Arrestati prima di Natale 2021 con armi e chili di droga a Fondi, arriva la decisione della Corte di Cassazione
Una sentenza della Cassazione che accoglie parzialmente i ricorsi degli avvocati Maurizio Forte e Oreste Palmieri che hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello che, a maggio 2024, aveva confermato e condannato a pene persino più alte i sette uomini che poco prima del Natale 2021 furono arrestati a Fondi con un carico rilevante di droga e armi. Gli imputati, diversamente che dal primo grado deciso dal giudice per l’udienza preliminare di Latina, Mario La Rosa, erano stati riconosciuti colpevoli di detenere la droga e anche il carico di armi.
Si tratta di sette uomini, tra cui il latinense Alessandra Artusa e il fondano Gian Luca Del Vecchio, ritenuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia come tasselli rilevante del gruppo di Fondi capeggiato dal gemello, ora latitante, Massimiliano Del Vecchio e da Johnny Lauretti. Tutti e quattro, insieme ad Alberto Di Vito (altro coinvolto negli arresti del Natale 2021), sono stati arrestati a fine novembre 2024 in una imponente operazione che ha visto all’opera sia Carabinieri che Polizia di Stato. Dopo quell’operazione, in cui sono emerse anche chat oscurate e poi decrittate dagli investigatori, “Cavallo Pazzo”, al secolo Johnny Lauretti, si è pentito, scegliendo la collaborazione con lo Stato e ricevendo in cambio dal mondo criminale un saluto di guerra: una intera villa bruciata a Fondi. Un fatto inaudito, più vicino alle latitudini dei narcos colombiane, che non ha meritato il commento di nessun politico locale, più attenti a degrado stradale e altre questioni.
Tornando al prodromo dell’inchiesta fondana, ossia il rinvenimento di armi e droga a Fondi nel Natale 2021, la Corte d’Appello, nel maggio dell’anno scorso, aveva condannato alla pena più pesante Alessandro Artusa, 61enne di Latina, factotum su Latina dei gemelli Delvecchio: 8 anni e 7 mesi, più una multa da 14mila euro. A seguire: 5 anni di reclusione per Onorato Rotunno e Paolo Rea; sette anni e sette mesi, invece, più 9mila euro di multa, per Gianluca Del Vecchio, Francesco Paolo Carnevale, Luca Fabrizio e Alberto Di Vito, quest’ultimo coinvolto anche nell’altra imponente operazione anti-droga dei Carabinieri denominata “Jars” che ha permesso di rinviare a giudizio il gruppo rivale di Delvecchio-Lauretti su Fondi, ossia quello capeggiato da Alessio Ferri e Andrea Pannone.
Il giorno dell’Epifania 2022 (ossia poco dopo gli arresti di Natale 2021), inoltre, finì in carcere anche il fratello di uno degli arrestati, il pregiudicato Massimiliano Del Vecchio, volto noto negli ambienti del crimine pontino, che è risultato essere l’uomo che viveva ai domiciliari nella villa di Frosinone, dal 21 dicembre, dove secondo quanto ricostruito dagli investigatori, nel cortile erano parcheggiate le quattro autovetture ed il furgone utilizzati dai sette arrestati per il trasporto dal capoluogo ciociaro a Fondi dello stupefacente e delle armi: 60 chili di hascish e 15 chili di marijuana. Nel doppio fondo del furgone furono invece rinvenute 2 pistole, una mitraglietta e 3 fucili con centinaia di munizioni di vario calibro, 15 chili di plastico, 14 detonatori e due bombe a mano. Del Vecchio, come noto, prima di essere raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere a novembre 2024, si è reso uccel di bosco ed è latitante.
Si tratta di personaggi noti nello scacchiere criminale della malavita pontina: su tutti, come detto, Alessandro Artusa, già condannato a 26 anni di reclusione (pena scontata, anche in semilibertà), in concorso con Antonello Tozzi e Giuseppino Pes, per il delitto del beneventano Francesco Saccone freddato nel 1998 in Piazza Moro a Latina, e arrestato di nuovo, nella primavera 2022, nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri di Latina denominata “I Pubblicani” per cui è stato condannato a luglio 2024.
