I metodi della faida del rione Don Guanella esportati sul litorale di Scauri con i servigi resi da quello che è considerato il capozona minturnese
L’operazione Touch&Go dà lo spunto per una riflessione su cosa è diventata la terra pontina, in questo caso quel litorale sud dove tutti stanno zitti e, anche dopo arresti eclatanti, al massimo, se va bene, si mette “like” all’articolo su Facebook.
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Sì perché, sul lungomare di Scauri, è andata in scena una sorta di faida, una guerra strisciante tra gruppi di napoletani in trasferta e ras di quartiere alla fine spodestati con metodi mutuati da Gomorra: tra gli autoctoni c’era chi collaborava e diventava organico e c’era chi resisteva e, quindi, doveva essere colpito, anche a morte (almeno nelle intenzioni).
Violenza e guapperia, non senza una fascinazione mutuata direttamente dalle serie televisive. Insomma, i nuovi camorristi, si vede che nella loro azione non tralasciano le icone da fiction, l’atteggiarsi, il rumoreggiare. E, probabilmente, quando vengono in trasferta, la cresta la alzano anche di più.
Siamo nell’inverno 2016 e Scauri appare sempre la stessa solo che la presenza di alcuni napoletani si inizia a far sentire. Ma non sono napoletani qualunque, e neanche napoletani perbene: tra di loro ci sono quelli del rione Don Guanella, quelli che hanno sfidato Carlo Lo Russo, alias “Carlucciello”, dell’omonimo clan che imperversa nel quartiere di Napoli nord “Miano”, chiuso tra Scampia, Secondigliano, Piscinola, Marianella e San Carlo all’Arena.
In mezzo a queste nuove presenze, direttamente dal Don Guanella, c’è il 30enne Massimiliano Mallo, arrestato ieri in ragione dell’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, e fratello del capozona Walter Mallo (con un passato da attore: recitò nel 2008 in uno sconsciuto film dal titolo emblematico “Il ragazzo di Scampia”), stranoto in certi ambiente e nelle cronache campane per una lacrima tatuata sul viso.
È lui, Walter, che ha sfidato Carlucciello, oggi collaboratore di giustizia, ed è probabilmente lui (ora è in carcere) che fa il tifo per il fratello, Massimiliano Mallo, salito su da Napoli per conquistare Scauri insieme a Walter Palumbo, arrestato anche lui ieri. Entrambi risponderanno dell’accusa di armi.
Secondo gli inquirenti dell’operazione Touch&Go, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio del 2016, Mallo, insieme a Palumbo, si sarebbe recato a Scauri per fare visita a una vecchia conoscenza delle cronache nostrane: colui che è definito capozona di Scauri, il 35enne Armando Danilo Clemente, il quale dalle parti di Minturno riesce a incutere timore anche solo a nominarlo.
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Tutti e tre, secondo gli investigatori, preparano un attentato per colpire il rivale di zona, Giuseppe Fedele, che trovava sponda nel clan Gallo di Torre Annunziata/Boscotrecase e persino nei clan Mendico/Antinozzi di Santi Cosma e Damiano, più Castelforte. La ragione della contesa, come è facilmente intuibile, è il controllo dello spaccio sul litorale di Scauri e oltre.
Tuttavia Mallo, Palumbo e l’autoctono Clemente non sono soli, hanno l’appoggio di gente che in quel momento conta: i fratelli Scotto (il suocero di Mallo è uno dei tre fratelli Scotto, Ferdinando) che, come spiegato dagli inquirenti, possono vantare legami di ferro. Prima con il Clan Licciardi che a Secondigliano qualcosa (eufemismo) conta e poi con il clan Sacco-Bocchetti e, per l’appunto, Mallo la quale è ormai famigghia riconosciuta.
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Ebbene, in quella notte del febbraio di 4 anni fa, Mallo e Palumbo arrivano a Scauri. Ormai c’è da finire la rivalità che va avanti da qualche mese con i ras locali. Lo spaccio deve essere solo loro; gli altri, al massimo, si affiliano.
Qualcosa va storto: stando a quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri dai Carabinieri, Mallo viene controllato due volte da altrettante pattuglie, prima sulla Domitiana nel comune di Sessa Aurunca e, poi, a Minturno, in via Appia, proprio nei pressi dell’abitazione di Armando Danilo Clemente, dove evidentemente era già presente il commando pronto ad agire contro i rivali.
Dopo i controlli subiti, Mallo, inconsapevole di essere sotto intercettazione, contatta i complici: “Ascoltami, io adesso me ne vado proprio a dormire perché è proprio impossibile…mannaggia, hai capito o no?“.
Solo poco prima delle cinque del mattino, Massimiliano Mallo riesce a raggiungere il covo degli alleati e qui fa capire sia i suoi timori che la forza di fuoco che erano pronti a sprigionare contro chi non voleva accettare a Scauri la legge del Rione Don Guanella: “Ho immaginato che là sopra ci stava l’arsenale, hai capito? Allora ho pensato… ora ci fermano qua sotto (ndr: a casa di Armando Danilo Clemente), sentono qualche voce e poi salgono sopra“.
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“È evidente – scrivono gli inquirenti nel provvedimento cautelare – che anche Mallo, che quella sera viaggiava in auto in compagnia di Walter Palumbo, fosse ben consapevole del fatto che in casa di Clemente i sodali detenessero le armi con cui effettuare l’attentato intimidatorio. Le intenzioni del gruppo erano quelle di colpire Geppino Fedele (ndr: Giuseppe Fedele)”.
Successivamente, dopo che il primo attentato non si è consumato, gli investigatori descrivono un altro momento: c’è sempre Mallo, insieme a uno dei fratelli Scotto, e ad Amedeo Prete (arrestato ieri), anche lui del Rione Don Guanella, i quali cercano di figurarsi l’azione, proprio come fossimo in una puntata di Gomorra, “specificando che il fucile da utilizzare è nella disponibilità do Clemente”: “Adesso – dice Mallo – Geppino (ndr: Fedele) se ne va…perché io quei pallettoni…mi devono morire i figli miei…sul lutto di papà, il terrazzo dove si affacciava Ugo glielo butto per terra… mi deve morire Walter e Rosy con un tumore… che può mettere quello, 7…8…10 pallettoni…:ce li sparo tutti quanti“.
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