BOLDRINI DIFFAMATA: 4 CONDANNE E TRE ASSOLUZIONI. MA LA PRESCRIZIONE È VICINA

Laura Boldrini
Laura Boldrini

Frasi e vignette offensive contro Laura Boldrini: si è concluso il processo per diffamazione a carico di sette imputati

Il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Simona Sergio, ha condannato quattro degli imputati nel processo per diffamazione aggravata nei confronti della ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. L’allora terza carica dello Stato, Laura Boldrini, diede mandato ai suoi avvocati di andare avanti nel procedimento a carico delle persone che l’avevano insultata sui social, tanto che l’esponente politica si è costituita come parte civile nel processo, assistita dall’avvocato Flick. L’indagine è stata portata avanti dalla Polizia Postale, coordinata dal sostituto procuratore di Latina, Giuseppe Miliano, che ha contestato la diffamazione a un corpo politico dello Stato.

Oggi, 27 febbraio, il Pubblico Ministero, al termine della sue breve requisitoria, ha proposto per tutti i sette imputati la pena pecuniaria di 900 euro, a dispetto del collegio difensivo, composto dagli avvocati Vitelli, Perotti, Codastefano, Faticoni, Righi, Gullì e Giordano, che hanno chiesto l’assoluzione.

Al termine della camera di consiglio, il giudice Sergio ha condannato per diffamazione quattro degli imputati alla multa di 600 euro, con pena sospesa e non menzione. Disposto dal giudice anche un risarcimento di 10mila euro complessivi per tutti e quattro i condannati. Assolti, invece, tre degli imputati per non aver commesso il fatto, tra cui Alessandro Gambadoro, Massimo Scialanga e Donatella Vichi. La posizione di due degli originari imputati è stata stralciata.

Ad indagare sul caso, la Polizia Postale poiché fu proprio sul web, in particolare su alcuni social, che Laura Boldrini fu offesa con improperi gravemente offensive, compreso il fotomontaggio di un bambino che urinava, in abiti fascisti, sulla sua immagine. E poi frasi sui social che si riferivano all’intitolazione del Parco a Falcone e Borsellino di Latina, tra cui questa: “‘Sti bastardi l’hanno pulita solo perché viene una zo…..a non se so preoccupati de pulilla per facce gioca’ i nostri figli“.

Nell’udienza di un anno fa, a febbraio 2023, è stato ascoltato anche il testimone Damiano Coletta, ex sindaco di Latina, ed eccellente poiché presente con Boldrini quel 19 luglio 2017 quando i cosiddetti Giardinetti di Latina furono intitolati alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e andò in scena l’antipasto di ciò che poi si verificò sui social.

La polemica, come noto, nacque perché i cosiddetti Giardinetti sarebbero stati intitolati alla memoria di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. In realtà, quell’intitolazione, come ha ribadito in Tribunale Coletta, non era più in essere sin dal dopoguerra. L’ex sindaco pontino ha spiegato che i “giardinetti” (così come tutti i latinensi hanno da sempre chiamato il parco) erano denominati in atti come “parco comunale”. Coletta e la sua Giunta decisero di intitolarli, così come è tuttora, alla memora dei due magistrati antimafia. Ad ogni modo, Coletta ha ricordato che all’epoca “fu alimentato un clima di odio, divisione politica e strumentalizzazione“.

Tuttavia, Coletta ha rammentato che si trattava di una cerimonia istituzionale: oltreché a lui e Boldrini, infatti, erano presenti l’allora Presidente della Provincia Eleonora Della Penna, il Prefetto di Latina e il presidente della commissione antimafia del comune di Milano. “C’era solo uno sparito gruppo di contestatori, circoscritto dagli agenti di Polizia, che al mio intervento e a quello della Boldrini prese a insultarci e fischiarci. Contestazioni che furono sopravanzate dagli applausi della gente”, spiegò l’ex primo cittadino.

Nel corso dell’udienza dell’anno scorso, presieduta dal giudice Elena Nadile, è stato ascoltato anche uno dei sette imputati, l’assolto Massimo Scialanga, che ha spiegato che le sue frasi sui social contro la Boldirini in realtà erano uno sfogo contro le Istituzioni tout court. L’uomo, che è originario di Amatrice e lavora lì con la sua azienda agricola, ha sostenuto che dopo il devastante terremoto anche la Boldrini si era presentata sul luogo del disastro. Tuttavia, così come altri politici e cariche istituzionali, non aveva fatto niente. “Il mio è stato uno sfogo. Non ce l’ho con la Boldrini ma con le le istituzioni che ci hanno lasciato ad Amatrice con le macerie“.

Scontato il ricorso in Appello per i quattro imputati condannati oggi, per un processo che vede vicina la prescrizione fissata, secondo la legge, a gennaio 2025.

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