L’operazione Dirty Glass, l’indagine dell’Antimafia coordinata dal Pm di Roma Ilaria Calò, arriva a Latina e provincia: arrestato Luciano Iannotta Presidente di Confartigianato e dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Polisportiva Terracina Calcio
Carcere anche per il 49enne Luigi De Gregoris citato dal pentito del processo Alba Pontina (che vede alla sbarra il Clan Di Silvo), Agostino Riccardo come “testa di legno” di Iannotta, oltreché ad essere stato oggetto di un’estorsione da parte del clan nomade in cui intervenne Iannotta stesso, il 44enne corese Natan Altomare, anche lui coinvolto e archiviato nell’operazione Don’t Touch in cui si evidenziavano i suoi rapporti con personaggi noti della mala latinense quali Gianluca Tuma e Costantino “Cha Cha” Di Silvio e il 71enne Pasquale Pirolo, originario di Curti provincia di Caserta. Per quanto riguarda Altomare, pare che si lamentasse con Iannotta con alcuni stipendi che non gli erano stati corrisposti.
Ai domiciliari il 55enne Alessandro Sessa colonnello dell’Arma dei Carabinieri (coinvolto anche nel notissimo caso Consip, da cui poi, però, è uscito prosciolto), in passato comandante della Compagnia di Latina e poi approdato al Noe, e il collega 51enne Michele Lettieri Carfora, ex comandante della stazione di Sezze. Insieme a loro con eguale misura cautelare, Antonio e Gennaro Festa di Napoli e il 25enne Thomas Iannotta di Latina, il figlio di Luciano.
Divieto di dimora in Provincia di Latina insieme all’interdittiva dell’esercizio del pubblico ufficio, il 56enne Stefano Ivano Altobelli di Sonnino.
Come scrivono gli inquirenti, l’indagine ruota intorno agli affari di imprenditori che non hanno difficoltà ad avere rapporti con i clan autoctoni e Luciano Iannotta, più volte menzionato dai pentiti di Alba Pontina, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, rientra in questo quadro come quando che si mise in mezzo per evitare alla sua “testa di legno” De Gregoris (così lo ha definito Agostino Riccardo) di finire strozzato in una complessa vicenda di un triplice recupero crediti che coinvolse un uomo di Sonnino e due imprenditori di Monterotondo.
Luciano Iannotta, visto il suo ruolo di Presidente Confartigianato Imprese Latina, fu ritratto recentemente (31 ottobre 2019) in un evento pubblico con la Questura di Latina e l’Associazione Nazionale Anziani e Pensionati (Anap), nella sede di Piazzale Granato, presso il Centro le Corbusier (Latina), creando non pochi imbarazzi.
Dirty Glass ruota attorno agli affari che tra la Capitale e il capoluogo pontino, gli imprenditori riuscivano a portare a segno nel campo della commercializzazione del vetro, campo in cui Iannotta è attivo da tempo.
I reati contestati sono in materia fiscale e tributaria, violazioni della legge fallimentare, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, falso, corruzione, riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico, rivelazioni di segreto d’ufficio, favoreggiamento reale, turbativa d’asta, sequestro di persona e detenzione e porto d’armi da fuoco.
È stata disvelata una qualificata rete di relazioni attraverso cui gli indagati, in prevalenza imprenditori della provincia di Latina ed altri di origini campane, gestivano le proprie attività commerciali realizzando profitti illeciti derivanti dall’acquisizione di asset distratti da società commerciali in dissesto, dalla turbativa di procedimenti di esecuzione e da attività di riciclaggio di proventi di attività delittuose.
Le attività tecniche di intercettazione hanno consentito di accertare come il perseguimento di tali finalità illecite è avvenuto attraverso l’utilizzo sistematico di soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione rivelatisi a disposizione degli indagati, nell’opera di acquisizione di informazioni coperte da segreto d’ufficio e strumentali a schermare le imprese criminali da eventuali indagini di polizia giudiziaria.
Grazie anche a una serie di attività tecniche di intercettazione, la Squadra Mobile di Latina ha rilevato il coinvolgimento di appartenenti alla pubblica amministrazione a completa disposizione degli indagati. Un giro ben rodato che consentiva agli indagati di agire senza problemi. Ecco perché oltre ai due uomini dell’Arma, è coinvolto anche un poliziotto, i quali avrebbero acquisito informazioni coperte da segreto d’ufficio e “strumentali a proteggere le imprese criminali da eventuali indagini di polizia giudiziaria”.
Tra gli indagati, a piede libero, per corruzione, anche un impiegato della Corte dei Conti, Fabio Zambelli, accusato di corruzione per aver accettato la “promessa” di 50mila euro, il 5% del valore di una tangente, per mettere a disposizione dei soggetti coinvolti nella corruzione di un funzionario regionale una stanza all’interno dell’ufficio giudiziario di Viale Mazzini nel quale si voleva brigare per ottenere un appalto dalla Regione Lazio tramite un giro di mazzette. Inoltre, tra i pubblici ufficiali e appartenenti alle Forze dell’Ordine, è indagato a piede libero anche un finanziere dell’Aeroporto di Fiumicino, Luigi Di Girolamo, accusato di essere entrato abusivamente, a giugno 2018, nel database della banca dati interforze, su richiesta di Iannotta, per fare un paio di controlli su due persone e relative targhe.
E, senza dubbio, a fare clamore all’inchiesta è l’arresto di Luciano Iannotta, imprenditore più volte al centro di questioni portate all’attenzione di inquirenti e dell’informazione (fu citato anche per la questione del Porto di Sperlonga di cui De Gregoris risulta impiegato in una società che aveva interessi in quell’ambito).
Un uomo a cui non mancano le “comodità” – la villa con tanto di zoo a Capocroce (Sonnino) – e che dava del tu anche ai due pentiti Pugliese e Riccardo al punto da aggredire quest’ultimo, e picchiarlo, nel momento in cui si presentarono nella sua azienda vicino Sonnino per tentare di racimolare qualcosa.
Insomma, uno, Luciano Iannotta, a quanto riporta Pugliese, che poteva dialogare anche con i Di Silvio, pagando sì per l’estorto in questione (De Gregoris), ma pretendendo che poi fosse lasciato in pace. E non solo. Fu lui, sempre a quanto sostiene Pugliese, a dargli svariati migliaia di euro (circa 15mila euro, senza chiederli indietro) per un debito che Renato aveva con Luigi Ciarelli. Un debito che fece un giro stano: era Angelo Travali, con cui Renato condivideva gli affari, prima di passare al clan di Lallà, a dovere dei soldi a Luigi Ciarelli in quanto aveva acquistato da lui un carico di fumo (hashish) da circa 30mila euro. Una volta finito in carcere Travali, fu Renato Pugliese a dover ripianare il debito contratto da Angelo “Palletta” e lo seppe perché “mi dicevano che Marco Ciarelli (ndr: figlio di Luigi) mi stava cercando“.
Un viluppo, quello di Dirty Glass, che evidenza, dove ce ne fosse ancora bisogno, dei rapporti tra mondo dell’imprenditoria e criminalità dove uomini d’affari non si fanno scrupoli a rivolgersi ad appartenenti di clan per dirimere questioni con altri uomini della classe medio-alta.
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