Omicidio Desirée Mariottini: sono uscite le motivazioni della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Assise del Tribunale di Roma
A giugno 2021, la III Corte d’Assise del Tribunale di Roma, dopo più di nove ore di camera di consiglio, aveva stabilito le condanne per i quattro imputati dell’omicidio di Desirée Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina che morì il 19 ottobre del 2018 a Roma, nel tugurio di Via dei Lucani presso il quartiere di San Lorenzo.
Ora sono pubbliche le motivazioni che hanno portato alla condanna dei quattro imputati: carcere a vita per Mamadou Gara e Yussef Salia, 27 anni ad Alinno China e 24 anni e sei mesi a Brian Minthe. Secondo i pubblici ministeri, peraltro, le ferite dell’adolescente erano compatibili con uno stupro e sul suo corpo furono trovate anche “lesioni da presa” sull’avambraccio e un graffio all’interno di una coscia. La ragazza avrebbe provato a difendersi e a resistere, per poi essere lasciata morire.
Nei loro confronti le accuse andavano, a vario titolo, dall’omicidio volontario alla violenza sessuale aggravata e alla cessione di stupefacenti a minori.
“Non si trattò solo della cinica e malevola volontà di non salvare la giovane dall’intossicazione di cui loro stessi erano stati autori e di impedire le indagini delle violenze da lei subite, ma – scrivono i giudici della Corte d’Assise – in forma più estesa, di conservare la propria “casa” e le proprie fonti di “reddito”, oltre ad un tranquillo e sostanzialmente indisturbato luogo di consumo degli stupefacenti, che rendeva eccezionale e noto quel rifugio“.
“Chi non ha partecipato – si legge nella sentenza da oltre 280 pagine -, o non vi è prova abbia partecipato alla somministrazione delle sostanze tossiche che indussero allo stato comatoso della ragazza, ben può essere chiamato a rispondere dell’evento morte laddove le condizioni di fatto fossero risultate tali da imporre e pretendere anche da parte sua un dovere di protezione e di impedimento delle conseguenze di danno per il bene della vita di Desireé“.
Inoltre, “gli imputati sapevano perfettamente che la ragazza poco prima aveva bevuto molto metadone e aveva fumato crack. Gli imputati hanno mostrato un cinico assoluto disinteresse rispetto al progressivo decadimento delle sue funzioni vitali”. E, infine, solo “una condizione di totale obnubilamento, associata all’effetto analgesico, sedativo ed antidolorifico secondario che il mix di sostanze le provocò spiegano come la giovane abbia potuto resistere ad una tale forma di dolorosissima violenza, senza alcuna reazione apparente e senza neppure sottrarvisi: tanto più che si trattava della prima esperienza sessuale completa“.