OPERAZIONE JACKPOT: QUEGLI IMPRENDITORI TRA FONDI E CAMPO BOARIO LEGATI AL BOSS NICITRA

Salvatore Nicitra
Salvatore Nicitra, ritenuto a capo del sodalizio sgominato dall'operazione "Jackpot" coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma

Operazione Jackpot: nel provvedimento eseguito dai Carabinieri del Comando Provinciale di Roma spuntano due personaggi legati alla provincia pontina

Ad essere colpita ieri, nell’operazione Jackpot, è stata un’associazione per delinquere con a capo Salvatore Nicitra, ritenuto uno degli ex boss della Banda della Magliana (a cui uccisero anche un figlio e un fratello) ed ora definito come il “Re di Roma Nord” o “Quinto Re di Roma” dopo gli arresti negli anni di Carminati, Fasciani, Senese e Casamonica.

Nicitra, siciliano di nascita, è un ex fedelissimo del boss Enrico “Renatino” De Pedis (era il suo reggente a Primavalle), il personaggio reso noto dalla serie Romanzo Criminale con il nome di “Dandy”, e ucciso nel 1990 in via del Pellegrino, nei pressi di Campo de’ Fiori a Roma, infine seppellito nella basilica di Sant’Apollinare. Ma questa è un’altra storia, ormai nota e sviscerata seppur con misteri ancora irrisolti e inquietanti.

Ieri – e questo riguarda le latitudini pontine – ad essere indagati e colpiti dall’ordinanza di arresto anche il 73enne Jean Pierre Dibilio, francese di nascita, con la residenza a Latina e il domicilio a Roma, e Giovanni Onorato Nardone, 58 anni, di Fondi.

Dibilio, detto Er Francese, secondo gli investigatori è nel settore delle bische clandestine, titolare di una ditta con sede nel capoluogo pontino che si occupa di videogiochi, la New Techno Games, in Via Marco Attilio Regolo a Campo Boario, con il core business nel commercio all’ingrosso di giochi e giocattoli.

È Nicitra, come descritto nell’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, ad affidarsi a questa sua vecchia conoscenza del periodo della Magliana, per l’appunto Jean Pierre Dibilio che è titolare anche di una ditta con sede all’Appio Latino che realizza videogiochi.
A quel punto il boss originario della provincia di Agrigento acquisisce le agenzie “Planet”, già diffuse in tutta Roma e organizza il giro di affari: “Qui praticamente si gestirà così la situazione – dice durante un summit – sono 181 Planet… verranno fatte le tre divisioni, tre gruppi da 60. Noi chiaramente se pigliamo tutta la parte…”. “L’affermazione non ammette repliche”, notano gli inquirenti.

Il fondano Nardone, invece, risulta avere un’attività commerciale in Slovenia ed è considerato dagli inquirenti come legato storicamente a Nicitra. Finisce nell’ordinanza anche sua moglie, Monica Lo Savio.
Nardone è considerato dai Carabinieri capitolini un vero e proprio fiancheggiatore di Nicitra: definito come un imprenditore colluso, autore di un’operazione di autoriciclaggio a beneficio di Nicitra, con denaro dall’Italia diretto alla Slovenia, a sua volta veicolato a società correlate agli ambienti dei casinò sloveni e consegnato alla fine al boss.

Nardone, che gli inquirenti descrivono come storico elemento della criminalità organizzata romana, finisce nelle carte dell’inchiesta coordinata dall’Antimafia in riferimento anche a un imprenditore romano di nascita ma con la residenza a Ponte San Nicolò in provincia di Padova, il 52enne Luciano Patitucci, anche lui colpito ieri dall’ordinanza di arresto dell’operazione Jackpot (ai domiciliari).
I fatti risalgono al 2014 quando su un conto corrente di Intesa San Paolo vengono bonificati 190mila euro a favore di Tsg srl di Patitucci a cui è intestata la PJ Trading di Ponte San Nicolò. 
Peraltro, Patitucci in quegli anni era amministratore di altre società basate in Veneto tra cui la Veneto Distribuzione Alimentare e la Filpa Srl, specializzata nel commercio all’ingrosso di articoli anti infortunistica, entrambe con sede a Padova. 

Durante un’intercettazione tra il boss Nicitra e Giovanni Nardone, i due parlano della necessità di acquistare un night club a Nova Gorica in Slovenia che tornerà nell’utilità anche di Patitucci che, infatti, come si riporta nell’ordinanza, ha “chiesto esplicitamente la disponibilità di una società all’estero per effettuare operazioni finanziarie mascherate dall’emissione di fatture false“. Il sistema ideato con la complicità di Patitucci per riciclare i 190mila euro è stato un test che Nicitra ha architettato per vedere se negli anni potesse diventare un sistema, un metodo, efficace per la pulizia del denaro sporco. 

Infatti, scrive il gip nell’ordinanza, “Nicitra con la complicità degli imprenditori collusi (ndr: tra cui Nardone e Patitucci) ha compiuto operazioni di autoriciclaggio (denaro di provenienza illecita) sulla somma di 190mila euro…e attraverso proprie società anche estere ha trasferito i soldi dall’Italia verso paesi come Hong Kong o Dubai per poi farli pervenire in Slovenia dove operano società correlate agli ambienti dei casinò e darli infine tornare puliti in Italia“. 

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