Operazione “Ottobre Rosso”: l’inchiesta che ha portato agli arresti di Gianluca Tuma, Gino Grenga e Stefano Mantovano arriva in giudizio
Il sostituto procuratore di Latina Antonio Sgarrella ha chiesto il giudizio immediato per i tre indagati accusati, a vario titolo, di tentata estorsione e intestazione fittizia di beni. La prima udienza è stata fissata il 15 marzo presso il Tribunale di Latina.
Ad essere arrestati nell’operazione “Ottobre Rosso”, eseguita a novembre 2021 dalla Squadra Mobile di Latina, furono Gianluca Tuma, Stefano Mantovano e il fratello di Tuma, Gino Grenga.
L’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Latina e dal sostituto procuratore Antonio Sgarrella nasce da una denuncia di un uomo vessato da due degli odierni indagati: Tuma e Mantovano. Una vicenda lunga, durata dal novembre 2017 fino al gennaio 2020, quando il soggetto sottomesso si decide a denunciare.
I successivi approfondimenti investigativi, anche di natura patrimoniale, avevano documentato come il principale indagato, Gianluca Tuma – già coinvolto, e successivamente condannato, nell’operazione di polizia “Don’t touch” – avesse nel tempo attribuito a propri complici la titolarità di società o quote sociali, allo scopo di eludere la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale a cui è sottoposto dal 2019 che prevede, tra l’altro, il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio.
Emerse, infatti, che varie attività commerciali nel campo della ristorazione e pub, aperte tra Latina, Terracina e San Felice Circeo, erano gestite di fatto da Tuma avvalendosi però di intestatari fittizi, ossia degli altri due indagati, i quali avrebbero agito nelle vesti di amministratori e soci. Ulteriori accertamenti investigativi evidenziarono progetti imprenditoriali di espansione del gruppo, soprattutto nella città di Roma.
Dopo gli arresti, il Tribunale del Riesame aveva concesso i domiciliari a Grenga e Mantonvano, mentre Tuma si è reso protagonista di uno sciopera della fame in carcere. Fu trasferito in ospedale ma, in seguito, il Gip Cario stabilì la sua compatibilità col carcere. A margine, l’episodio grave dell’aggressione verbale della madre di Tuma nei confronti del magistrato proprio all’interno delle mura del Tribunale.
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