BOLDRINI DIFFAMATA, L’EX SIDACO COLETTA: “FU ALIMENTATO CLIMA DI ODIO E DIVISIONE”

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Damiano Coletta
Damiano Coletta

Frasi e vignette offensive contro Laura Boldrini: nel processo per diffamazione a carico di nove imputati è stato ascoltato come testimone l’ex sindaco di Latina Damiano Coletta

Testimone eccellente davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Beatrice Bernabei, oggi, 27 febbraio, nel processo che vede alla sbarra per diffamazione nove imputati. L’allora presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, diede mandato ai suoi avvocati di andare avanti nel procedimento a carico delle persone che l’avevano insultata sui social.

Ad indagare la Polizia Postale poiché fu proprio sul web, in particolare su alcuni social, che Laura Boldrini fu offesa con improperi gravemente offensive, compreso il suddetto fotomontaggio di un bambino che urinava, in abiti fascisti, sulla sua immagine. E poi frasi sui social che si riferivano all’intitolazione del Parco a Falcone e Borsellino, tra cui questa: “‘Sti bastardi l’hanno pulita solo perché viene una zo…..a non se so preoccupati de pulilla per facce giocà i nostri figli“.

Nell’udienza odierna è stato ascoltato il testimone Damiano Coletta, ex sindaco di Latina, ed eccellente poiché presente con Boldrini quel 19 luglio 2017 quando i cosiddetti Giardinetti di Latina furono intitolati alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e andò in scena l’antipasto di ciò che poi si verificò sui social.

La polemica, come noto, nacque perché i cosiddetti Giardinetti sarebbero stati intitolati alla memoria di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. In realtà, quell’intitolazione, come ha ribadito oggi Coletta, non era più in essere sin dal dopoguerra. L’ex sindaco pontino ha spiegato che i “giardinetti” (così come tutti i latinensi hanno da sempre chiamato il parco) erano denominati in atti come “parco comunale”. Coletta e la sua Giunta decisero di intitolarli, così come è tuttora, alla memora dei due magistrati antimafia. Ad ogni modo, Coletta, esaminato da accusa e difesa, ha ricordato che all’epoca “fu alimentato un clima di odio, divisione politica e strumentalizzazione“.

Tuttavia, Coletta ha rammentato che si trattava di una cerimonia istituzionale: oltreché a lui e Boldrini, infatti, erano presenti l’allora Presidente della Provincia Eleonora Della Penna, il Prefetto di Latina e il presidente della commissione antimafia del comune di Milano.

C’era solo uno sparito gruppo di contestatori, circoscritto dagli agenti di Polizia, che al mio intervento e a quello della Boldrini prese a insultarci e fischiarci. Contestazioni che furono sopravanzate dagli applausi della gente”.

Nel corso dell’udienza è stato ascoltato anche uno dei nove imputati, Massimo Scialanga, che ha spiegato che le sue frasi sui social contro la Boldirini in realtà erano uno sfogo contro le Istituzioni tout court. L’uomo, che è originario di Amatrice e lavora lì con la sua azienda agricola, ha sostenuto che dopo il devastante terremoto anche la Boldrini si era presentata sul luogo del disastro. Tuttavia, così come altri politici e cariche istituzionali, non aveva fatto niente. “Il mio è stato uno sfogo. Non ce l’ho con la Boldrini ma con le le istituzioni che ci hanno lasciato ad Amatrice con le macerie“.

Scialanga scrisse anche un riferimento ai migranti, sostenendo che la Boldrini pensava più a loro che agli italiani. Ad ogni modo, l’imputato ha voluto precisare di non essere razzista.

A margine, il giudice Beatrice Bernabei ha rigettato l’istanza di legittimo impedimento che chiedeva il rinvio dell’udienza odierna, presentata dall’avvocato Giancalo Vitelli, che difende l’imputato Alessandro Gambadoro. Istanz rigettata poiché quest’ultimo è difeso da due avvocati e quindi non era necessaria la presenza dell’avvocato impedito a essere presente.

La prossima udienza è fissata a maggio quando sarà ascoltato un altro testimone della difesa. La sentenza potrebbe arrivare prima dell’estate.

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