Nel potente libro “Casamonica – Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma” in libreria dal 29 gennaio, Nello Trocchia descrive la realtà dei Casamonica di Roma, come vengono percepiti nella società, quali e quanti sono i loro contatti, il loro modo di essere mafia-famiglia, i loro business e il lucro, le grida barocche, la vigliaccheria violenta, il disprezzo pressoché totale per lo Stato e le sue leggi, il razzismo verso i gaggi.
Un libro notevole di un giornalista da sempre attento alle criminalità organizzate tradizionali che, ora, in ragione delle ultime inchieste della magistratura romana (tra le più importanti quella denominata Gramigna che ha smantellato un pezzo importante della famiglia Casamonica), merita attenzione sopratutto da parte di chi non conosce niente dell’universo dei clan sinti ma, ancor di più, da parte dei cittadini pontini, in particolare, di quelli che risiedono nel capoluogo di provincia.
Infatti, i latinensi troveranno nel libro di Trocchia le stesse logiche e la stessa sintassi praticate dai Di Silvio, dai Ciarelli, dai Travali, dai Fe, dai Morelli eccetera, ossia da coloro che, facendo parte dei clan sinti della città, hanno avuto un impatto sociale e percettivo tale che ogni latinense ha, ormai, nel suo bagaglio e immaginario culturale la possibilità di riconoscere una mafia.
La nostra mafia, non per vanto, ma come reale presa di coscienza e, auspicabilmente, per più di qualcuno, fonte di indignazione per cui anche Latina, stretta tra Roma, il sud pontino e Napoli, ha avuto e ha una criminalità organizzata autoctona. Non solo esclusivamente una mafia composta dai clan sinti ma della quale sicuramente quest’ultimi hanno costituito un riconosciuto marchio di fabbrica criminale, sviluppando dagli anni ottanta un profondo radicamento nel territorio. Ciascun latinense sa che ogni qual volta si parli di mafia, si parla anche e sopratutto di clan sinti.
Scrive la casa editrice nella presentazione al libro di Trocchia che “il 20 agosto 2015 l’Italia si accorge dell’esistenza del clan Casamonica. I petali piovono sul piazzale davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, mentre le note del Padrino accompagnano l’arrivo di una carrozza funebre scortata dai vigili urbani. Sulla facciata della chiesa, c’è un grande ritratto di Vittorio Casamonica su cui campeggia la scritta “Re di Roma. Da allora, abbiamo visto al telegiornale video di pestaggi efferati, giornalisti minacciati e percossi, ruspe e abbattimenti nelle periferie romane. Eppure a Roma tutti conoscono i Casamonica già da decenni. Sono sempre stati lì, piccoli faccendieri durante il dominio della Banda della Magliana, amici di boss che arrivavano dal sud in cerca di un porto sicuro all’ombra del Cupolone, o di politici e uomini dello spettacolo bisognosi di droga o di un prestito. Per tutti sono i Nullatenenti, gli zingaracci. Mentre le istituzioni si limitavano a derubricarli a fenomeno minore, i Casamonica prosperavano: sulle minacce e la violenza cieca hanno edificato un impero fatto di discoteche, locali, palestre, concessionarie di lusso e ville sontuose. Si sono accreditati come agenzia criminale di servizi, vera e propria cerniera tra il mondo di sotto, della periferia disagiata, e il mondo di sopra, dei circoli esclusivi ai Parioli e dei salotti bene di Via Veneto. Partendo da testimonianze e resoconti giudiziari, Nello Trocchia costruisce un’inchiesta: il ritratto della famiglia criminale a capo di Roma. Districandosi nel complesso albero genealogico raccoglie le storie di boss pittoreschi e spietati, e di donne feroci e manesche”.
Sostituite qualche parola qui e lì con i riferimenti della città e vi troverete di fronte a una realtà speculare se non identica a quella di Latina.