Come ricostruisce la Cassazione, la Corte d’Appello aveva corretto il giudizio di primo grado del Gup di Latina. Secondo i giudici di secondo grado, i sette uomini erano colpevoli di aver trasportato l’ingente carico di droga e non potevano non sapere che stessero portando anche le armi. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 10 maggio 2024, infatti, ha ritenuto che l’attività di trasporto non solo della droga, ma anche delle armi, degli esplosivi e dei detonatori fosse stata compiuta con modalità tali da rendere provato il consapevole contributo di ciascun indagato alla sua realizzazione. I giudici di secondo grado ricostruivano l’accaduto in più fasi, tutte fra loro connesse, finalizzate all’unico risultato di trasportare droga e armi dall’abitazione di Massimiliano Del Vecchio sita nel Comune di Frosinone, dove all’interno del furgone Renault Trafic si trovavano le armi, gli esplosivi, i detonatori e parte dello stupefacente, in un altro luogo, sito a Fondi, località dove le forze dell’ordine, dopo avere bloccato, al termine di un inseguimento, l’autovettura Fiat Panda e la Opel Astra – quest’ultima contenente parte della droga sequestrata – individuavano parcheggiate, una vicina all’altra, la vettura Audi A4 e il furgone Renault contenenti rispettivamente altra parte della droga, nonché le armi e il materiale esplosivo.
La Corte sottolineava dunque la consistenza probatoria della ricostruzione dei fatti contestati così come effettuata nell’appello del Pubblico Ministero Martina Taglione. In sintesi, gli imputati erano colpevoli di aver trasportato sia droga che armi, ritenendo “illogico il ragionamento del Giudice di primo grado, là dove questi aveva attribuito a tutti gli imputati la detenzione e il trasporto dell’intero quantitativo di sostanza stupefacente, compreso quello custodito nello stesso vano dove erano rinvenute le armi”. Tutti erano consapevoli, a cominciare dal leader del sodalizio, Massimiliano Del Vecchio, che, con la complicità degli altri sette, richiedeva il trasporto del carico da Frosinone e Fondi.
Ora, su ricorso degli avvocati difensori, la Corte di Cassazione si è espressa, ribaltando nuovamente il giudizio sulle armi e su parte della droga (un chilo e mezzo di hashish). “La presenza di un vano nascosto nel furgone – si legge nella sentenza degli ermellini – nel quale, oltre alle armi, era custodito un quantitativo pari a kg. 1,530 di hashish rende claudicante l’iter argomentativo del provvedimento (nda: quella della Corte d’Appello), dove non si dà adeguatamente conto delle ragioni per cui ciascuno degli imputati avrebbe dovuto essere al corrente del carico ivi trasportato. E tanto vale anche per gli stessi borsoni che contenevano esplosivo e giubbotti antiproiettile che, pur non essendo custoditi nel sottofondo, erano ben chiusi, né risulta che siano stati visionati da alcuno prima del loro rapido caricamento a bordo del furgone, operazione alla quale non avevano preso parte tutti gli odierni ricorrenti. In altri termini, il solo dato della contiguità spazio-temporale dei fatti accertati non consente, di per sé, di ascrivere a tutti, in maniera quasi “automatica”, la consapevolezza del trasporto delle armi e degli esplosivi e financo della sostanza stupefacente parimenti contenuta nel sottofondo. Si impone quindi l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata sui capi della decisione sopra indicati“.
La parte della droga custodita nel sottofondo della stessa auto in cui veniva trasportato il carico di armi viene, quindi, rimessa in discussione. Infondati invece i ricorsi riguardanti il restante e più ingente carico di droga: in quel caso è dimostrata la consapevolezza di tutti.
Ecco perché, alla fine, la Cassazione ha annulla la sentenza impugnata limitatamente alle armi, nonché ai reati di detenzione e trasporto di 1,530 chili di hashish e rinvia, per nuovo giudizio su tale capo e su tali reati, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma. Rigettati i ricorsi riguardanti il restante carico della droga.