Voto di scambio alle elezioni comunali di Latina 2016: tre i rinvii a giudizio, mentre Zi’ Marcello chiede il rito abbreviato
Erano in tre a dover rispondere della compravendita di voti per conto della lista collegata all’attuale consigliere regionale della Lega Angelo Orlando Tripodi e, all’epoca dei fatti contestati, candidato sindaco per il capoluogo. Tripodi, come noto, non è indagato, ma a finire accusati sono stati uno dei componenti della lista “Latina Olim Palus 32” che lo appoggiava, l’imprenditore 34enne Roberto Bergamo, più il 24enne Ismail Ghayesh (il sodale più stretto di un feroce protagonista della mala pontina Gianfranco Mastracci) e il 36enne Angelo Morelli detto Calo, da sempre affiliato al Clan Travali.
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Oggi il gup del Tribunale di Roma Angelo Giannetto li ha rinviati tutti e tre a giudizio per fatti che all’inizio erano ben descritti nell’inchiesta Alba Pontina ma che, poi, sono stati disposti in un procedimento a parte dai pm Luigia Spinelli e Barbara Zuin, magistrati che da oltre due anni fanno parte del pool investigativo antimafia romano – voluto dal Procuratore capo Michele Prestipino – che prova a lumeggiare i fatti mafiosi nella provincia pontina.
A casa di “Calo” Morelli, effettivamente, fu ritrovata una cartellina denominata “Latina Olim Palus 2032” in cui vi erano scritti i 31 candidati della lista. Accanto ai nomi dei candidati, alcuni numeri a matita. Durante la perquisizione nella casa di Angelo “Calo” Morelli, Roberto Bergamo passò di lì, dichiarando alle forze di polizia, operanti nella perquisizione e interessate alla sua presenza, che non stava cercando “Calo” ma suo fratello Sabatino “Manolo” Morelli.
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Secondo i pm Spinelli e Zuin, Bergamo, in concorso com Morelli, ha promesso “ad un numero imprecisato di elettori il compenso di 30 euro per ciascun voto” così da far conseguire un vantaggio elettorale a favore dell’imprenditore e, di conseguenza, del candidato sindaco Tripodi.
Per quanto riguarda Ismail El Ghayesh, anche le sue azioni sono descritte dettagliatamente già nell’inchiesta Alba Pontina. Considerato più che altro come una spalla del temibile e temuto Gianfranco Mastracci (condannato in secondo grado nel troncone romano di Alba Pontina) con il quale, per conto dei Morelli, acquistava voti, come sostengono anche i due pentiti (prima Renato Pugliese, poi Agostino Riccardo), offrendo 30 euro a consenso. Le indicazioni della consorteria criminale erano quelle di votare Bergamo consigliere comunale e Tripodi come sindaco.
Fatti confermati confusamente anche da una delle vittime di Mastracci che fu portato, contro la sua volontà, al seggio per votare Bergamo e Tripodi. Si trattava di un giovane, all’epoca tossicodipendente, che aveva contratto un debito di droga.
Per El Ghayesh, Bergamo e Morelli la prima udienza del processo è fissata per il prossimo 14 ottobre presso il Tribunale di Latina.
Altra storia, invece, è quella di Antonio Fusco detto Zi’ Marcello. Per l’uomo dei misteri, recentemente ascoltato in un’udienza di Alba Pontina, dove ha cercato di minimizzare il suo ruolo di soffiatore delle indagini della Squadra Mobile di Latina, gli avvocati difensori hanno optato per il rito abbreviato dopo che sarà ascoltato l’ex ristoratore vittima di estorsione dei Di Silvio: quel Davide Malfetta il cui episodio è dirimente nell’economia dell’inchiesta per mafia Alba Pontina e per la storia criminale della città. Dopo gli arresti per questa estorsione all’ex ristoratore di Sermoneta Scalo, Renato Pugliese, il figlio di Cha Cha, decise definitivamente di collaborare con lo Stato e di diventare a tutti gli effetti il primo vero pentito della storia di Latina.
Per quanto riguarda Fusco, l’udienza davanti al gup è fissata il 31 maggio prossimo. L’uomo dei misteri, che, secondo la Squadra Mobile di Latina, riusciva a passare informazioni investigative già all’epoca di Massimiliano Moro, ha già sostanzialmente respinto al mittente un suo ruolo nell’estorsione Malfetta. Zi’ Marcello ha detto che, sì, si interesso di placare la sete estorsiva di Pugliese e Riccardo, scagionando in toto Lallà Di Silvio e i figli, ma che a occuparsi dall’inizio di difendere l’ex ristoratore fu un certo Massimo Severoni, che di misterioso ha molto più di lui, tra servizi segreti millantanti o meno, ruoli nella Dia, e guai con la giustizia per questioni di riciclaggio.
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Il Comune di Latina si è costituito parte civile con un’apposita delibera di Giunta approvata il 26 gennaio che rivela come ci fosse stato anche un errore materiale nel Decreto dell’Ufficio Gup del Tribunale di Roma che non indicava tra le parti offese l’Ente di Piazza del Popolo. Il Comune ha affidato la costituzione di parte civile all’avvocato Francesco Cavalcanti poiché “le condotte come valorizzate nella ridetta Richiesta – sempreché confermate – sono lesive sotto più profili degli interessi intestati all’Amministrazione” e “i reati contestati in varia misura incidono in maniera pregiudizievole tanto sulle posizioni giuridiche dell’Ente quale titolare della funzione, quanto sulla collettività, dei quali interessi l’Amministrazione è soggetto esponenziale, posto che il bene giuridico protetto dalle disposizioni violate si sostanzia nel libero e regolare esercizio del voto, che deve trovare espressione senza alcuna distorsione, quale atto di autonoma ed incondizionata scelta di ogni cittadino elettore per la formazione democratica degli organi rappresentativi“.