CASO KARIBU-AID, LA NOTA DELLA PROCURA: “NORME VIGENTI IMPEDISCONO DI FORNIRE INFORMAZIONI”

Procura della Repubblica di Latina
Procura della Repubblica di Latina

Caso Karibu-Aid: la vicenda sollevata dalla Uiltucs imperversa anche sui network nazionali. La nota della Procura di Latina

Di fondato, al momento, c’è che la Presidente del Cda di Karibu, Marie Therese Mukamitsindo è indagata, anche per la gestione del Consorzio Aid, la cui presidenza è in capo a un’altra parente, un’altra figlia (non la moglie di Aboubakar Soumahoro che si trova invece nel cda di Karibu). La fondatrice di Karibu è accusata, al momento, di malversazione.

Al centro dell’attenzione sono finiti alcuni passaggi di denaro, nello specifico trasferimenti effettuati in Ruanda a favore di un altro figlio della Presidente Mukamitsindo, Richard Mutangana, che ha aperto un ristorante con piscina a Kigali. Finiti sotto la lente anche i compensi dei quattro soci di Karibu che avrebbero incassato solo nel 2021 la somma di 392.891 euro.

Al contempo, prosegue anche il lavoro degli ispettori dell’Ispettorato del Lavoro e del Ministero dello Sviluppo economico da cui vengono erogati i fondi verso la cooperativa. Il rischio è il commissariamento per Karibu che ha recentemente ottenuto lavori sia dal Comune di Roma che dalla Regione Lazio. Alcune mensilità arretrate, rivendicate da alcuni dipendenti che si sono rivolti mesi al sindacato Uiltucs, sono state pagate dalla Prefettura, l’ente appaltante dei servizio dei cosiddetti Cas, a cinque dei dipendenti lasciati a secco dalla gestione della cooperativa; altri due lavoratori sono stati riconosciuti come operatori a nero. Insomma, il quadro è dal punto di vista del lavoro e dei suoi diritti molto complicato.

Le indagini affidate alla Guardia di Finanza viaggiano al contempo con gli accertamenti dei Carabinieri di Latina a cui furono segnalati diversi scatoloni, pieni di documenti, lasciati abbandonato davanti all’ex sede di Karibu a Sezze.

Secondo il sindacato, i lavoratori delle Coop, in alcuni casi, non percepivano lo stipendio da 15 mesi: all’appello macherebbero circa 400mila euro. Un vero paradosso: formatori e lavoratori dipendenti, che lavoravano per il contrasto al caporalato in agricoltura, non pagati dalla Coop Karibu e dal Consorzio Aid, affidatarie dei progetti, che non pagano e sfruttano lavoratori impiegati nel progetto contro lo sfruttamento del lavoro. Oltreché al lato dello sfruttamento del lavoro, si sono aggiunte anche le condizioni in cui verrebbero trattati i migranti gestiti dalle cooperative. Situazioni già sollevate anni fa, nel 2019, dal maliano Mohamed Ba, portavoce di tutti quei migranti un tempo ospiti delle strutture gestite dalla Karibù (anche minorenni), di cui Latina Tu ha ampiamente trattato in diversi articoli. Nei centri gestiti dalla coop vi sarebbe stata mancata erogazione dell’acqua e della corrente elettrica, probabilmente perché le bollette non sarebbero state pagate.

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Ad ogni modo, considerato il caso divenuto ormai mediatico, la Procura di Latina, con una nota firmata dal Procuratore Capo, ha voluto puntualizzare alcuni aspetti alcuni aspetti riguardo all’informazione e al rapporto con essa, già di per sé complicato dalla riforma Cartabia che ha messo la mordacchia a Procure e Forze dell’Ordine.

“Con riferimento alle numerose notizie riportate dagli organi di informazione in relazione ad indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Latina in ordine alla attività di cooperative incaricate di assicurare servizi di accoglienza, e servizi connessi, per i richiedenti asilo e per i minori non accompagnati, nel territorio della provincia di Latina – si legge nella nota del Procuratore – si ritiene necessario — stante l’interesse pubblico alla vicenda ed alle indagini rappresentare quanto segue.
Le indagini sono in corso con riferimento a temi investigativi diversi e complessi, che concernono, in generale, l’impiego dei fondi erogati, i rapporti con l’Erario, i rapporti con i dipendenti, i soggetti coinvolti. Gli accertamenti muovono da notizie e comunicazioni pervenute da una pluralità di fonti, di natura pubblica e privata, e si articolano attraverso il dovuto, rigoroso vaglio ed approfondimento di ogni notizia e comunicazione”.

“La necessità di garantire il rispetto delle disposizioni normative in tema di segretezza degli atti di indagine e di comunicazione agli organi di informazione, nonché in tema di diritti e facoltà delle persone sottoposte ad indagini e, per altro verso, – prosegue la nota – l’esigenza di garantire la genuinità, l’oggettività e il buon esito degli accertamenti investigativi in corso impediscono a questo ufficio di fornire, nonostante le comprensibili sollecitazioni degli organi di informazione, indicazioni specifiche con riferimento alle iscrizioni nel registro delle notizie di reato ed ai profili di indagine sviluppati o da sviluppare“.

“Pur nella consapevolezza delle esigenze della informazione – conclude la nota -, questo ufficio non può dunque che attenersi al rispetto delle disposizioni normative vigenti e pertanto svolgere i dovuti accertamenti con riferimento esclusivamente ai compiti istituzionali propri di un ufficio giudiziario inquirente, con la maggiore sollecitudine possibile, pur nella complessità dell’ investigazione, nel doveroso riserbo investigativo e nel rispetto dei principi in tema di presunzione di innocenza”.

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