L’appalto del verde pubblico in cambio dell’assunzione di quattro operai: finisce il processo in primo grado a carico di Raffaele Del Prete, l’ex assessore di Anzio Patrizio Placidi e il manager Francesco Saverio Colucci
Uno stralcio della imponente inchiesta dei Carabinieri del Raparto Territoriale di Aprilia e della Procura di Latina denominata “Touchdown” è arrivato a conclusione presso il Tribunale di Velletri. Un episodio che, per competenza territoriale in quanto verificatosi nel Comune di Anzio, così come deciso dal Riesame di Roma, è finito davanti al collegio del Tribunale di Velletri presieduto dal giudice Alessandra Cuppone – a latere i giudici Paola Ginesi e Valentina Ribaudo.
L’inchiesta “Touchdown”, come noto, terremotò nel 2018 la Giunta del Comune di Cisterna di Latina, guidata dall’allora sindaca Eleonora Della Penna (non indagata), poiché vi erano coinvolti organi politici e amministrativi della città dei butteri. Mazzette, corruzione e gare pilotate (per episodi avvenuti anche in seno all’ente della Provincia di Latina) che hanno portato ad alcune condanne e il cui processo principale è ancora in corso presso il Tribunale pontino.
Una storia minore sfuggita dai radar dell’informazione, invece, è quella di Anzio, che, però, riguarda un imprenditore di un certo rilievo per la provincia di Latina. Le sue imprese, nonostante inchieste e processi, continuano a mietere successi nel mondo dei rifiuti, con l’aggiudicazione di importanti appalti, nel ramo della raccolta della monnezza, da Roma a Sabaudia fino al sud pontino.
Si tratta di Raffaele Del Prete, attualmente sotto processo per voto di scambio politico-mafioso, insieme a Emanuele Forzan, uomo vicino alla Lega di Latina. Del Prete, da sempre in rapporti col mondo politico di centrodestra e centrosinistra, è accusato di aver pagato, alle Comunali di Latina nel 2016, circa 45mila euro all’ex affiliato dei clan Travali e Di Silvio, Agostino Riccardo. L’odierno collaboratore di giustizia avrebbe ricevuto soldi per comprare voti e garantire la visualizzazione dei manifesti in favore dell’allora candidato al consiglio comunale Matteo Adinolfi (Lega), oggi europarlamentare, inizialmente indagato nello stesso procedimento e poi definitivamente scagionato (la sua posizione è stata archiviata per stessa proposta della DDA di Roma).
L’imprenditore pontino, che nel filone principale del processo “Touchdown” è stato condannato per turbativa d’asta avendo patteggiato una pena a 3 anni e 2 mesi, era accusato nello stralcio di Velletri, insieme all’altro imprenditore-manager dei rifiuti Francesco Saverio Colucci e all’ex assessore all’Ambiente di Anzio, Patrizio Placidi, di induzione a dare o promettere utilità in concorso.
All’epoca delle indagini “Touchdwon”, che culminarono negli arresti del 2017, Patrizio Placidi era sicuramente una figura di peso: ex assessore della giunta di centrodestra dell’allora Sindaco di Anzio Luciano Bruschini, l’esponente politico fu coinvolto in altre indagini che hanno avuto come riferimento il verde pubblico, per cui è stato assolto. Peraltro l’ex assessore avrebbe avuto rapporti anche con uno dei padrini di Anzio e Nettuno, Giacomo Madaffari, sotto processo per associazione mafiosa in ordine all’operazione anti-ndrangheta denominata “Tritone”.
Placidi, a Velletri, era accusato, insieme agli imprenditori Raffaele Del Prete e Francesco Saverio Colucci, di aver abusato della sua funzione di Assessore all’Ambiente del Comune di Anzio, in quanto pressò Del Prete in modo da fargli assumere nella cooperativa Sia (Servizi Integrati Ambientali) quattro operai. In cambio di quelle assunzioni, l’ex assessore avrebbe consentito alla coop di Del Prete/Colucci di curare il verde pubblico non solo nel centro storico di Anzio (la ditta si aggiudicò l’appalto nel 2015 fino al 2016 per 219mila euro) ma anche in periferia.
Placidi, secondo l’accusa, per essere sicuro che i suoi quattro protetti fossero assunti (i loro curricula furono trovati nel pc dell’ex assessore nell’ambito di un altro procedimento condotto dalla Guardia di Finanza nel 2014), teneva bloccata all’ufficio Ambiente (in un primo momento fu indagato il Dirigente Walter Dell’Accio) la determina di proroga del servizio per il verde dei giardini periferici di Anzio, da circa 28mila euro.
Nel corso del processo è emerso che Placidi avrebbe ventilato a Del Prete l’estromissione della cooperativa dalla procedura negoziata di affidamento dello stesso servizio in scadenza, senza contare che si profilava di lì a breve, nel 2017, anche la gara per la raccolta differenziata di Anzio (il servizio affidato alla Fatone srl era in scadenza anch’esso). Un particolare ricordato da Placidi a Del Prete nel corso delle loro conversazioni captate dagli investigatori dell’Arma: un piatto appetibilissimo per la coop Sia e per il quale l’ex assessore faceva leva sul suo potere proprio per far assumere i quattro operai.
