, a febbraio 2022, ha terremotato l’amministrazione Gervasi, portando al commissariamento del Comune della Città delle Dune e alla elezione del nuovo Sindaco Alberto Mosca.
Sul banco degli imputati l’ex Sindaco Giada Gervasi, difesa dagli avvocati Gianni Lauretti e Salvatore Volpe, l’ex assessore all’urbanistica Innocenzo D’Erme, difeso dall’avvocato Leone Zeppieri, l’ex Direttore Generale del Comitato Sabaudia 2020 (ormai sciolto dall’attuale consiglio comunale e sul cui scioglimento è in atto un contenzioso al Tar tra Comune e la Federazione italiana canottaggio) Luigi Manzo, difeso dagli avvocati Roberto Fiore e Dario Capotorto, l’ex consigliere comunale Sandro Dapit, difeso dagli avvocati Luca Pietricola e Maurizio Forte, l’ex responsabile Lavori Pubblici del Comune di Sabaudia ed ex assessore a Pontinia, Giovanni Bottoni, difeso dall’avvocato Emilio Siviero. È uscito dal procedimento l’ex tecnico supervisore della Coppa del Mondo di Canottaggio, Erasmo Scinicariello, che ha chiesto e ottenuto il patteggiamento: 1 anno e 8 mesi di reclusione così come deciso dal Giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Molfese.
Tutti gli imputati, rinviati col giudizio immediato, devono rispondere delle turbative d’asta contestate nell’ambito della Coppa del Mondo di Canottaggio. Gervasi, inoltre, dovrà essere giudicata anche per induzione indebita a dare o promettere utilità in riferimento alla concessione balneare de “La Caravella” del Presidente del sindacato Italiano Balneari Lazio Sud (Sib) Mario Ganci e del chiosco “La Rosa dei Venti” appartenente a uno degli indagati, Gianni Polidoro. Bottoni, ex assessore nella Giunta Tombolillo a Pontinia, è chiamato a rispondere anche di falso in merito agli affidamenti. Parti civili l’associazione Antonino Caponnetto, il Comune di Sabaudia, il dipendente del Comune Antonio Vitelli (in una prima fase indagato dalla Procura e poi ritenuto parte offesa) e la società ciociara Dea Costruzioni Srl.
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Oggi 14 giugno, il processo è ripartito con l’esame di uno dei testimoni più attesi, perché, quantomeno dalle indagini, risultava tra quelli che si opposero alla linea dettata dall’amministrazione Gervasi sulle autorizzazioni balneari. Si tratta dell’architetto Claudio Leone, considerato uno degli oppositori alla gestione del Comune a marca Gervasi. L’ex responsabile del settore urbanistica del Comune di Sabaudia è stato esaminato dal Pm Antonio Sgarrella e contro-esaminato dagli avvocati Volpe e Lauretti che difendono l’ex sindaca di Sabaudia.
Una testimonianza che per il Pm si è rivelata monca, non solo per i parecchi “non ricordo” dell’architetto, ma anche perché la difesa Gervasi ha fatto emergere un particolare sfuggito: Leone, quando fu interrogato a sommarie informazioni il 3 marzo 2022, risultava indagato nello stesso procedimento denominato “Dune”. Il collegio del Tribunale si è ritirato allora per decidere se l’uomo potesse essere ascoltato come testimone o imputato per procedimento connesso, anche perché il Pubbico Ministero non era in grado di poter dire se Leone fosse ancora indagato o meno.
Dopo le verifiche del caso, è emerso che la posizione dell’architetto è stata archiviata a dicembre 2022, su richiesta presentata dalla Procura di Latina due mesi prima. L’interrogatorio si può fare quindi, secondo il Tribunale, ma il Pm, ad ogni modo, non ha potuto utilizzare quel verbale reso a sommarie informazioni ai Carabinieir da Leone poiché, secondo la tesi risultata vincente degli avvocati difensori, l’atto è nullo. Leona avrebbe dovuto essere ascoltato a sommarie informazioni con tanto di avvocato perché all’epoca – marzo 2022 – risultava ancora indagato.
