INCENDI, RISSE E MINACCE NELLA PALAZZINA “SCOMODA” DEL CAFFÈ TIRRENO

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Caffè Tirreno, Formia

La mano che impugnava il pennarello bianco per scrivere la minaccia di morte dura, durissima, rivolta al 56enne Raffaele Albano, titolare del Caffè Tirreno a Formia, è quella di un componente della famiglia Esposito-Giuliano, che abita nella stessa palazzina all’ultimo piano dell’edificio che poggia sullo storico Caffè Tirreno in via Vitruvio 240. Nullafacente e già noto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti di polizia, il 36enne M. E. è stato denunciato dai carabinieri dopo essere stato riconosciuto responsabile delle minacce di morte rivolte all’imprenditore formiano (“Bastardo Raffaele Bar Tirreno attento che muori”) grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza proiettate verso l’ascensore della medesima palazzina in cui coabitano le due famiglie. Modalità inquietanti se si pensa allo sprezzo del pericolo di poter essere riconosciuto anche da una telecamera di sorveglianza presente a ridosso dell’ascensore

Il Caffè Tirreno e la proprietà non si trovano per la prima volta ad essere protagonisti di fatti inquietanti loro malgrado. Era infatti il 12 giugno del 2016 quando in piena notte qualcuno ha cosparso un liquido infiammabile, dapprima presso i cassonetti della raccolta differenziata posizionati nella adiacente via Nerva, e poi ha proseguito la traccia del liquido lungo il perimetro del bar. Il tempestivo allarme di un residente e l’intervento dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine ha consentito di evitare un bilancio peggiore. Non si è saputo chi volesse incendiare il bar.

Tornando all’attualità, restano ancora sconosciute le motivazioni che hanno portato il denunciato a scrivere una tale frase, eppure non possono passare in secondo piano le modalità violente, brutali e intimidatorie del messaggio riportato dalla scritta che, secondo la vittima, non è riconducibile a dinamiche estortive. Non a caso la famiglia Giuliano – imparentata con gli Esposito – è individuata dalla direzione investigativa antimafia, già da molti anni e in ultima analisi nella recente relazione pubblicata pochi giorni fa, come uno dei gruppi criminali presenti sul territorio: “Già l’operazione “Sfinge” del 2010 – recita la relazione -, condotta dalla Polizia di Stato, aveva fatto luce sull’operatività di un’organizzazione camorristica, alleata con il clan dei CASALESI, che aveva riproposto il modello criminale tipico del casertano, per il controllo del traffico di stupefacenti e delle estorsioni, nei territori di Latina e Roma. Negli anni, nella provincia di Latina le indagini hanno fatto registrare la presenza, soprattutto sul litorale, dei gruppi campani riferiti ai BARDELLINO, ai BIDOGNETTI, ai GIULIANO, ai MALLARDO ed ai LICCIARDI”.

Ma il Caffè Tirreno, noto e frequentatissimo locale nel centro della via principale e a pochissimi passi dal palazzo comunale, meglio noto come bar Tirreno e per questo vero e proprio crocevia di ogni categoria sociale presente in città, è stato suo malgrado palcoscenico di altri episodi di inaudita violenza. Chi era presente non può certo dimenticare ad esempio quando l’8 giugno 2013 un altro componente della famiglia Esposito-Giuliano fu immobilizzato e aggredito addirittura da due componenti della famiglia Bardellino. Una sorta di spedizione punitiva, una resa dei conti avvenuta per rendere al primo quanto avvenuto solo poche sere prima al di fuori di un altro bar, il Bar Elsa, con un’altra rissa ben più affollata. Una aggressione repentina e violenta, che avrebbe potuto sfociare in ben altro, e fortunatamente interrotta anche grazie all’arrivo della polizia. Tutto sarebbe cominciato da un altro episodio, avvenuto ancor prima, che aveva visto vittima di un’altra aggressione da parte dei Bardellino, proprio lo stesso Esposito che ha lasciato la minaccia di morte rivolta al Tirreno.

Il deputato Andrea Colletti

Insomma una escalation di violenza inopportuna anche per chi ha interesse ad operare nel silenzio e che ha fatto tremare le gambe alla città circa una possibile faida tra famiglie. Un rischio e una paura concreti che appena un mese dopo l’allora deputato del MoVimento Cinque Stelle Andrea Colletti riportò in una interrogazione parlamentare rivolta al Presidente del Consiglio (Enrico Letta), al Ministro dell’Interno e al Ministro della Giustizia, affermando che: “vi sono infatti i presupposti perché si scateni a Formia una guerra di camorra tra i clan Esposito/Giuliano o Bardellino, entrati in conflitto per motivi legati ad interessi economici concorrenti ed al massiccio traffico di stupefacenti praticato da entrambi nel Sud Pontino; il rischio di una escalation di atti di violenza è molto elevato, come lasciano presagire le risse e gli avvertimenti di stile camorristico susseguitisi nelle ultime settimane di fronte ad alcuni bar della città, come riportato dalla stampa locale –: (interroga, ndr) se i Ministri, per quanto di propria competenza, intendono adottare con urgenza ogni misura di polizia idonea a prevenire un’eventuale guerra di camorra nella città di Formia e, più in generale, nel Sud Pontino, anche attraverso l’avvio di verifiche patrimoniali a tappeto e con l’ausilio di reparti specializzati quali i gruppi di investigazione sulla Criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza”.

A sinistra Pasquale Vastarella in piazza Santa Teresa

Le acque si calmarono. Per meno di un anno e mezzo perché il 25 novembre del 2014, il 18enne Pasquale Vastarella, appartenente alla famiglia Giuliano-Esposito, accoltella al petto, recidendo due arterie e perforandogli il polmone, un 21enne, dopo averlo rincorso da piazza Santa Teresa e raggiunto alle spalle del Comune, a causa di un debito di droga. Verrà condannato a 5 anni e mezzo. Ma la cronaca degli episodi non termina qui perché è il 19 luglio 2016, quando un netturbino della Frz (ndr: Formia Rifiuti Zero, la società del Comune di Formia che si occupa di igiene urbana) viene aggredito da un esponente della medesima famiglia, mentre secondo disposizioni aziendali fotografa il conferimento scorretto dei rifiuti differenziati sul lungomare di Gianola. Un fatto a cui seguirono le parole di solidarietà del sindaco, dell’associazione antimafia Caponnetto e del sindacato Usb.

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