Con un comunicato, il Comando Provinciale Carabinieri di Caserta ha reso noto che nella serata di ieri, a Scauri (Minturno), è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 2 indagati per estorsione aggravata dalle modalità mafiose.
Nell’ambito di un’articolata indagine coordinata da magistrati della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, il personale del Nucleo Investigativo del Gruppo di Aversa (Caserta), unitamente al Comando dell’Arma territorialmente competente, ha concretizzato gli arresti di Mario Fazzone e Francesco Pugliese per estorsione aggravata dalle modalità mafiose (416 bis). Originari rispettivamente di Capua (Caserta) e Mugnano (Napoli), entrambi hanno interessi nel territorio di Minturno nel settore lattiero-caseario.
Il provvedimento scaturisce da una più ampia attività investigativa, grazie anche a due collaboratori di giustizia, arrivata nei confronti del gruppo criminale denominato “nuova gerarchia del clan dei casalesi” guidata da Massimo Perrone, detto ‘o Parente, fratello di Pasquale Perrone affiliato alla fazione Bidognetti.
Secondo gli inquirenti, già nel marzo del 2018 (da dove si originano gli arresti dei nuovi casalesi trapiantati a Minturno) la struttura della Nuova Gerarchia del Clan dei Casalesi poteva essere ricondotta, oltre che alla figura di Perrone, a Michele Bidognetti, fratello di Francesco alias Cicciotto ‘e Mezzanotte, ora collaboratore di giustizia, ma un tempo boss di primissimo piano e braccio destro di Francesco “Sandokan” Schiavone.
Perrone era il capo del nuovo gruppo, colui che si occupava del mantenimento degli appartenenti, con una paga da 200 euro a settimana. Il gruppo si occupava di estorsioni, da ottenere anche con l’utilizzo di bombe come testimoniano i raid ai danni di un’impresa di pompe funebri e di una società immobiliare, ma era intenzionato a scatenare una vera e propria guerra di camorra con le famiglie di Sant’Antimo dei Pica, Verde, Ranucci e Petito.
A rivelarlo è stato il collaboratore di giustizia Antimo Di Donato, che faceva parte del gruppo. “Massimo Perrone ha cominciato a fare uso continuo delle armi comuni da sparo che lui distribuiva in occasione di una “guerra” che ha deciso di iniziare nei confronti di tutte le famiglie camorristiche di Sant’Antimo, ossio quello dei Verde, dei Puca, dei Ranucci e dei Petito. Scopo di questa “guerra” di Perrone è quello di impadronirsi di tutte le attività illecite di tali famiglie. Recentemente infatti Perrone ed i componenti del gruppo di cui ho appena parlato (di cui facevano parte Luigi Moschino, Emanuele Gatto, Vittorio Giarnieri e Gaetano Celeste, anche loro colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare) hanno cominciato a fare uso delle armi esplodendo diversi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della moglie di un latitante. Mi sono pertanto accorto che quella di Perrone non era una vanteria ma un vero e proprio programma di fuoco di tipo camorristico che rischiava di scatenare una guerra di camorra nello quale io sarei anche potuto divenire una vittima”.
Intimorito da tali ipotesi Di Donato si allontanò dal gruppo andando a Pesaro con la compagna e una bambina di pochi mesi. Mentre era a telefono con i genitori, il collaboratore ha sentito “in diretta dei colpi d’arma da fuoco oltre che le grida di tutti i miei familiari ed allora ho capito che era il momento di fermare questa persona”. Da lì la decisione di collaborare con la giustizia.
Tornando agli arresti di ieri nel territorio di Scauri, di cui da tempo Latina Tu denuncia la forte rilevanza di fatti, circostanze e personaggi inquietanti e legati alla camorra, l’intera indagine coordinata dalla DDA ha accertato la consumazione di numerose estorsioni e intimidazioni in danno di imprenditori e commercianti attivi nel Comune di Parete e Litorale Domitio, attuata mediante la forza intimidatrice derivante dall’appartenenza alla “nuova gerarchia del clan dei casalesi” ed anche dalla disponibilità nota alle vittime di numerose armi a disposizione degli affiliati, tutte sottoposte a sequestro nel corso dell’attività investigativa.
Il provvedimento, come spiegano i Carabinieri, attiene a una protratta azione estorsiva consumata nella primavera del 2017 nei confronti di un imprenditore edile che aveva in corso opere di ristrutturazione di un condominio sul Litorale Domitio.
Un fatto, quello di ieri, che conferma ancor di più il quadro grave che vive tutto il territorio del sud pontino come, tra gli altri, l’episodio che ha coinvolto un componente della famiglia Esposito-Giuliano nella palazzina scomoda del Caffè Tirreno a Formia, o l’amicizia inopportuna di Katia Bidognetti (figlia del capoclan Cicciotto ‘e Mezzanotte e condannata l’anno scorso, insieme alla sorella, a sei anni per estorsione) con esponenti politici formiani (Erasmo Merenna), oppure la lunga sequela di accadimenti gravi denunciati da Latina Tu e, sopratutto, dalla sindaca di Formia Paola Villa nell’audizione in Commissione Antimafia della Regione Lazio quando, a differenza della prima cittadina, molti sindaci del sudpontino convocati non si presentarono e quei pochi (tre) seduti nella medesima Commissione hanno minimizzato o addirittura negato il fenomeno mafioso.
Suonano come un macigno per il sudpontino le parole della relazione semestrale della Dia: “Già l’operazione “Sfinge” del 2010, condotta dalla Polizia di Stato, aveva fatto luce sull’operatività di un’organizzazione camorristica, alleata con il clan dei CASALESI, che aveva riproposto il modello criminale tipico del casertano, per il controllo del traffico di stupefacenti e delle estorsioni, nei territori di Latina e Roma. Negli anni, nella provincia di Latina le indagini hanno fatto registrare la presenza, soprattutto sul litorale, dei gruppi campani riferiti ai BARDELLINO, ai BIDOGNETTI, ai GIULIANO, ai MALLARDO ed ai LICCIARDI”.
Con personaggi nuovi, ma sempre legati al passato dei clan camorristici tradizionali, sembra non essere cambiato proprio niente. Checché ne dica il sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli che, il 28 febbraio, rilasciava un’intervista (video sotto) a un’emittente locale per dire che non era vero, come ha scritto Latina Tu, che lui avesse peccato di un certo negazionismo in Commissione regionale Antimafia, avendo mandato, per di più, al suo posto un consigliere comunale a leggere un comunicato molto stringato ridimesionando il fenomeno mafioso di Minturno. La situazione nel territorio del sindaco Stefanelli, come rappresentato dagli arresti di ieri dei due appartenenti ai nuovi casalesi che operavano ed erano inseriti nel tessuto commerciale ed economico di Minturno, presenta caratteri molto gravi e delicati. Anche in ragione di fatti come l’esplosione di ordigni o investimenti cruenti che, sebbene non sia dimostrato avere addentellati con la camorra, non devono mai essere sottovalutati. E mai, aggiungiamo noi, si deve colpire chi li racconta e li denuncia cercando di gettare discredito accusando di partigianeria politica (nel video il sindaco di Minturno allude a un non meglio precisato legame di Latina Tu a un certo mondo politico: affermazione fantasiosa e fuorviante).