Implementare drasticamente il numero di alberi nei territori locali è un argomento che, finalmente, gode del legittimo spazio tra le questioni dibattute pubblicamente. Non è certo una cosa semplice pianificare la piantumazione di milioni di alberi anche nella sola provincia di Latina, e di questo Latina Tu ne ha parlato nell’articolo “Assorbire CO2, quanti alberi da piantare a Latina e provincia?”.
Fenomeni ventosi estremi, come l’uragano che si è abbattuto alla fine di ottobre 2018 su Terracina o la violenta tromba d’aria di qualche giorno fa tra il lungomare e l’entroterra latinense, hanno portato nell’immediato le amministrazioni locali ad abbattere alberi giudicati pericolanti – o anche solo pericolosi – senza pensare ad un imminente ripristino del verde appena rimosso in via precauzionale. Pensare sempre all’oggi che incombe, escludendo il domani e il futuro dalla programmazione delle azioni di sicurezza urbana, eviterà ai cittadini problemi come la caduta di tronchi o rami di alberi non manutenuti per decenni, ma senz’altro esporrà i cittadini di domani a guai più seri dettati dalla sempre minore presenza della vegetazione nei territori.
Un auspicato piano territoriale per piantumare tantissimi nuovi alberi, magari milioni di nuove essenze arboree, andrebbe comunque a scontrarsi con la stratificazione urbana di fine Novecento, secolo che verrà ricordato per la cementificazione selvaggia, oltre che per un inquinamento tale che sta spingendo il pianeta verso la sesta estinzione di massa.
Vero è che gli agglomerati urbani esistenti non possono essere rasi al suolo con un solo gesto per essere progettati in maniera immediatamente ecocompatibile. Stessa osservazione è valida per i campi agricoli convenzionali, i quali non possono essere espropriati all’istante per far largo a boschi imposti. Però, esiste sempre una via di mezzo.
In città, il cemento e l’asfalto dovranno sicuramente lasciare sempre più spazio alle piante, alle siepi, agli alberi, in modo da reintegrare con i fatti il verde tra gli elementi imprescinibili di una città. Nuove file di alberi, più marciapiedi, più trasporto pubblico e meno mezzi privati, siepi che delimitano le proprietà fondiarie e poste torno torno ospedali ed edifici scolastici nei pressi di grandi vie di comunicazione, per evitare che gli studenti e degenti respirino aria degradata dal punto di vista qualitativo. Magari, un giorno si vedranno anche edifici che presteranno le proprie fiancate a boschi verticali, perché ogni spazio dovrà essere ottimizzato.
Sul fronte extraurbano, le amministrazioni comunali, o comunque gli enti territoriali locali, facendo ricorso a fondi comunitari e, magari, anche a crowdfunding civici, potranno pensare di acquistare terreni seminativi in punti strategici o acquisire proprietà agricole confiscate alla criminalità per piantare alberi, piccoli boschi, polmoni verdi che assorbono CO2 e migliorano la stabilità idrogeologica dei territori.
Il Professor Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale di fama mondiale che dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV) dell’Università degli Studi di Firenze, nel 2013 è stato indicato dal New Yorker come uno dei 100 world changers (cioè le persone che daranno un contribuito a cambiare il mondo), e recentemente ha lanciato insieme al fondatore di Slow Food Carlo Petrini e Domenico Pompili, Vescovo di Rieti, l’iniziativa “Un albero in più” volta alla piantumazione di 60.000.000 di alberi in tutta Italia, uno per ogni cittadino:
“Milioni, miliardi di alberi. Possiamo farlo oggi, subito: non inciderebbe sui nostri stili di vita, avrebbe costi irrisori rispetto a qualunque altra alternativa e funzionerebbe sicuramente. Piantare miliardi di alberi coprendo ogni zona del pianeta che possa essere adatta. Soprattutto le nostre città, dove la presenza di alberi avrebbe anche altri effetti positivi: ridurre l’isola di calore urbana durante le grandi ondate di caldo estivo, ospitare biodiversità, mitigare le alluvioni urbane, migliorare la vivibilità. Immediatamente. Ogni zona delle città che possa ospitare degli alberi deve essere utilizzata a questo scopo. Si può fare e si può fare in fretta e con poco”.
Anche le fasce frangivento ai lati del reticolato di strade pontine e sui confini dei poderi della fu Opera Nazionale Combattenti sembrano ormai una dentatura intermittente di una bocca che non si è mai presa cura di sé. L’implementazione di questo tipo di infrastrutture verdi, ad esempio, è rimasta solo su carta: in realtà, da progetto, erano previste dalle 3 alle 5 file di alberi, quando a frangere le sempre più numerose tempeste di venti impetuosi c’è stata una sola ed unica linea di pini, lasciati crescere senza più alcuna garanzia di tenuta statica.
Un articolo del Fatto Quotidiano della scorsa estate parla delle scelte strategiche attuate dall’Amministrazione di Lignano Sabbiadoro, località balneare in provincia di Udine, proprio sulla gestione del verde urbano. Nuove tecniche di salvaguardia delle radici dei pini domestici che affiorano nel manto stradale, messe a punto dal dottore forestale Luigi Strazzabosco, in collaborazione con SuPerAlberi, riguardano il meccanismo di ossigenazione dal basso degli alberi: “Attraverso un sistema di indirizzamento delle radici simile a quello che si usa per i vigneti, è stato possibile contenere le radici nel terreno”. Il monitoraggio successivo delle piante, in una zona dove il vento soffia anche a 100 km/h, ha permesso di verificare che “il 90% delle alberature non solo ha mantenuto la stabilità precedente, ma ha anche migliorato i fattori di sicurezza”. Secondo Cantiani, “si tratta di tecniche che permetterebbero ai comuni di risparmiare centinaia di migliaia di euro e di non procedere ad abbattimenti senza scienza e coscienza”.
Nel film “Il gladiatore”, pellicola che vinse 5 Oscar, evergreen che non sbiadisce col tempo, Massimo Decimo Meridio insegna ai gladiatori, suoi compagni di sventura, come sopravvivere nell’arena: mai isolati, sempre in gruppo coeso. La chiamava “Testuggine” quella formazione che, coordinatissima, riusciva a resistere “come un sol uomo” ai fendenti dei nemici. Insomma, nelle città come nei territori al di fuori dei centri abitati quello che serve sono proprio delle schiere folte di alberi come fossero delle testuggini tattiche dei lottatori dell’Impero Romano, un’azione che va studiata e pianificata in maniera sempre più corale tra cittadini e istituzioni, senza che risulti essere una prerogativa specifica dell’una o dell’altra composizione della società ma un’esigenza di entrambe da soddisfare.
Questo è il modo per dare agli alberi (e alla vegetazione in genere) la possibilità di svelare la loro grande attitudine ad essere grandi alleati delle città del futuro.