Dichiarazioni forti e agghiaccianti quelle rese da uno testimoni dell’accusa nel processo per la morte di Desirée Mariottini
“Desirée l’ho vista ancora viva, nel container con uno dei violentatori. Era completamente blu in volto. Le ho chiesto una cosa. Abbiamo litigato. Farfugliava. Si vedeva che era strafatta“.
Così uno dei passi riportati dal Corriere della Sera riguardo alla deposizione di Boujema Kais, 52 anni, marocchino, tra i testimoni al processo che vede sul banco degli imputati quattro uomini per omicidio e violenza sessuale nei confronti della povera Desy, la ragazza di Cisterna di Latina morta in quel tugurio di disperazione che si trovava in Via del Lucani, nel quartiere San Lorenzo di Roma.
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L’uomo, ad ora ristretto in carcere, ha specificato ai giudici della Corte d’Assise che Desirée quel maledetto giorno era arrivata in quel palazzo presentandosi a tutti come maggiorenne: “Ha mostrato il tesserino col codice fiscale di un parente più grande, ma era chiaro che fosse piccolina“. E poi Kais ha riconosciuto gli imputati: “Stavano nel palazzo“.
Pur essendo stata drogata e violentata, Kais, come tutti gli altri presenti, non ha avvertito il 118: “Stavamo fumando con altre persone, Desirée era lì, abbiamo pensato si riprendesse“. Un particolare che rende ancora di più chiaro l’andazzo di menefreghismo e inesistente considerazione della vita umana che si vive in certi ambienti.
Le ragioni di Kais combaciano con quelle di altri testimoni, sulla scorta della minaccia di uno degli imputati, Yusif Salia: “Meglio lei morta che noi in carcere“. Ecco perché nessuno, quella notte, chiamò i soccorsi che forse avrebbero potuto salvare la vita della giovane di Cisterna.
Muriel, ad esempio, la donna che rivestì Desirée dopo averla trovata abbandonata e nuda, ascoltata in Corte d’Assise, preferì non avvertire nessuno “per non accollarsi la pratica di un morto“.
Parole tremende riferite da Narcisa, testimone chiave del processo, in un’intercettazione del 21 febbraio del 2019. Purtroppo, Narcisa si trova in fin di vita come l’interlocutore di quella intercettazione captata un anno e mezzo fa, Nasko Radev morto lo scorso settembre.
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