“Consuetudo contra legem”, per dirla come i saggi fondamenti del diritto, è quell’abitudine ad agire in un certo modo seppur contro le disposizioni di legge, cosicchè quella certa azione non produca alcun effetto giuridico. Operare in senso contrario alla legge, diventa dunque una consuetudine laddove il valore della regola comune, che una comunità si da per la civile convivenza – altrimenti sarebbe una jungla – viene sistematicamente calpestata dal proprio agire.
Come dite? Dobbiamo fare un esempio? Beh non è così facile, ma accorrono in nostro aiuto due persone che le regole dovrebbero conoscerle per bene, visto che hanno rappresentato e rappresentano da tempo le istituzioni: l’uno ha fatto il consigliere comunale per molti anni – ancora oggi lo è -, il componente della segreteria di un assessore regionale e pure il candidato consigliere regionale, e un altro è stato consigliere comunale – ancora oggi lo è – ha fatto pure l’assessore e persino il candidato sindaco. Avete indovinato chi sono? No? Antonio di Rocco e Claudio Marciano.
Due veri formiani, due al servizio della propria città da molto tempo, nonostante la giovane età, due che hanno avuto come maestri di scuola politica e come fari nei rispettivi cammini nelle istituzioni contemporanee, personaggi del calibro di Michele Forte e Sandro Bartolomeo. E si vede. Due che si posizionano dalle parti opposte della barricata, ma solo in apparenza, perchè sono così diversi ma pure così uguali. Basta leggere – non nel contenuto – ma nella forma e nel senso profondo del loro messaggio, ciò che hanno scritto negli ultimi giorni, prima Di Rocco e poi Marciano. Hanno lasciato in pasto all’opinione pubblica due questioni così diverse e pure così uguali, proprio come loro. Due attacchi all’amministrazione comunale in carica, che hanno quindi il taglio dell’attacco politico (e ci mancherebbe), ma che sono finite per l’essere un disvelamento reale della propria vera identità e del senso profondo di un certo agire politico che ha contrassegnato l’ultimo trentennio della vita politica formiana.
Tre giorni fa ha iniziato questa “Operazione Verità” il consigliere della Lega di Formia, Antonio di Rocco, che ha puntato l’indice contro la cattiva politica formiana, la scarsa attenzione ai cittadini e agli imprenditori formiani, che secondo Di Rocco e la Lega sono stati messi da parte nell’affidamento degli appalti. “Prima i formiani”, il mantra geotipico leghista, come direbbe il “suo” amico Salvini, non viene venerato a Formia, e così alle gare per l’affidamento dei servizi per la manutenzione del verde, delle strade e delle scuole non vengono invitate le ditte formiane. Le ditte amiche, potremmo dire. “In un momento di grave crisi economica come quella che stiamo attraversando – aggiungono i leghisti formiani (sic!) – non invitare le ditte locali alle gare, aziende che hanno dipendenti locali e che quindi spendono il loro stipendio su Formia, è davvero inquietante“. A dire il vero l’unica cosa inquietante che riusciamo a leggere in queste parole è l’enorme gaffe, o forse lapsus freudiano, compiuto da Di Rocco.
E infatti il sindaco di Formia Paola Villa non tarda a replicare che “tutte le gare sono state avviate in osservanza ai principi generali di cui all’art. 30 del Codice dei Contratti DLgs 50/2016 nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti, rispettano i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità nonché di pubblicità…” e “l’affidamento e l’esecuzione di lavori e servizi e forniture di importo inferiore alle soglie avvengano nel rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione“. Ma Di Rocco di quali inviti parla e evidentemente di quali ditte? Ha solo fatto confusione o invece ha pensato di ammonire la Villa mostrando qual’è la propria personalissima strada maestra da seguire negli affidamenti, praticata in tanti anni di politica nella maggioranze del sindaco Forte?
