INCENDIO AL NICOLOSI: AGGREDITO E USTIONATO UN DI SILVIO

Il sistema di videosroveglianza che aveva Antonio Di Silvio detto Cavallo dentro lasua abitazione al Nicolosi. L'impianot fu sequestrato a marzo 2021 dalla Polizia di Stato
Il sistema di videosroveglianza che aveva Antonio Di Silvio detto Cavallo dentro la sua abitazione al Nicolosi. L'impianto fu sequestrato a marzo 2021 dalla Polizia di Stato

Aggressione ai danni di un membro della famiglia Di Silvio: l’uomo è rimasto ustionato dentro la sua casa al Nicolosi

Agli arresti domiciliari a causa di una condanna per rapina, Antonio Di Silvio detto “Cavallo”, 56 anni, non uno dei membri più in vista della famiglia ma già noto alle cronache e alle aule giudiziarie, è stato trasportato d’urgenza all’ospedale Santa Maria Goretti per via delle ustioni riportate.

Secondo una prima ricostruzione, l’innesco dell’incendio sarebbe stato azionato da una persona che avrebbe avuto l’intento di colpire la casa di “Cavallo” e attentare alla vita dell’uomo. L’uomo, aprendo la porta di casa, sarebbe stato raggiunto da una bottiglia piena di liquido infiammabile tipo molotov che ha dato il via all’incendio. Una ritorsione quasi riuscita se non fosse stato per l’intervento immediato del 118 che hanno soccorso l’uomo e dei Vigili del Fuoco che hanno spento l’incendio.

La casa di “Cavallo” nel quartiere Nicolosi

Sul caso indagano il sostituto procuratore Antonio Sgarrella e i Carabinieri che si sono recati nell’appartamento di “Cavallo”, figlio di Carmine Di Silvio detto Lallo, che si trova nel quartiere Nicolosi in Via Grassi. Sin da subito è stato fermato dai militari dell’Arma un uomo ritenuto l’autore del gesto e con precedenti per rapina e altri reati: si tratta del 44enne Angelo Sinisi, noto alle cronache e alle Forze dell’Ordine.

A marzo 2021, la Polizia aveva sequestrato in casa di “Cavallo” un sistema di video-sorveglianza con cui l’uomo controllava l’esterno dell’abitazione nel mezzo del quartiere di fondazione. Segno che l’uomo temesse qualche attacco. L’uomo aveva creato in cucina una vera e propria sala di controllo, dalla quale con un monitor e un videoregistratore era in grado di controllare quanto accadeva fuori, così facendo sorvegliava le persone in transito nonché le Forze di Polizia. Nella stessa abitazione, sempre durante i controlli avvenuti a marzo 2021, i poliziotti avevano arrestato due familiari dell’uomo per reati concernenti gli stupefacenti: il nipote omonimo Antonio Di Silvio e la moglie di quest’ultimo Stefania De Silvio. “Cavallo” era stato denunciato all’autorità giudiziaria mentre tutto il materiale è stato posto in sequestro.

E la pista degli stupefacenti potrebbe essere anche stavolta la chiave di lettura di questo episodio, sempre che sia confermata la prima ricostruzione dell’attentato ai danni di “Cavallo”. Infatti, già nel 2015, a subire un attentato incendiario fu il figlio di “Cavallo”, Carmine Di Silvio, proprio sul pianerottolo della sua abitazione al Nicolosi.

A spiegare la causa, il movente e la mano dell’attentato è stato collaboratore di giustizia Andrea Pradissitto in uno dei verbali resi all’Antimafia da quando ha scelto di collaborare con lo Stato (ossia dal 2021). Pradissitto, genero di Ferdinando “Furt” Ciarelli, ha parlato di quell’episodio al Nicolosi “de relato”, in quanto a spiegargli la circostanza sarebbe stato l’autore dell’attentato stesso: Davide Tomassini, giovane vicino ai Travali e al fratello di questi Alessandro Anzovino.

Da premettere che la zona del Nicolosi è stata da sempre terreno da caccia per i clan che si sono susseguiti nel controllo della più grande piazza di spaccio a Latina, mettendo sotto regime i pusher nordafricani. Prima i Travali e poi i Di Silvio capeggiati da “Lallà” hanno messo le tende e monopolizzato lo spaccio nell’area.

Ebbene Pradissitto, riportando quando gli avrebbe detto Tomassini, ha spiegato che: “I Travali avevano costituito una piazza di spaccio nell’area di Santa Maria Goretti. Davide Tomassini chiamato Davidone in un periodo era detenuto con me e Pupetto Di Silvio a Latina. Una volta abbiamo letto le lettere che gli mandava Angelo Travali in carcere. Pupetto Di Silvio picchiò selvaggiamente Tomassini per fargli dire che rapporti aveva con i Travali. Tomassini dopo essere stato picchiato per 4 o 5 ore disse che era stato mandato da Angelo Travali detto Palletta a bruciare la casa di Antonio Di Silvio detto Cavallo che aveva un appartamentino nell’area di Santa Maria Goretti. La ragione del viaggio punitiva era dovuta al fatto che Di Silvio Antonio spacciava nella stessa zona dove spacciava la sorella Valentina Travali e loro non volevano poiché stavano prendendo sempre più potere. La casa é stata effettivamente incendiata poiché Antonio Di Silvio e il figlio si salvarono per miracolo. Il lavoro fu fatto bene da Tomassini. Il periodo era la fine del 2015. Valentina Travali lavorava per i fratelli in quel periodo, era intranea al gruppo. Questa informazione l’ho saputa dallo stesso Tomassini”.

La stessa Travali, recentemente finita in carcere nell’ambito dell’operazione “Status Quo”, è stata condannata nel processo “Alba Pontina” nel quale è tratteggiata come pusher al servizio dei Di Silvio di Campo Boario dopo che i fratelli Travali erano finiti in carcere per via dell’operazione “Don’t Touch”.

Per arrivare alla soluzione dell’incendio di oggi 18 maggio, gli investigatori tengono in conto di tali episodi del passato che nascondevano violenze per via degli affari legati allo spaccio. La pista del debito di droga è quella più papabile.

AGGIORNAMENTO: L’indiziato Angelo Sinisi è stato arrestato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Latina con l’accusa di tentato omicidio.

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