PINQUA AD APRILIA. IL MANIFESTO CHE BACCHETTA L’AMMINISTRAZIONE

In arancione la proposta 1, in verde la proposta 2, in celeste la proposta 3
I vari ambiti della città di Aprilia che interessano i progetti con cui il Comune ha partecipato al bando ministeriale Pinqua: In arancione la proposta 1, in verde la proposta 2, in celeste la proposta 3

PinQua (Programma nazionale della qualità dell’abitare). “La città degli Alberi”, “Aprilia Libera”, “Cittadini pentastellati” e “Grillini Apriliani” licenziano il loro manifesto

L’importanza della riqualificazione

Premesso che siamo d’accordo sul fatto che il centro di Aprilia debba essere riqualificato e tante aree strappate al degrado e all’abbandono, riteniamo che il PinQua (Programma nazionale della qualità dell’abitare) – recentemente approvato – per essere tale doveva partire da una ricerca sociale sui bisogni della città, attraverso lo sviluppo di un masterplan (documento di indirizzo strategico per interventi di pianificazione e programmazione territoriale) che dislocasse i bisogni sull’intero territorio. Abbiamo già espresso, nella prima fase della “nonconsultazione” ad aprile 2021, alcune perplessità sulla tipologia di interventi, che continuano ad essere indirizzati verso il roboante privo di spessore e senza avere la minima idea di cosa serve realmente alla città, presentando anche una proposta sul quadrante Toscanini-Primo finalizzata alla rinaturalizzazione e valorizzazione del fosso della Ficoccia e alla realizzazione di un’area verde/parco, cosa completamente assente nel Quartiere Primo. Lo abbiamo fatto presentando una analisi dettagliata, cercando di essere propositivi e non critici eppure nessuna delle nostre proposte è stata accolta, perché? Quale idea urbanistica si cela dietro?

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Il principio ispiratore del PinQua

Come noto, ogni trasformazione inserita all’interno di un processo di modifica di un dato sistema ambientale innesca meccanismi di distruzione del precedente equilibrio. 

E non è detto che il nuovo equilibrio sia favorevole al benessere, alla sicurezza e alla salute. Distruggere un sistema ambientale complesso, eppure in equilibrio, senza (pre)vedere gli effetti della (tras)formazione significa condannare a morte certa un ambiente che sa difendersi perfino dalle discariche abusive. Per fare un esempio, l’effetto delle barriere alte costituite da palazzine di oltre 40 metri come quelle, conduce a modificazioni del microclima, del corso dei normali venti, del corso dei pollini, delle fioriture spontanee e, insieme, conduce a modificare il corso delle impollinazioni. Non basta scrivere “salviamo le api”, se poi ne violentiamo l’habitat. Se volessimo sintetizzare il principio che ha ispirato il PinQua ad Aprilia, penso saremmo tutti d’accordo sullo slogan: “inseguire il miraggio dei soldi facili attraverso il consumo sistematico di territorio, indifferenti alla distruzione dell’ambiente organico e vivo”.

I quadranti interessati

Attualmente tutti i quadranti interessati dal PinQua sono significati da un reticolo verde che, forse, non è sbagliato definire come rete ecologica residuale. Domani? 

La domanda la rivolgiamo per offrire spazi di dibattito e previsione futura, dislocandoci altrove dalla solita baruffa chiozzotta e, non da poco, al fine di non fare il gioco di chi a quel tavolo non è stato invitato e spera magari, attraverso le pressioni dei gruppi, di poter raccogliere briciole sotto le sedie. L’amministrazione comunale in questi mesi, attraverso i consorzi in periferia e i comitati di quartiere in centro, ha già illustrato gli interventi, ma sappiamo bene che questa non è vera partecipazione. Nessuno, infatti, sottolinea l’esclusione dei cittadini dalla preparazione del piano, ma più in generale si parla di parti sociali, quindi di alcune associazioni e comitati di quartiere, alle quali eventualmente affidare la gestione di qualcosa. In assenza di una visione d’insieme, una programmazione di bilancio e di uno scenario coerente con le politiche globali, le succitate infrastrutture puntuali e disorganiche, cavate dal cilindro del cappellaio, difficilmente potranno tradursi in effetti di riqualificazione socioculturale.

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La metodologia adottata

Molti hanno commentato positivamente gli interventi PinQua previsti in periferia, mentre i giudizi negativi si sono concentrati in maniera unanime sugli interventi nei quartieri Toscanini e Primo. Una omogeneità di giudizi negativi così concentrati da far riflettere: forse sarebbe più giusto dire che gli interventi ivi previsti sono inutilmente aggressivi per l’ambiente, quanto socialmente inutili, almeno quanto scevro di armonizzazione è quello che si paventa sugli altri quadranti. Interventi, sembra, partoriti dal cilindro del cappellaio di turno, slegati dal contesto e, anch’essi prodromici ad uno sciupio di territorio.  