Per qualche ora l’ansia che questa domanda restasse senza risposta, che questo dubbio non fosse mai disvelato, ha assalito la città intera, ma per fortuna ci ha pensato Claudio Marciano ad arrivare in soccorso nostro e di Di Rocco, come nelle migliori storie di amore e odio tra protagonisti e antagonisti. Anche Marciano, dai banchi dell’opposizione, e dal pulpito di Facebook, si è scagliato contro l’amministrazione comunale, al motto di “Bartolomeo: no tu no”, lasciando già presagire l’ennesima carognata ordita contro il povero ex sindaco Sandro Bartolomeo, compiuta a suo dire, come fosse una vendetta, dalla giunta in carica. Marciano denuncia infatti che l’attuale giunta si è costituita in giudizio contro l’avvocato di Bartolomeo, che chiede di essere pagato perchè nominato dall’ex sindaco per difenderlo nel procedimento penale, sulla vicenda Impero Romano (abuso d’ufficio e voto di scambio). Così come infatti la legge permette a tutti gli ex amministratori della pubblica amministrazione che si dimostrino innocenti dalle accuse dalle quali sono costretti a difendersi, contando sulle casse del Comune per pagare le proprie spese legali. Ma perchè una tale cattiveria ci chiediamo noi, perchè questa insopportabile violazione dei diritti umani nei confronti di Bartolomeo? Ce lo dice lo stesso Marciano: “Una squallida motivazione burocratica”, la chiama l’avvocato d’ufficio di Bartolomeo. Ciò che Marciano non dice però è che per avvalersi di questo diritto è necessario rispettare prima un dovere, ovvero una procedura molto chiara secondo la quale il nominativo dell’avvocato deve essere dapprima indicato e poi approvato dalla giunta in carica per evitare nomine interessate o altre ragioni di incompatibilità, inopportunità (magari parentele e nomi scomodi e chissà cos’altro). Non è chiaramente il caso dell’avvocato Luca Scipione e della sua parcella da 8mila euro circa, ma “il dottor Bartolomeo – ha poi replicato il sindaco Villa – non ha seguito l’iter previsto che prevede una richiesta ‘di gradimento del legale prescelto, proprio per impedire questioni di inopportunità, perché la Corte dei conti possa avere da eccepire sulla richiesta di compenso”.
Certo che noia queste regole! Vai a vedere che ora solo perchè Bartolomeo ha fatto come gli pareva, senza rispettare una regola che ben conosceva e che altri hanno rispettato prima e dopo di lui – lui che era sindaco e lo è stato a lungo – non può rivendicare un diritto senza però prima aver assolto un suo dovere? A Marciano sembra così strano, anzi “cattivo”, che, come per Di Rocco, comprendiamo il perchè. Per questi politici locali di professione il loro ruolo è come una specie di chiave della città, un passpartout, con la quale superare le norme, dimenticare le regole, godere dei diritti e poi gridare – se qualcuno glielo fa notare – pure alla lesa maestà tipica del “lei non sa chi sono io”. Tanto è vero che persino un altro degli imputati di quel procedimento penale Gino Forte, ex dirigente del settore ambiente del Comune di Formia commenta il post di Marciano e lo ammonisce affermando: “non è cosi. È stata una dimenticanza … voluta ….. procurata o cercata? Chissà … prova ad approfondire oppure un accesso agli atti ….. !!!! Comunque il dott. Bartolomeo ha la mia totale solidarietà”.
Certo questi ultimi tre giorni di dibattito politico formiano una riflessione la meritano. Quanto tempo, fiato, parole e impegno questi navigati uomini delle istituzioni e della politica al servizio del bene spendono per le proprie battaglie, per le proprie bandiere, per le proprie squadre, per i propri amici e per i propri interessi. Battaglie in nome della legalità e del rispetto di certe regole che sono quelle che interessano loro, perchè le altre sono solo “squallide motivazioni burocratiche”. Ma dove erano questi novelli don chisciotte quando si devastavano le casse del Comune, quando andavano in frantumi milioni di euro con la Formia Servizi, quando si cementava il territorio, quando si costruiva uno stadio inutile, quando la camorra si impossessava del commercio cittadino, quando una ragazza veniva quasi uccisa di botte da un membro della famiglia Bardellino e un altro finiva in galera per estorsione aggravata, quando un membro della famiglia Esposito minacciava il titolare di un noto bar del centro, e molti di questi ultimi davano vita a risse violente a pochi metri dal Comune. Quando si buttavano decine di milioni di euro per la progettazione del porto turistico Marina di Cicerone, o quando all’interno degli uffici comunali sembrava una gara tra dirigenti e funzionari a chi violava più regole e calpestava quotidianamente le istituzioni come dicono decine e decine di pagine di note relazioni di svariati tecnici e segretari comunali. E come ricordava quella del compianto Vito Tatò, ragioniere dello Stato, proprio sull’enorme operazione di stabilizzazioni di persone assunte al Comune di Formia per mano di Forte e Bartolomeo, paladini della legalità a giorni alterni. Dai padri della “Consuetudo contra legem” ai figli della “Consuetudo praeter legem”.