OPERAZIONE BUFFALO: L’ATTENTATO AL MARESCIALLO DI CISTERNA “PREPARATO” CON UN (EX) POLIZIOTTO INFEDELE

Carabinieri Comando Stazione Cisterna di Latina
Carabinieri Comando Stazione Cisterna di Latina

Operazione Buffalo: l’attentato all’auto del maresciallo di Cisterna, realizzato dal gruppo criminale autocotono, è stato preceduto da un sopralluogo in cui era presente un poliziotto

È piuttosto allarmante lo scenario che si delinea dietro all’attentato che il 19 maggio vide esplodere 4 colpi di arma di fuoco contro la Peugeot di un maresciallo, parcheggiata sotto il Comando Stazione di Via Carlo Alberto Dalla Chiesa a Cisterna, il quale, secondo Di Noia e Avagliano, aveva “rotto troppo i cojoni“.

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Le indagini dei Carabinieri di Cisterna e Aprilia hanno appurato, come noto, che che ai vertici del gruppo c’era il padre della povera Desirèe Mariottini, Gianluca Zuncheddu, già gravato da precedenti e noto negli ambienti, che, da quello che emerge, dettava i ritmi dello spaccio in Via Moro nel Quartiere San Valentino. Tutto è partito, come spesso capita nelle indagini di questo tipo, da un debito di droga non saldato che un giovane di Cisterna aveva con il gruppo del San Valentino. Dopo mesi di minacce e aggressioni, il giovane, a febbraio, 2018, si decide a denunciare e a guadagnarsi la patente di “infame”: così lo bollano gli appartenenti del gruppo criminale. Una patente che, invece, dovrebbe essere considerata una stelletta perché dà il via alle indagini.
È vero, comunque, che il pur carismatico Zuncheddu sembrerebbe non aver avuto ruoli nelle fasi preparatorie che sarebbero poi culminate con l’intimidazione a pistolettate contro l’auto del carabiniere. L’auto rubata, una Smart, è procurata dall’apriliano Stefano Speranza (in carcere per l’Operazione Buffalo) che, come abbiamo visto dalle intercettazioni, si lamenta del fatto che poi la stessa vettura sia stata utilizzata per colpire un veicolo la cui proprietà è di un militare dell’Arma.

E allora chi è a voler mettere in piedi l’attentato contro quel maresciallo che non si faceva i fatti suoi? Premesso che anche un altro Carabiniere di Cisterna che indagava sul circuito dello spaccio messo in piedi dal gruppo Zuncheddu/Antonio Di Noia era stato preso di mira, è proprio il fratello di quest’ultimo, Carmine Di Noia, arrestato il 30 giugno 2018 poiché trovato in possesso di 200 grammi di marijuana insieme al figlio Luca (il 24enne nipote di Antonio, coinvolto nell’operazione Buffalo e ristretto ai domiciliari a causa di essa), ad ad avere un ruolo seppur marginale nell’attentato che riempì le pagine di cronaca nella primavera 2018.
Prima che l’attentato attribuito ad Antonio Di Noia fosse portato a compimento, Carmine Di Noia, il 2 maggio, circa due settimane prima dell’attentato (19 maggio), si reca nei pressi della Caserma dei Carabinieri di Cisterna per capire bene dove colpire.

Di Noia si fa accompagnare dalla persona che non ti aspetti e cioè da un agente di Polizia. Forse uno di quei casi che, nella recente audizione in Commissione Antimafia, faceva dire al Procuratore di Roma Michele Prestipino, in riferimento a Latina e provincia, che in palude e dintorni c’era un apparato investigativo non adeguato. E, in questo caso, infedele. Il poliziotto in questione già all’epoca dei fatti, quando si accompagnava a Carmine Di Noia, era stato sospeso dalla Questura di Latina per motivi disciplinari. In seguito, la stessa Questura ha deciso di destituirlo e “spogliarlo” della divisa.

Ad ogni modo, all’epoca dei fatti, maggio 2018, quel soggetto era a tutti gli effetti ancora un poliziotto che non si faceva scrupoli ad accompagnare un personaggio come Carmine Di Noia per preparare un attentato contro un appartenente delle Forze dell’Ordine. Infatti, i due, una volta sul luogo, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa a Cisterna, annotano le targhe utili per essere sicuri chi colpire. Nell’episodio citato dagli investigatori, Di Noia e il poliziotto infedele segnano il numero della targa di un altro carabiniere, che non sarà quello a cui colpiranno la macchina, ma che, comunque, dava fastidio perché troppo “ficcanaso” e deciso a investigare sullo spaccio del San Valentino. “Glie famo male a questo” – questo il tenore delle frasi.

Non stupisce, visto il quadro, che le indagini del sostituto procuratore di Latina Valerio De Luca hanno reso evidente che i componenti del Gruppo Buffalo avevano intenzione di compiere altri gesti intimidatori contro altri Carabinieri di Latina, rendendosi protagonisti di minacce nei confronti di alcune persone legate da un rapporto di parentela con i militari.

Uno scenario che di certo non restituisce tranquillità alla comunità di Cisterna e alla provincia intera.

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