Dopo le pressioni, la cooperativa Sia assunse i quattro soggetti indicati da Placidi e presentò, nell’ambito della procedura negoziata, l’offerta per l’appalto de giardini periferici che fu aggiudicato nel settembre 2016, anche se i fatti contestati iniziano da maggio dello stesso anno. A intercettare Del Prete e Placidi, i Carabinieri di Aprilia con le cimici piazzate negli uffici dell’imprenditore pontino a Sermoneta Scalo. Un ufficio che in quegli anni vide il via vai di diversi personaggi, tra cui anche l’ex affiliato al clan Di Silvio, Agostino Riccardo.
Una storia che si è snodata in poche settimane (quelle della primavera 2016) ma che mette bene in evidenza il malcostume dell’epoca. Da una parte un assessore che minaccia una ditta di non farla lavorare più ad Anzio, dall’altro, un imprenditore, Del Prete, che, intento, senza essere candidato, nelle campagne elettorali per le amministrative 2016 di Latina e Terracina (lo dice lui stesso in una intercettazione: “Patrizio, io c’ho un problema, che sto a Latina e Terracina in campagna elettorale”), cede assumendo gli operai poiché ingolosito dalle prospettive offerte dal politico per il business dei rifiuti ad Anzio e al contempo timoroso di perdere occasioni di lavoro e di essere estromesso.
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Nel mezzo il manager Francesco Saverio Colucci il quale, pur essendo stato arrestato (domiciliari) nel 2017 nell’ambito del procedimento “Touchdown” (l’ordinanza fu firmata dal Gip di Latina, Giuseppe Cario), viene visto dall’ex assessore come un ostacolo, tanto da chiedere a Del Prete un incontro con lui in modo tale da sbloccare la situazione delle assunzioni. È lo stesso Colucci ad apprendere da un operaio della ditta che l’assessore Placidi aveva bloccato la determina: un atto che venne annullato e infine approvato lo stesso giorno, il 14 giugno 2016, dopo tre distinti e articolati passaggi amministrativi avvenuti dal 3 maggio dello stesso anno in poi e che videro annullate le proposte di determina e coinvolti (non penalmente) l’ufficio ambiente e bilancio del Comune di Anzio.
“Con te – dice Placidi a Del Prete in un frangente – posso anche venire, capito? Avevo pensato di fare anche l’ampliamento, stamattina l’ho annullato, se lui (nda: Colucci) pensa di prendere per il culo a Patrizio Placidi ma non ci provasse proprio, capito? Hai capito?”. E ancora, a maggio 2016, sempre l’assessore a Del Prete, all’interno dell’ufficio sermonetano: “Ho la determina di altri 25mila euro, adesso l’ho bloccata…ma se ti dico che l’ho bloccata vuole dire che sta da Tonino Morvillo (nda: ufficio Bilancio del Comune di Anzio) in attesa di…”.
Al contempo, Colucci si dimostra consapevole di ciò che succede, pur non avendo rapporti con l’assessore: “È un poveraccio perché deve mettere quattro persone sue…oltre che poveraccio è un cattivo proprio“.
Alla fine, il Tribunale di Velletri, a gennaio 2023, è chiaro: “Il privato (Del Prete), ricevendo una spinta motivante di natura utilitaristica e ponendosi nella prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale – l’estensione dell’appalto già in essere – si determinava volontariamente alla promesse dell’indebito – l’assunzione, presso la sua azienda, di lavoratori indicati dal pubblico ufficiale (Placidi). L’accordo collusivo veniva portato a compimento con l’adozione della determina dirigenziale del 14 giugno 2016 e con l’assunzione nelle fila della Sia società cooperativa in data 23 giugno di quattro operai collegati a Placidi“.
L’ex assessore Placidi, difeso dagli avvocati Marco Fagiolo e Giovanni Tedesco, è stato condannato dal collegio del Tribunale a 4 anni di reclusione, vieppiù interdetto dai pubblici uffici e in perpetuo a contrattare con la pubblica amministrazione. Raffaele Del Prete, assistito dall’avvocato Michele Scognamiglio, ha rimediato una condannata a 6 mesi. Il reato, come detto, è quello di induzione indebita a dare o promettere utilità realizzato in concorso.
Assolto, invece, per non aver commesso il fatto, Francesco Saverio Colucci, difeso dall’avvocato Alessia Vita: sì dipendente e titolare di fatto della coop Sia, ma estraneo all’episodio. Per di più Placidi, così come scrivono i giudici, non riuscì mai ad incontrare Colucci, “irritandosi più volte, nel corso delle conversazioni con Del Prete, per l’atteggiamento di Colucci che, invero, si rifiutava di incontrarlo e contattarlo”.
Uno spaccato maleodorante tra interessi, affari e politica.