Per fotografare il disastro ambientale a cui si sta andando incontro, sarebbe sufficiente ricostruire lo stato attuale del mercato immobiliare, la percentuale di invenduto, la tendenza di costo, anche attraverso un raffronto qualitativo tra il costruito in zona ed il costruito altrove. Il miraggio di far raggiungere artificialmente il record di 100.000 abitanti ad Aprilia, per potersi vantare di un bacino demografico (o di voti) di peso, in assenza di competenze, di policy, di considerazioni sociologiche, urbanistiche e culturali adeguate, è un boomerang insostenibile. 

È stata effettuata una valutazione oggettiva del PinQua? Sono stati calcolati indici di sostenibilità per quartiere, quali edificato esistente/metri cubi finali, abitanti esistenti al mq/abitanti finali al mq, suolo impermeabilizzato attuale/suolo impermeabilizzato futuro, aree a verde esistenti/aree a verde future, qualità e composizione del verde attuale/verde futuro, aree demaniali attuali/aree demaniali future, superficie agricola attuale/superficie agricola futura, livello inquinamento acustico presente/livello futuro, automobili attuali/automobili future?

Senza queste preliminari valutazioni, il PinQua è un esperimento di generazione di conflitti sociali ad alto costo ambientale.

Le conseguenze economiche degli investimenti

Siamo convinti che nuovi palazzi da 1500 abitanti concentrati in uno sputo di metri quadri, autostrade urbane in aree agricole prospicienti poli scolastici e sportivi, 5 ponti di cemento su un brevissimo tratto del fosso vincolato, parcheggi auto in superficie, ulteriori centri commerciali, l’indotto del traffico commerciale e residenziale, l’eliminazione di un’area destinata a verde e sport, l’impermeabilizzazione di ettari di suolo attualmente a verde, concorrano alle finalità del Programma nazionale della qualità dell’abitare? 

Siamo sicuri che, nel mentre l’intero mondo rivolge attenzione e studi alla ricerca dello sviluppo basato su innovazione e sostenibilità, nel mentre lo sviluppo è tutto proteso alla programmazione di lungo respiro e dunque di sviluppo ad impatto e consumo zero, Aprilia, in controtendenza, sia condannata a basare il suo volano di ripresa su consumo del territorio (risorsa finita e non riproducibile), distruzione degli habitat naturali, impermeabilizzazione, aumento degli indici di urbanizzazione e, soprattutto, innesco di sviluppo economico basato su una attività anch’essa a termine?

Perché, quando anche l’ultimo metro quadro di territorio comunale sarà cementificato, quando avremo perso l’ultimo ettaro di IGP, DOC, DOP, BIO, le api, il bosco, …per continuare, non ci resterà che muovere guerra di conquista ai territori dei comuni limitrofi!  

La sostenibilità ambientale, sociale e territoriale 

Procedendo in questa direzione, che vede il territorio come qualcosa da predare e consumare, un numero via via crescente di persone sarà destinato a diventare più povero perché espropriato della possibilità di ricevere i benefici della terra, della ricchezza, del futuro, mentre pochi, sempre di meno, diverranno sempre più proprietari del futuro e dell’habitat ridotto a deserto, un deserto apparentemente verde, ma sterile e bisognoso di continue cure (tanta acqua e tanta chimica) per sopravvivere.
Futuro sotto il naso di tutti: puzze nauseabonde ad orari scanditi nella giornata, fossi con acque multicolori e piene di schiuma, parchi con alberi lasciati morire di sete e mai irrigati, nonostante preventivamente richiesto. E potremmo continuare con discariche e immondezzai in atto o in procinto di esserlo, in mezzo ai quartieri della periferia abbandonata.
Il vero nodo resta questo: distruggere altro territorio in cerca del mito del potere. Aprilia è stata già sacrificata sull’altare della Cassa per il Mezzogiorno, che non ha creato ricchezza, se non per chi ha speculato. Oggi la città è fortemente impoverita a causa dell’uso sconsiderato che è stato fatto del territorio. Ha perso preziosi corsi d’acqua, intubati e inquinati come fogne a cielo aperto, ha perso migliaia di alberi, con il preciso obiettivo di disboscare per speculare e non manutenere. Ha perso milioni di metri cubi di risorsa primaria finita, contenuta nelle falde prosciugate e inquinate. Ha perso l’ossigeno e guadagnato anidrite carbonica e un mix letale di inquinanti…

Cosa succede altrove

Eppure, mentre ad Aprilia ci si ritrova a discutere su cose già decise, o ad accontentarsi delle briciole che cadranno dalle tasche degli imprenditori, altrove in Italia sono centinaia gli esempi di masterplan adottati coinvolgendo la comunità locale. Ne citiamo solo alcune: Abbadia San Salvatore, recupero comparto minerario per trasformarlo in produttivo terziario, museale residenziale; Rimini, strategia di sviluppo urbano sostenibile, Pesaro, masterplan per la città storica, o i masterplan approvati per rilanciare i borghi più belli d’Italia.

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