NEL CARCERE DELLE TORTURE A SUBIRE VIOLENZE ANCHE UN LATINENSE

Violenze nel carcere di “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere: a subire le torture anche un ex detenuto di Latina

Come si legge nell’ordinanza, il giudice per le indagini preliminari ha usato un’espressione non ecquivocabile: “orribile mattanza”.
Otto persone in carcere e 18 ai domiciliari, in tutto 52 misure cautelari nei confronti di membri della Polizia Penitenziaria, tra cui il comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del Centro penitenziario di Napoli Secondigliano e il comandante dirigente della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere. Questo è l’esito degli accertamenti della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha svolto le indagini in seguito agli scontri in carcere avvenuti durante il lockdown primaverile 2020. Quello più duro e scioccante per tutti ma di sollievo se si leggono gli atti di un’inchiesta che ha svelato una vera e proprio notte della repubblica andata in scena nel carcere “Uccella” di S. Maria Capua Vetere.

Come accennato, la custodia cautelare in carcere è stata disposta per un ispettore coordinatore del Reparto Nilo e sette agenti della polizia penitenziaria, tutti in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, mentre sono agli arresti domiciliari 18 persone tra cui il comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del Centro penitenziario di Napoli Secondigliano, il comandante dirigente della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, la commissaria capo responsabile del Reparto Nilo, un sostituto commissario, tre ispettori coordinatori di sorveglianza generale e 11 agenti. Ci sono poi tre obblighi di dimora, nei riguardi di tre ispettori di polizia penitenziaria, e 23 misure di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti della comandante del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria del nucleo regionale di Napoli, del provveditore regionale delle carceri della Campania Antonio Fullone e 21 agenti della polizia penitenziaria, quasi tutti in servizio nel carcere. Per la Procura, inoltre, sarebbero stati manomessi 5 spezzoni dei filmati dell’impianto di videosorveglianza per giustificare le presunte violenze.

Già nello scorso giugno 2020 erano arrivati altri avvisi di garanzia a 40 agenti della Penitenziaria con la conseguenza che alcuni di loro avevano protestato salendo sul tetto del carcere.

Gli scontri nascono dopo le proteste all’interno del carcere per un sospetto caso di Covid tra i detenuti che aveva causato la protesta da parte degli altri carcerati. Da lì la mattanza, con punte di macabro sadismo come si evince da alcune intercettazioni captate tra gli agenti della Penitenziaria. La successiva inchiesta dopo le violenze è nata dalla denuncia da parte di alcuni detenuti che hanno raccontato delle violenze avvenute nei loro confronti come “punizione” per la rivolta: secondo le testimonianze dei familiari, alcuni detenuti sono stati denudati e poi picchiati, insultati, colpiti con i manganelli. 

Nell’ordinanza spiccano tre episodi che hanno visto soccombere tre detenuti tra i quali un uomo di Latina. Il tenore degli insulti e delle intimidazioni da parte delle guardie carcerarie ai detenuti va da “beviti l’acqua del cesso” a “oggi appartieni a me”

Particolarmente efferata l’aggressione subita da Marco Ranieri, volto noto alle Forze dell’Ordine pontine, che viene buttato a terra e picchiato “con colpi alla testa, alla schiena, alle costole, al bacino e al volto, sferrati con il manganello e con una sedia di legno” – si legge nell’ordinanza del Gip – “nei pressi del cancello d’ingresso del reparto Danubio (ndr: nelle celle di isolamento) lo afferravano con forza, gli facevano sbattere più volte la testa contro il muro e gli sferravano, con il manganello, un violento colpo al volto causandogli la rottura di un dente e la perdita dei sensi“.

Marco Ranieri
Marco Ranieri. Nel 2010, nella disponibilità di Marco Ranieri fu trovato, dentro la cantina del condominio dove risiedeva in Via Monti, un carico di armi custodite. Ranieri finì in manette il giorno dopo il ferimento di Paolo Celani in via Petrarca, colpito nel 2010 nell’ambito della cosiddetta guerra criminale scatenata dai Ciarelli/Di Silvio contro il gruppo non rom di Latina di Moro/Nardone. Celani morì successivamente, mentre Ranieri fu oggetto di molte minacce: un’auto bruciata, una bomba rudimentale piazza vicino la sua abitazione e alcune scritte minacciose.
Due anni prima, nel 2008, sempre Marco Ranieri fu gambizzato vicino la sua abitazione in via Monti. L’accusato di tentato omicidio, Cristian Solito, è stato assolto in Appello nel 2014.

Per Ranieri, oggi fuori dal carcere, è stato diagnosticato un grave “disturbo da stress acuto derivante dalle condotte violente” che ha subito dagli agenti della Penitenziaria.

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