Operazione Movida, estorsioni, rapina e violenze col metodo mafioso: condannati tutti gli imputati del Clan Di Silvio
Svolte già la requisitoria del Pm e le arringhe difensive nell’udienza romana che vedeva alla sbarra gli appartenenti al Clan Di Silvio di Campo Boario, capeggiati dal boss Giuseppe Di Silvio detto Romolo, estraneo al procedimento odierno, sono arrivate le condanne.
Ad chiedere il rito alternativo, con cui sono stati giudicati dal Tribunale di Latina, 3 appartenenti alla famiglia Di Silvio più il 31enne Luca Pes coinvolto in ipotesi di estorsione con l’aggravante mafiosa. Gli altri imputati erano Costantino Di Silvio detto Costanzo, 57 anni, nato a Latina il 24 marzo 1963 e il figlio maggiore del capo famiglia Giuseppe Di Silvio detto “Romolo”, Antonio Di Silvio detto Patatino, 28 anni, nato a Latina il 10 novembre 1992. Rito alternativo richiesto anche da Fabio De Stefano, genero del boss “Romolo”, detto il Siciliano, Massimiliano Tartaglia e Mario Guadagnino, non destinatari della misura cautelare emessa a dicembre 2020.
Tutti gli indagati di “Movida”, tranne Pes, sono stati coinvolti con l’accusa di associazione mafiosa anche nell’indagine Scarface il cui processo inizierà a maggio. Il Pm Luigia Spinelli, nella precedente udienza di fine febbraio, dopo la requisitoria, aveva chiesto per Antonio Di Silvio detto “Patatino” dieci anni di reclusione; sei anni per “Costanzo” Di Silvio; cinque anni e quattro mesi per Tartaglia e Pes; infine, cinque anni per Fabio Di Stefano.
Armi, gestione delle piazze di spaccio, estorsioni e imposizioni di pizzo col metodo mafioso: sono queste le principali attività rese evidenti dall’operazione “Movida Latina” che prende il nome dall’area che questo ramo della famiglia Di Silvio aveva assoggettato al suo capriccio: la cosiddetta Zona Pub di Latina.
Cinque, in tutto, gli episodi contestati nell’ordinanza firmata dal gip di Roma Rosalba Liso: un’estorsione tra i palazzi di Campo Boario in Via Pionieri della Bonifica; un incidente simulato per cui si pretende da un malcapitato, in zona Pub, la corresponsione di una cifra in modo da lenire il fantomatico danno; l’imposizione del pizzo a un locale della Latina by night in Piazza Moro; una prepotenza tra i pub di Via Neghelli nei confronti di un ragazzo costretto a cedere l’auto che, poi, veniva guidata da Patatino Di Silvio (il più violento e spietato da quanto emerge dall’ordinanza) in modo spericolato con estorsione finale annessa; l’ennesima estorsione risalente addirittura al 2012, sempre portata a termine da Patatino, che prova l’assoggettamento del territorio e il controllo, da anni, della zona Pub – in questo caso specifico, Patatino aveva preso i soldi dalla cassa di un noto locale in Via Lago Ascianghi per poi dire al gestore, senza alcun tipo di problema, “vado a cambiarli per giocare alle slot“. E poi la droga, il cui core businness, a quanto riferiscono i collaboratori di giustizia, è gestito, all’interno della famiglia di Romolo, dal genero Fabio Di Stefano.
Il Giudice per l’udienza preliminare Angela Gerardi, dopo le richieste del pubblico ministero e la difesa degli avvocati del Collegio difensivo, composto dagli avvocati Diddi, Melegari, Forte, Bertini e Campilongo, ha pronunciato la sua sentenza condannando Antonio Di Silvio detto Patatino a 9 anni di reclusione, 5 anni di reclusione per Fabio Di Stefano detto il Siciliano e 6 anni e 4 mesi per lo zio di Patatino, Costantino Di Silvio detto Costanzo. Luca Pes ha subito una condanna a 6 anni.
Inflitti 4 anni e 6 mesi a Tartaglia e 2 e 4 mesi a Guadagnino.
Nell’inchiesta Movida furono coinvolti altri due legati alla famiglia Di Silvio. Per Il più giovane del gruppo, Ferdinando “Pescio” Di Silvio, figlio di Costantino detto “Patatone”, e Ferdinando Di Silvio detto Prosciutto, 23 anni, figlio di “Romolo”, si procederà in due distinti processi.
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