Operazione Planning: Guardia di Finanza e Direzione Investigativa Antimafia hanno eseguito ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 soggetti. Sequestro di beni, in Italia e all’estero, per oltre 32 milioni di euro
Personale della Direzione Investigativa Antimafia e militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, hanno dato corso a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 12 persone (8 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti comunque aggravati dalle modalità mafiose.
Tra gli arrestati c’è anche l’ex assessore e presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Dominique Suraci. Per quanto riguarda la provincia di Latina, figurano tra gli arrestati anche i fratelli Giampiero e Sergio Gangemi, 53 e 48 anni. Come noto, entrambi sono stati coinvolti in un processo per estrosione con all’aggravante mafiosa ai danni di due imprenditori di Torvajanica e Aprilia. Sergio Gangemi, per quel processo, è stato condannato con sentenza passata in giudicato a sette anni, due mesi e 20 giorni lo scorso maggio. Per il fratello, il processo pende ancora in primo grado: co-imputati Patrizio Forniti e Mirko Morgani.
Sergio Gangemi, come noto, gravitante nell’area tra Latina, Aprilia e Roma, ha sul groppone parecchi precedenti e rientra anche nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, legati un tempo ai clan rom di Latina. La famiglia Gangemi, trapiantata nel nord pontino, da sempre è considerata dall’Antimafia vicina alla cosche dei De Stefano e degli Araniti.
Il primo provvedimento di sequestro risale al novembre 2019 disposto dal Tribunale di Roma – Sezione misure di Prevenzione su richiesta della DDA Roma per un valore di circa 10 milioni di euro tra terreni, immobili, conti correnti e quote societarie. L’operazione denominata “Gerione” fu eseguita dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Latina in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata.
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Il secondo provvedimento di sequestro, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, è datato invece luglio 2020 eseguito sempre dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Latina, in coordinamento con la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Imprese commerciali operanti principalmente nel settore del commercio e del noleggio di autovetture, di beni mobili e immobili, nonché disponibilità finanziarie per un valore totale di 4 milioni di euro. Anche in questo caso, la contestazione è ricaduta su persone ritenute prestanome.
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma si è espresso sui sequestri e sulla misura di prevenzione personale a carico di Gangemi (già in passato coinvolto in operazioni di sequestro e confisca dei beni), difeso dall’avvocato Giuseppe Fevola, e ha disposto la confisca dei beni respingendo i ricorsi dei vari prestanome.
Tra gli indagati nell’operazione “Planning” anche l’ex calciatore della Reggina Francesco Cozza, di 48 anni. La Dda di Reggio Calabria ipotizza a suo carico il reato di associazione per delinquere, aggravata dal favoreggiamento alla criminalità organizzata. Secondo il Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri e i sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto, Cozza sarebbe stato uno degli elementi a disposizione dei clan. Attraverso la società “Business Group” sarebbe coinvolto, in particolare, negli illeciti che avrebbero riguardato la realizzazione di alcuni centri commerciali in Abruzzo.
Oltre ai fratelli Gangemi e l’ex consigliere comunale Suraci, arrestati anche gli imprenditori Francesco Armeni, di 68 anni, Andrea Chilà, di 57, Domenico Gallo, di 66 anni, Fortunato Martino, di 59, e Antonino Mordà, di 53. Disposti gli arresti domiciliari, invece, per gli imprenditori Gaetano Coppola, di 83 anni, Roberto Di Giambattista, di 65, Vincenzo Lo Giudice, di 60, e Giuseppe Antonio Milasi, di 53 anni.
Indagati, oltreché a Ciccio Cozza, anche Luigi Bagnato, Filippo Antonio Barcaiolo, Marcello Brunozzi, Carmelo Maria Romeo, Domenico Siclari, Tiziana Spina e Gianluca Taverniti.
Nell’operazione odierna, contestualmente – in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria -, D.I.A e Finanzieri hanno dato esecuzione al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – D.D.A. di 28 imprese, di cui 1 con sede legale in Slovenia ed 1 con sede legale in Romania, 27 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di euro.
L’operazione costituisce l’esito di un’articolata indagine condotta dalla D.I.A. e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria che ha consentito di disvelare – fatte salve le successive valutazioni di merito – co-interessenze economiche sussistenti tra alcuni imprenditori e cosche di ‘ndrangheta della città di Reggio Calabria.
In particolare, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, sarebbero stati acquisiti elementi integranti l’esistenza di un’associazione a delinquere nel cui ambito imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare – taluni dei quali già coinvolti in indagini penali o destinatari di misure di prevenzione – avrebbero stretto una pluralità di accordi con famiglie di ‘ndrangheta, agevolando l’infiltrazione della consorteria in quei settori attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate per il tramite di imprese fittiziamente intestate a terzi, ovvero mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.
Parte dei profitti così accumulati sarebbe stata successivamente trasferita in maniera occulta, attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici, al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di ndrangheta, e di ostacolare le indagini, eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti.
Parallelamente, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria.
Le indagini, durate 2 anni, hanno avuto ad oggetto illeciti commessi dal 2011 al 2021 e sono state integrate e riscontrate da plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, formatesi autonomamente e in tempi diversi.
Peraltro, le investigazioni – allo stato del procedimento e impregiudicata ogni diversa successiva valutazione nel merito – avrebbero consentito di svelare ulteriori ipotesi di impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio che coinvolgono la provincia di Pescara, dove taluni indagati avrebbero sostenuto, con proventi derivanti dall’attività criminale, un investimento finalizzato all’avviamento e alla gestione di due supermercati.
Nello specifico, gli imprenditori reggini coinvolti nell’iniziativa economica sviluppata in tale area sarebbero accumunati dai rapporti di solidarietà criminale con la cosca De Stefano e Araniti, sebbene questo non sarebbe l’unico tratto collusivo con la ‘ndrangheta reggina, atteso come la gran parte di loro vanterebbe anche ulteriori rapporti di solidarietà criminale con altre cosche.