Operazione Reset: avviso di conclusione indagini per 34 indagati ritenuti appartenenti al Clan Travali. L’Antimafia chiederà il rinvio a giudizio
Estorsioni, traffico di droga, violenza, capacità di ridurre all’omertà il tessuto produttivo e commerciale della città di Latina (estorcendo noti negozi al centro del capoluogo), entrature negli organi investigativi in modo da ovviare alle indagini. Questo è l’affresco disposto dai sostituti procuratori della Procura/DDA di Roma Corrado Fasanelli e Luigia Spinelli, passati quattro mesi dagli arresti che, a febbraio scorso, contestarono al gruppo dei fratelli Travali l’associazione mafiosa.
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La conclusione indagini è arrivata, quindi, nei confronti dei suddetti fratelli Angelo e Salvatore Travali, del genero Francesco Viola, e ancora per Vera Travali (sorella dei due e moglie di Viola) Shara Travali, Valentina Travali e Giorgia Cervoni (accusate peraltro di aver fatto arrivare la droga in carcere ai fratelli). E, ancora, il broker del narcotraffico, arrestato dalla Guardia Civil spagnola, Gian Luca Ciprian, Alessandro Zof, George Valeriu Cornici, Davide Alicastro, il referente della zona di Sezze Ermes Pellerani, quello dell’area apriliana Cristian Battello detto Schizzo, il cisternese Fabio Benedetti.
Ad essere accusati anche il loro padre putativo del crimine Costantino Cha Cha Di Silvio, Antonio Neroni detto Caniggia, Antonio Giovannelli, Dario Gabrielli, Mirko Albertini, Giovanni Ciaravino, Silvio Mascetti, Alessandro Anzovino (fratello dei Travali), Matteo Gervasi, Francesca De Santis, Antonio Peluso, Manuel Ranieri, Tonino Bidone, uno dei boss del Pantanaccio Luigi Ciarelli, Corrado Giuliani, il terracinese Francesco “Ciccio” Della Magna (candidato anche alle ultime elezioni comunali a Terracina) e Denis Cristofoli. Molti di quelli coinvolti nell’operazione Reset si trovavano già in carcere – come i Travali e Cha Cha – per le condanne definitive subite nel primo filone del processo Don’t Touch che ha sancito l’associazione per delinquere semplice.
Proprio ieri, in concomitanza con i funerali di uno degli indagati dell’operazione Reset, e coinvolto anche in Don’t Touch, ossia Giuseppe “Peppone lo Zingaro” Travali (padre che aveva dato il cognome ai Travali, pur non essendo padre biologico di Angelo), c’è stata anche un’udienza presso il Tribunale di Latina per il secondo filone di Don’t Touch in cui vengono contestate anche le minacce di Gianluca Tuma al giornalista de Il Messaggero Vittorio Buongiorno. Questo processo riprenderà il 30 novembre.
Infine, tra coloro destinatari dell’avviso di conclusione indagine, ci sono anche l’agente di polizia Carlo Ninnolino e l’imprenditore Riccardo Pasini, entrambi assolti nei vari gradi di giudizio del processo Don’t Touch, ma richiamati in causa dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ex appartenenti al Clan Travali, Renato Pugliese e Agostino Riccardo (anche loro indagati nell’operazione Reset, il cui procedimento è stato separato): secondo la DDA, Ninnolino anche per il tramite di Pasini soffiava le informazioni sulle indagini ai Travali. I due pentiti, infatti, hanno avuto un ruolo importante per far riaprire molti casi sfuggiti all’inchiesta Don’t Touch e poi riscontrati dal lavoro della Squadra Mobile di Latina.
Una ventina le estorsioni contestate e persino un omicidio che per gli inquirenti ha l’aggravante mafiosa, quello ai danni del rumeno Giuroiu avvenuto a marzo 2014 per il quale sono stati già condannati via definitiva Manuel Ranieri, Mirko Ranieri e Ionut Adrian Ginca.
Gli approfondimenti investigativi hanno rivelato che l’omicidio, sebbene pianificato e premeditato da Mirko e Manuel Ranieri e Ionut Adrian Ginca per ragioni sentimentali, aveva visto la partecipazione di Angelo Travali, il quale aveva fornito le armi ai fratelli Ranieri, che erano suoi spacciatori di fiducia, e fatto loro da staffetta con la propria macchina nella fase del rapimento della vittima.
Angelo Travali voleva far sentire il peso del suo cognome e far sapere agli ambienti che il suo sodalizio aveva anche la forza di uccidere.