MODELLINI, ELEZIONI E CHAMPAGNE: IL PORTO TURISTICO DI FORMIA È UN FLOP DA 72 MILIONI DI VANTAGGI (CAP. 2)

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porto turistico di Formia

Circa 620 imbarcazioni, dai 12 ai 70 metri, avrebbero reso Formia, uno dei principali snodi marittimi per la nautica da diporto dell’intero Mediterraneo. La città sarebbe entrata nell’elitaria rosa dei maggiori e più prestigiosi porti del Mediterraneo, ricoprendo nel centro Italia una posizione strategica nelle tratte con Montecarlo, Tunisi, La Valletta, Barcellona, Valencia, Rodi, Palma di Maiorca, le isole Egadi, la Sardegna. Insomma una svolta epocale per il territorio, promessa dalla società costituita appositamente nel 2008 per la costruzione del porto turistico di Formia, ovvero la Marina di Cicerone Spa, composta dal gruppo Ranucci Partecipazioni e Finanziaria di Roma al 50 percento (che fa riferimento a Raffaele Ranucci, nato a Formia, senatore dal 2008 al 2013 poi escluso dal Pd alle elezioni del 2018, e che nel 2016 ha donato al Comune di Formia una proprietà prospiciente l’area dove sarebbe dovuto sorgere il porto di grande pregio archeologico), da Impresa Pietro Cidonio di Roma al 40 percento e dalla Sacen srl di Napoli al 10 percento.

Tra sei giorni saranno passati esattamente 17 anni da quando il Consiglio comunale di Formia inserisce nel proprio elenco annuale dei lavori la proposta di Ranucci – denominata “Recupero delle aree portuali e delle aree archeologiche adiacenti” – poi approvata nell’ottobre 2004 come progetto preliminare. Solo l’8 marzo del 2010 viene sottoscritto il contratto di concessione e affidato l’incarico alla società costituita allo scopo Marina di Cicerone, che si occuperà di un progetto dal valore di 129 milioni complessivi, per realizzare l’infrastruttura a mare e attrezzare oltre 22mila metri quadrati a terra, con attività commerciali, turistiche, ricettive, residenziali e molto altro. Risultato? Un enorme buco nell’acqua, nemmeno uno straccio di cantiere aperto, chissà quanti soldi buttati, andranno certamente stimati e recuperati, ma nessuno ne parla. Anzi uno ne parla, è il segretario comunale di Formia Alessandro Izzi che dedica un corposo capitolo della sua recente pubblicazione sulle verifiche interne al Comune di Formia circa il progetto del porto turistico e che sarà il nostro secondo capitolo del reportage dedicato alla sua durissima relazione.

E ne parla Izzi come tutti noi ci aspettiamo che faccia. Troppo in fretta si sono stappate addirittura le bottiglie di spumante nelle sale comunali (con Michele Forte e l’urbanista coordinatore del progetto Levino Petrosemolo che oggi cura persino un blog a tema su Il Fatto Quotidiano) rendendo il progetto del porto turistico l’ennesimo specchietto per le allodole formiane, sempre pronte con il loro voto ad alimentare le spartizioni politiche e gli scatti di carriera dei mammasantissima della politica locale. Dalla Littorina, alla Pedemontana, dagli approdi crocieristici ai parchi archeologici, dagli ospedali del Golfo ai lanci su Marte, qualcuno ne traeva beneficio da dentro la macchina amministrativa, dissipando risorse, giocando a rimpiattino, gonfiando i costi di progetti, troppi, ai quali non sono mai seguite le opere attese. Ingenti danni economici, soldi che sarebbero serviti allo sviluppo, alla crescita, all’occupazione o anche alla semplice manutenzione di una città della quale oggi tutti si lamentano per la sua arretratezza.
Allo stesso modo il porto turistico, lo dice chiaramente Izzi, presenta “possibili profili di danno a carico dell’Erario Comunale di notevole entità”.

Un’immagine del rendering dell’area portuale a terra

Il fatto più assurdo è che sebbene l’approvazione dell’incarico, come abbiamo detto, risalga al 2010, solo ben 8 anni dopo, dunque nel gennaio del 2018, il responsabile unico del procedimento per il Comune – l’architetto Roberto Guratti – protocolla una nota con la ricostruzione cronologica dei fatti che hanno riempito questi anni.
Emerge che nell’ottobre 2017 il Comune minaccia la società di applicare penali o ritirare il mandato per costruire l’opera visti i ritardi nel superamento dei vari step burocratici, come la valutazione ambientale strategica. Ma il legale della società, l’avvocato Pellegrino, fa sapere che i ritardi sono dovuti alla mancata consegna dei terreni entro i 24 mesi dall’aggiudicazione. Una circostanza che, risponde il Comune, sarebbe stata dovuta al fatto che nel frattempo il progetto era stato modificato rispetto all’originaria approvazione del Consiglio comunale nel 2004. Così senza entrare nei dettagli, questa modifica, approvata nel giugno 2011, innesca tutta una serie di adempimenti burocratici che la società si attarda a compiere, mancando di rispondere al Comune in ragione dlle richieste e dei solleciti inviati. A questo punto va registrato un comportamento quantomeno infantile della società che, dapprima nel settembre 2015, per bocca del sindaco Sandro Bartolomeo afferma che “per il gruppo Cindonio il progetto prosegue”. Poi, nel maggio 2016, la società manifesta la volontà di non realizzare più l’opera (appena dieci giorni prima Ranucci aveva donato al Comune l’area archeologica dove la società che rappresentava al 50 percento si era impegnata a investire 1 milione e 100mila euro).

