RELAZIONE SHOCK DELLA DIA SULLE MAFIE A LATINA E NEL GOLFO DI GAETA: “SILENTE INFILTRAZIONE”

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Dia

Focus sulla Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia che coinvolge il territorio pontino.

“La presenza della criminalità organizzata nel Lazio si manifesta innanzitutto nelle aree urbanizzate ed in prossimità dei grandi centri di distribuzione delle merci – come il mercato ortofrutticolo di Fondi”.

Inizia con queste parole il capitolo dedicato al Lazio contenuto nella periodica relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia consegnata dal Ministero dell’Interno al Parlamento e resa pubblica, riferita al primo semestre del 2018. A Fondi perché la presenza di uno snodo commerciale come il Mof consente importanti agevolazioni nei traffici criminali dei clan.

Non solo i camion e le strade, dunque, ma anche “i porti marittimi – ove risulta più agevole e meno rischioso perseguire le attività criminali”. In particolare, lasciando il focus sul sudpontino, “anche in provincia di Latina si rileva una silente infiltrazione della ‘ndrangheta e della camorra, anche in questo caso richiamata nella citata Relazione conclusiva della “Commissione parlamentare antimafia”.

Vincenzo Macrì del clan Commisso

CAMORRA E NDRANGHETA TRA LATINA E FONDI. “In particolare, sarebbe emersa, negli anni, la presenza degli ALVARO di Sinopoli (RC) e dei reggini BELLOCCO e TRIPODO ad Aprilia, nonché dei vibonesi LA ROSA-GARRUZZO a Fondi. Con l’operazione “Acero Connection-Krupy”, conclusa nel 2015 con l’arresto di 54 persone, si è avuta conferma dell’operatività delle cosche AQUINO-COLUCCIO di Marina di Gioiosa Ionica (RC) e COMMISSO di Siderno (RC). Il gruppo criminale aveva costituito una società, con sede legale a Roma e base operativa a Latina, attiva nel commercio florovivaistico con l’Olanda, funzionale ad occultare cocaina a bordo dei Tir utilizzati per il trasporto dei fiori. Nello stesso contesto investigativo, nel 2017, sono stati sequestrati beni per 30 milioni di euro.

Alba Pontina

Per quanto attiene ad altri sodalizi, l’area pontina, ed in particolare la città di Latina, risentono anche della presenza delle famiglie di origine sinti – come i DI SILVIO ed i CIARELLI – ormai stanziali sul territorio. Ne è una recente testimonianza l’operazione “Alba Pontina” della Polizia di Stato, che il 12 giugno 2018 ha condotto all’arresto di 25 soggetti, appartenenti al clan DI SILVIO, attivo nella zona di Campo Boario di Latina e noto per i vincoli di parentela con la famiglia dei CASAMONICA, insediata invece a sud della capitale. L’organizzazione si era specializzata nell’acquisizione, mediante intimidazioni, delle attività economiche del posto. Il capoluogo pontino è segnato dall’operatività anche di altre organizzazioni criminali. L’operazione “Arpalo”, conclusa il 16 aprile 2018 dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di finanza, ha fatto luce su un’associazione a delinquere che aveva realizzato frodi fiscali per circa 200 milioni di euro, utilizzando anche società fittizie costituite in Svizzera e a Latina, grazie al contributo dell’ex deputato di Fratelli d’Italia Pasquale Maietta, definito dalla relazione Dia come “un commercialista vicino alla famiglia dei DI SILVIO”.