Ad ogni modo, Leone ha ripercorso il suo tragitto amministrativo a Sabaudia, iniziato nel 2011 e passato anche per i settori Lavori Pubblici, Attività Produttive e Demanio Marittimo. È proprio per le competenze in quest’ultimo settore che Leone è stato interrogato: in particolare, il Pm gli ha chiesto dell’autorizzazione del chiosco “La Rosa dei Venti” di Francesca Cestra, madre di Stefano Polidoro e moglie del Carabiniere Forestale Gianni Polidoro, appuntato del Raggruppamento Carabinieri Biodiversità di Fogliano. Quest’ultimo, nella prima ordinanza, risultava indagato, mentre il figlio Stefano era il segretario personale del Sindaco Gervasi.
Alla base dell’accusa il passaggio effettuato dalla famiglia Polidoro che diede in subaffitto a una cooperativa, la Cum Quibus: la struttura avrebbe fruttato circa 350mila euro in 5 mesi di lavoro. Una pratica che, secondo i Carabinieri, non poteva essere attuata. Ad essere cosciente di questo sarebbero stati sia il Responsabile del Demanio Marittimo Rossana Del Duca (secondo il Gip fatta rimuovere dal Dirigente d’area Carlo Collecchia) e anche il suo sostituto, per l’appunto Claudio Leone.
L’architetto ha ripercorso la vicenda spiegando di essersi occupato della revoca dell’autorizzazione del chiosco proprio perché subentrò un diverso gestore. Si posero il problema nell’ufficio tecnico se quella revoca dovesse essere fatta o meno: neanche l’articolo 35 del codice di navigazione – ha spiegato Leone – poteva salvare la pratica, in quanto il subentro di altro gestore è previsto sul demanio marittimo, mentre quel chioscho si trova sulla strada e non può rientrare nella normativa.
L’accertamento sul chiosco era iniziato dopo un sopralluogo della Polizia Locale e alla fine è finito sui tavoli dell’ufficio demanio marittimo. Cestra – secondo Leone – non poteva dare in uso il chiosco a un terzo perché era previsto, da normativa, che fosse l’intestatario dell’autorizzazione a gestirlo.
“Io ero sin da subito per la revoca dell’atto“, ha spiegato Leone, pur non essendo molto chiaro sulle presunte pressioni del Sindaco Gervasi tra molte amnesie e scarsa fluidità. Un atteggiamento che ha provocato la reazione del Pm Sgarrella che ha chiesto al collegio dei giudici di richiamare il testimone a dire la verità poiché sotto giuramento.
“Parlai con la sindaca e le rappresentai che c’erano I fondamenti giuridici per la revoca. Col Sindaco ci fu un confronto e lei aveva perplessità di tipo tecnico, ma non ricordo bene”. Allo stesso modo, l’architetto non ricordava del legame di parentela tra Cestra, il Carabiniere Forestale e il figlio, per inciso Segretario personale di Gervasi.
L’architetto ha ricordato solo che il sindaco espresse le sue preoccupazioni di natura economica, poiché revocare un’attività produceva un danno. “Gervasi mi disse che io mi sarei comportato male e che la fiducia che avevo dovevo tenerla a mente. Quella pratica per il sindaco andava revocata solo per l’avvio del procedimento, ma non per la revoca del titolo“.
Fatto sta che di quel chiosco il funzionario del Comune e sindaco parlarono tante volte. “Gervasi – ha detto l’architetto – voleva creare un ragionevole dubbio negli uffici e noi eravamo stressati. Per il chiosco ho dovuto impegnarmi molto per la revoca”.
L’avvocato Volpe, che difende Gervasi, ha ricordato all’architetto che in una nota precedente di circa 20 giorni rispetto alla revoca avvenuta il 12 marzo 2020, Leone avrebbe apposto la sua firma su una nota-istruttoria che, invece, non evidenziava alcuna irregolarità sul chiosco in questione. Tuttavia l’architetto ha ribadito di essere stato sempre favorevole alla revoca che infatti poi fece. E una mattina, davanti a un caffé, spiegò al Sindaco Gervasi quale fosse il suo pensiero. “La prima cittadina mi chiese: “Stai con me o contro di me?”. Io le risposi: “Io sto con la legge“.
Il controesame, proseguito dall’avvocato Lauretti che ha chiesto a Leone di altre divergenze intercorse tra l’architetto e Gervasi (la concessione balneare di Ganci del Sindacato balneari e la vicenda urbanistica di Via Arezzo), è stato interrotto dal collegio del Tribunale e aggiornato alla prossima udienza del 13 dicembre.