Raffaele Ranucci

E poi di nuovo nel settembre 2016 il Comune scrive che “nell’ambito dell’incontro tenutosi in data 17.10.2016 codesta spett.le Società nel confermare la permanenza dell’interesse alla realizzazione dell’infrastruttura, aveva posto la questione circa la necessità di una revisione del Piano Economico Finanziario, ma aveva anche e soprattutto rinnovato l’impegno ad assumere tutte iniziative, di propria competenza, tese a consentire il perfezionamento dell’iter finalizzato all’approvazione del progetto definito, come da obbligazioni assunte con la convenzione stipulata in data 08.03.2010″. Ciò nonostante il Comune ammonisce nuovamente la società e il suo immobilismo e di fatto si arrende concludendo che “emerge, tuttavia, con tutta evidenza, la condizione di indeterminatezza relativamente alla concreta fattibilità dell’infrastruttura portuale ponendosi, in relazione a quanto rappresentato dalla “Marina di Cicerone”, due condizioni già emerse in precedenti incontri:

la prima • la revisione del PEF – ovvero l’intervento finanziario del Comune; • la revisione del progetto (?) – ovvero soluzioni alternative alla proposta progettuale in essere; modalità queste che si ritengono impraticabili, atteso che al contratto di concessione si è pervenuti attraverso una procedura di evidenza pubblica disciplinata dal Codice, con partecipazione di altri soggetti; • La rescissione consensuale (ritenuta di fatto dalla Marina di Cicerone) i cui risvolti non sono ben noti;

la seconda: • dare corso alla rescissione in danno del contratto per sostanziale inadempimento da parte delle Concessionaria.
Ma questa ipotesi deve essere valutata tenendo presente che, sebbene con notevole ritardo, la Concessionaria ha comunque prodotto il rapporto ambientale VAS.

La parola fine, almeno per adesso, l’ha messa la Regione Lazio con l’archiviazione del procedimento per la valutazione ambientale strategica.

UN INGIUSTO VANTAGGIO DA 72 MILIONI. Ma a chi ha giovato tutto questo tempo? Secondo Izzi si tratta di un tempo “ingiustificatamente e obiettivamente lungo per cui risultano certamente lesi obiettivi quali quelli dell’efficienza, dell’efficacia e della trasparenza nonché, in particolare modo, quelli riferibili al Piano Locale Anticorruzione con riferimento al monitoraggio e controllo della esecuzione dei contratti e della legittimità delle spese fino ad oggi sostenute dall’Ente (con quale beneficio?) e quelle, eventualmente, ancora da sostenere (a qualsiasi titolo)”. Una dinamica che non esclude anche la commissione di reati penalmente rilevanti e sui quali sarà la Procura ad indagare, secondo Izzi. Chi doveva vigilare non lo ha fatto, nessuno degli organi di controllo del Comune. E Izzi punta il dito anche verso Guratti, reo secondo il segretario, di essersi lavato le mani affidando le proprie responsabilità di dirigente alla politica. Anomalie e criticità contrattuali le definisce Izzi, che potrebbero aver comportato un aumento dei costi per 72 milioni di euro “per cui risultano stravolti tutti i dati dell’iniziale contratto del 2010. I fatti e le condotte così come evidenziati presentano possibili profili di illegittimità a seguito dei gravi scompensi in fase di mancato inizio dei lavori e di revisione dei costi eventualmente sostenuti (e da sostenere)”. Un ingiusto vantaggio conseguito dal concessionario che doveva adempiere a degli impegni e non lo ha fatto anche grazie alla condotta gravemente negligente di chi doveva sorvegliare e non lo ha fatto. Il Concessionario Società Marina di Cicerone S.p.A. ha già provveduto a corrispondere al Comune di Formia, a titolo di anticipazione, la somma di euro 500.000,oo, pari al 20% dell’importo complessivo dei canoni dovuti per l’intero periodo di concessione (anni 50). Tale somma, evidentemente, deve essere restituita alla Società. Il Concessionario non ha, evidentemente, corrisposto al Comune di Formia l’ulteriore contributo di euro 1.100.000,00 di cui al comma 5, dell’articolo 5 del Contratto Repertorio 11140/2010 (mancata entrata per l’Ente).

Il segretario comunale Alessandro Izzi

LE CONCLUSIONI. “Pertanto – conclude Izzi -, le condotte illustrate si connotano per un rilevante e significativo scostamento da comuni e generalissimi parametri di corretta gestione economicamente orientata delle pubbliche risorse. Tale disallineamento risulta inescusabile e gravemente colpevole alla stregua dei seguenti elementi di fatto che caratterizzano la concreta vicenda amministrativa in esame:

condotta gravemente violativa degli obblighi di servizio e costituente espressione di totale disinteresse per le deleterie conseguenze che ciò avrebbe comportato, come ha effettivamente comportato, a danno del Comune di Formia;

• condotta improntata a notevole superficialità e costituente espressione di disinteresse per l’uso delle risorse certamente non insignificanti sul piano economico;

insussistenza di possibili azioni correttive tali da rendere conseguentemente inesigibile, nel caso concreto, una condotta conforme a criteri di economicità. Conclusivamente, il complesso degli elementi di valutazione delle condotte di cui sopra sembra connotare la loro imputazione a titolo di colpa grave per cui il danno pubblico è attuale, certo, è determinato con riferimento a quanto sopra riportato.

Il capitolo 1 del reportage sulla relazione di Izzi a questo link – Parcheggio Multipiano a rischio corruzione

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