FORMIA E GAETA PROVINCIA DI CASAL DI PRINCIPE. L’ex boss dei Casalesi Carmine Schiavone, poi divenuto collaboratore di Giustizia, prima di morire nel 2015 aveva spesso ricordato come in particolare Formia e Gaeta potessero essere considerate delle colonie dell’impero criminale camorristico dei Casalesi, dove i boss vivono, trafficano e lo fanno in silenzio, quasi sempre senza sparare, e perciò la relazione riferisce di una “silente infiltrazione”. Ciò nonostante non mancano i colpi di arma da fuoco come quando “il 12 gennaio 2018 è stato individuato ed arrestato a Formia (LT), dopo un conflitto a fuoco con i Carabinieri, un latitante, affiliato al clan RANUCCI di Sant’Antimo (NA)“. Meno colpi di arma da fuoco dopo un passato turbolento, Gaeta è spesso luogo di cronache, in particolare per le latitanze e gli affari: “il 31 gennaio 2018 – prosegue la relazione -, è stata tratta in arresto, a Gaeta (LT), una donna, madre di un affiliato al clan DE MICCO, del quartiere napoletano di Ponticelli”.

Un momento del sequestro di beni nell’enorme parco mezzi di Vincenzo Zangrillo

CELLULE AUTOCTONE DI CAMORRA: LA CONFISCA A ZANGRILLO. Si descrive un livello di possesso del territorio da parte, soprattutto, della camorra a tal punto che nascono delle vere e proprie cellule autonome che operano sì per conto dei clan, ma con rinnovata autonomia operativa, come accaduto per l’imprenditore formiano Vincenzo Zangrillo e per il quale la Dia scrive: “Sintomatica del grado di permeabilità del territorio in parola è la confisca, eseguita il 21 febbraio 2018 dalla DIA di Roma, del patrimonio circa 20 milioni di euro riconducibile ad un imprenditore vicino al clan dei CASALESI – gruppo BIDOGNETTI, impegnato in molteplici attività, quali la gestione di cave di marmo, il trasporto di merci su strada, lo smaltimento di rifiuti e il commercio di autoveicoli”. E ancora il conclamato clan deangelisiano, tornato in auge dopo lo strapotere territoriale degli anni ’90 in particolare a Formia, con l’operazione “Verde Bottiglia” che ha consentito alla DIA – si legge nella relazione – di procedere al sequestro preventivo, effettuato nei comuni di Castrocielo, Cassino ed Aquino, nonché a Formia (LT), Gaeta (LT), Roma e L’Aquila – di un patrimonio di circa 90 milioni di euro, riconducibile al clan dei CASALESI, accumulato prevalentemente con l’importazione illegale di auto dalla Germania”.

“Il litorale pontino – riassume dunque la Dia – rappresenta una zona di insediamento anche dei sodalizi campani. Già l’operazione “Sfinge” del 2010, condotta dalla Polizia di Stato, aveva fatto luce sull’operatività di un’organizzazione camorristica, alleata con il clan dei CASALESI, che aveva riproposto il modello criminale tipico del casertano, per il controllo del traffico di stupefacenti e delle estorsioni, nei territori di Latina e Roma. Negli anni, nella provincia di Latina le indagini hanno fatto registrare la presenza, soprattutto sul litorale, dei gruppi campani riferiti ai BARDELLINO, ai BIDOGNETTI, ai GIULIANO, ai MALLARDO ed ai LICCIARDI.

CAMORRISTI SEMPRE PIÙ GIOVANI, EMERGENZA SUD. Ma se c’è uno scenario ancora più preoccupante della cronaca, disegnato dalla relazione, è quello relativo alla “capacità attrattiva”, così la chiama la Dia, che le mafie hanno sui più giovani, che in numero sempre maggiore si avvicinano, si affiliano e scalano posizioni di potere, specie nelle aree più povere e senza opportunità di crescita e di lavoro come chiaramente nel meridione: “Su come, in particolare, le mafie continuino ad avere “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni: non solo nel caso in cui esse siano espressione diretta delle famiglie, ma anche e soprattutto quando esse facciano parte di un bacino di reclutamento più generale da cui attingere manovalanza criminale. Una distinzione che va sottolineata perché se da una parte pone la questione della successione nella reggenza delle cosche, dall’altra non appare certamente disgiunta da una crisi sociale diffusa che, soprattutto nelle aree meridionali, non sembra offrire ai giovani valide alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa…il sistema mafioso trae la linfa necessaria alla sua rigenerazione nei soggetti più giovani (“18 – 40 anni”), impiegati in professioni poco qualificate o senza occupazione”.

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