GAETA. OMICIDIO AMELIO: ERGASTOLO PER I 5 DEL CLAN POLVERINO

Enrico Amelio, l'imprenditore di Mugnano con la residenza a Gaeta: fu ucciso a Quarto da un commando del clan Polverino il 10 ottobre 2006
Enrico Amelio, l'imprenditore di Mugnano con la residenza a Gaeta: fu ucciso a Quarto da un commando del clan Polverino il 10 ottobre 2006

La Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha condannato all’ergastolo Giuseppe Polverino, Salvatore Liccardi, Salvatore Simioli, Salvatore Cammarota e Claudio De Biase per l’omicidio di Enrico Amelio

I condannati per l'omicidio dell'imprenditore Enrico Amelio
I condannati per l’omicidio dell’imprenditore Enrico Amelio

Tutti e cinque erano imputati nel processo per l’omicidio di Enrico Amelio, l’imprenditore edile di Mugnano ma residente a Gaeta quando rimase vittima del brutale agguato avvenuto il 10 ottobre del 2006.

L’uomo fu avvicinato dal killer assoldato dai Polverino nei pressi della scuola Gioberti di Quarto (provincia di Napoli) e fu colpito da tre proiettili alla gamba destra e un altro alla gamba sinistra che si rivelò essere fatale poiché recise l’arteria femorale.

La dinamica dell’omicidio non fu di facile ricostruzione tanto è che le indagini rimasero per tanto tempo bloccate a causa dell’assenza di piste investigative. Successivamente, la svolta avvenne grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tutti e due ex elementi del clan Polverino.

Nel 2017, a distanza di undici anni dall’omicidio, infatti, è potuto iniziare il processo a carico di sei indagati, compreso Gaetano D’Ausilio un pentito ex affiliato del clan Polverino, condannato anche lui (12 anni) e reo confesso di essere stato specchiettista del gruppo di fuoco.

D’Ausilio svelò agli investigatori i retroscena dell’omicidio di Enrico Amelio: a sparare 4 volte contro l’imprenditore edile fu Claudio De Biase, mentre gli specchiettisti che attirarono nella trappola al Corso Italia (a Quarto) furono Salvatore Liccardi detto “Pataniello” e lo stesso Gaetano D’Ausilio.

Enrico Amelio era andato a trovare lo zio, Leonardo Carandente Tartaglia, quando fu avvicinato nei pressi della scuola media statale “Piero Gobetti”: non poteva sapere che dopo poco si sarebbe ritrovato agonizzante nella rianimazione dell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli.

I mandanti furono individuati nel capoclan Peppe Polverino detto “‘O
Barone”, con il supporto di Salvatore Simioli e Salvatore Cammarota.

Fu così che dalle indagini emerse che Enrico Amelio fu ucciso perché lo zio, era intenzionato ad acquistare alcuni fondi a Quarto, in via Marmolito, nella zona conosciuta come la Macchia, sui quali anche i Polverino avevano
messo gli occhi.

L’affare era da tre milioni di euro e, facendo gola ai Polverino, questi stessi non tolleravano l’intromissione della famiglia del costruttore. 

Eppure, non tutto ancora era stato spiegato. Ecco perché fu un altro collaboratore di giustizia, nello svolgimento del processo dinanzi alla Corte d’Assise di Napoli (quarta sezione), Roberto Perrone, a ricostruire definitivamente la vicenda.

Per anni braccio destro del boss Giuseppe Polverino e uomo di riferimento di quest’ultimo a Quarto, Perrone spiegò di aver appreso dalla televisione della morte di Amelio (che conosceva) mentre era in carcere e di avere, in una fase successiva, parlato dell’episodio con Castrese Paragliola, sempre durante il periodo della sua detenzione. “Fu Paragliola a confermarmi che ad uccidere Enrico Amelio erano stati gli uomini del clan Polverino“, ribadì in videoconferenza. Confermò, poi, che l’imprenditore pagò con la vita perché lo zio, Leonardo Carandente Tartaglia, avrebbe voluto investire su alcuni terreni, situati nel comune di Quarto, oggetto degli interessi della fazione criminale capeggiata dal “Barone”.

Quella che doveva essere una “lezione” con la gamibizzazione di Amelio, si trasformò tragicamente in un omicidio. La punizione fu sollecitata – secondo quanto ricostruito da Perrone – da Nicola Imbriani, altro storico affiliato al clan Polverino e già destinatario di una condanna per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.
Uscito dal carcere – raccontò Perrone – approfondii la vicenda dell’omicidio Amelio. Seppi che Imbriani aveva chiesto a Giuseppe Polverino di dare una lezione ad Enrico, poiché quest’ultimo non era riuscito a convincere lo zio a non immischiarsi in un affare per l’acquisto di alcuni terreni nel comune di Quarto“.

“Giuseppe Polverino – sostenne Perrone – accontentò Imbriani, che si era sentito offeso per il comportamento di Amelio”. 

Articolo precedente

NUOVO IMPIANTO RIFIUTI A MAZZOCCHIO. I SINDACI DI PRIVERNO, SONNINO E ROCCASECCA INSORGONO: “SIAMO STATI ESCLUSI DALLE DECISIONI”

Articolo successivo

CESARE DE ROSA CONDANNATO MA GIÀ FUORI DAL CARCERE: CONCESSI I DOMICILIARI

Ultime da Giudiziaria