AVVOCATO SEQUESTRATO ED ESTORTO: CHIESTI PIÙ DI 50 ANNI PER PANTUSA E GLI ALTRI

Ernesto Pantusa
Ernesto Pantusa, pluripregiudicato. Nel 2014, fu coinvolto insieme a un complice in una truffa ai danni di un rivenditore di computer di Campobasso. La truffa sarebbe consistita sul fatto di dare una garanzia di pagamento al commerciante tramite assegno circolare risultato, però, a seguito di un controllo, rubato il 20 gennaio 2014 presso la filiale bancaria BNL di Napoli insieme ad altri cento assegni in bianco

Sequestro ed estorsione dell’avvocato: per Ernesto Pantusa e i presunti complici sono stati chiesti in Corte di Assise a Roma più di 50 anni complessivi di reclusione

Ieri, a Roma, di fronte al giudice dell’udienza preliminare Paola Della Monica, il pm dell’inchiesta denominata Stelvio (dall’auto Alfa Romeo con cui l’imputato avrebbe sequestrato l’avvocato originario di Santa Maria Capua Vetere) Antonio Sgarrella ha svolto la sua requisitoria contestando il sequestro di persona a scopo di estorsione con metodo mafioso nei confronti degli imputati Ernesto Pantusa, Debora Fiorucci, Fabrizio Fava e Salvatore Carleo

A febbraio scorso, Il Tribunale della Libertà di Roma, pur confermando il carcere per Ernesto Pantusa, escluse l’ipotesi formulata da Procura di Roma e Latina coordinate dalla DDA capitolina: secondo i giudici del Riesam non c’era l’aggravante mafiosa

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Aggravante mafiosa che era stata contestata al pontino Pantusa, a Debora Fiorucci (di Sermoneta) e ai romani di Morena e Tivoli Salvatore Carleo e Fabrizio Fava in ragione del fatto che, come aveva scritto nell’ordinanza di arresto il gip di Roma Clementina Forleo,  l’aggravante mafiosa si incardinava perché, secondo una sentenza della Cassazione, sarebbe “sufficiente un richiamo anche implicito per suscitare timore dell’esercizio di note forme di violenza, la cui diffusa conoscenza fonda il potere di intimidazione e di controllo delle organizzazioni criminali e quindi non è necessaria la prova dell’esistenza dell’effettiva appartenenza ad una associazione“. Ecco perché l’aver soltanto intimidito l’avvocato casertano prospettandogli l’intervento di un boss di camorra, sventolandogli davanti una foto di tal “Pesce”, sarebbe stato, secondo il giudice, il motivo dell’aggravamento del metodo mafioso.

Ad ogni modo, Il pm Sgarrella che aveva coordinato le indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina ha ripercorso tutti i fatti, ponendo in essere le varie responsabilità dei quattro accusati e arrivando a chiedere per il 44enne latinense Ernesto Pantusa 20 anni di reclusione poiché è da lui che sarebbe iniziato l’atto criminoso: Pantusa, secondo l’accusa, avrebbe sequestrato l’avvocato chiedendo indietro dei soldi in quanto il legale non l’avrebbe difeso a dovere in alcuni procedimenti penali che aveva in corso. Sarebbe stato infatti Pantusa ad aver attirato l’avvocato nella sua auto per condurlo in un capannone di Borgo Santa Maria. Sono stati chiesti, invece, per Debora Fiorucci, Fabrizio Fava e Salvatore Carleo 12 anni ciascuno.

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AGGIORNAMENTO – Da ieri pomeriggio Ernesta Pantusa è ai domiciliari, mentre Debora Fiorucci è libera. A concedere le misure più lievi, in attesa della sentenza, è stato il giudice dell’udienza preliminare. Rimangono con la misura del divieto di avvicinamento alla vittima (l’avvocato di Santa Maria Capua Vetere) i due co-imputati romani Fava e Carleo

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