Il carcere, si sa, è un luogo delicato, dove storicamente, nelle vicende criminali del più o meno alto spessore in Italia, si sono strette alleanze e consolidato vecchie e nuove giunture criminali. Uno dei più feroci boss malavitosi italiani, Raffaele Cutolo, diede vita alla sua temuta e dominante Nuova Camorra Organizzata proprio nei suoi anni di detenzione. Costruì un impero e lo fece pensandolo e concretizzandolo dal carcere. Fatte le dovute proporzioni, non avranno pensato a questo i Travali, Del Vecchio e gli altri quando facevano di tutto, pagando agenti della Polizia Penitenziaria, per stare vicini di cella, ma le dinamiche di comunicazione sono sempre le stesse. In carcere, un mondo a parte, i criminali si adeguano alla loro nuova vita e continuano a comandare gli affari al di fuori, oppure cercano di fare quadrato con la cornice di un buon astice, una sniffata di cocaina e una bella sigaretta per concludere la giornata.
Ridotti in carcere col processo Don’t Touch – condannati Angelo Travali a 7 anni e mezzo, il fratello Salavatore a 7, 11 anni al loro punto di riferimento criminale, lo “zio” Costantino “Cha Cha” Di Silvio -, con il clan Di Silvio, fazione Lallà, a imperversare sulle loro piazze di spaccio reclutando persino due fedelissimi come Agostino Riccardo e Renato Pugliese (poi entrambi divenuti collaboratori di giustizia nell’ambito del procedimento penale Alba Pontina), i due fratelli insistevano a farsi spostare dove pareva loro (ad un certo punto, fecero di tutto per andare a Campobasso) iniziando a frequentare nelle patrie galere personaggi come Salvatore Di Girolamo, di stanza a Sabaudia da più di due lustri, legato al Clan Di Lauro di Secondigliano e arrestato nel 2012 per dover scontare una condanna a oltre quattro anni per associazione mafiosa.
A causa della condotta disdicevole e gravissima dell’ispettore superiore Franco Zinni e l’assistente capo Gianni Tramentozzi, entrambi della Polizia Penitenziaria presso il carcere di Via Aspromonte, che consentivano gli spostamenti voluti dai pregiudicati, i Travali non disdegnavano la compagnia di un pezzo importante della mala di Fondi, il 35enne Massimiliano Del Vecchio, già condannato nel 2015 a 9 anni e 8 mesi in Appello nel processo San Magno, con due pesi notevoli dell’area, Carlo e Alfiero Zizzo, che mise in evidenza un imponente traffico di cocaina, hashish, marijuana e amnesia sull’asse Roma-Latina, finalizzato a rifornire il mercato della capitale, di Latina, Roccagorga, Terracina, Monte San Biagio, Fondi e Sperlonga – coinvolti nomi di spicco come Pasquale D’Alterio, fratello di Peppe ‘o marocchino D’Alterio.
Della combriccola dell’astice, era attore anche Gennaro Amato, 54enne di Afragfola (Napoli) e da anni residente nella provincia pontina. Nell’estate 2018 fu colpito a Cisterna da una misura cautelare emessa dal Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, insieme ad altri 28 soggetti indiziati di appartenere a un’articolata associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, con base operativa nel quartiere di San Lorenzo a Roma.
Furono poste sotto sequestro due società a Cisterna di Latina riconducibili a lui ma fittiziamente intestate a due prestanome. Le indagini si originarono dall’operazione “Druso-Extra Fines” che aveva portato all’arresto nel Lazio, in Sicilia, in Lombardia, in Piemonte, in Emilia Romagna e in Germania di 37 appartenenti al clan di Gela legato a Cosa Nostra, Rinzivillo.
Il vertice dell’associazione per delinquere che si muoveva tra Cisterna, Aprilia e San Lorenzo fu individuato, per l’appunto, in Gennaro Amato, il quale, seppure agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica residenziale in provincia di Roma, continuava a gestire, tramite un fedelissimo, Alessandro Conti, il florido traffico di cocaina e marijuana.
Ultimo componente del nuovo sodalizio carcerario che di certo non soffriva di fame, secondo i Carabinieri era Antonio Di Noia, 38 anni, sempre di Cisterna, già condannato nel 2009 in primo grado a 14 anni e 8 mesi in merito all’operazione Tramonto (un giro di estorsioni e rapine contro commercianti di Cisterna).
Non è un caso che sono gli stessi Carabinieri, nella conferenza di questa mattina tenutasi al Comando Provinciale di Latina, a ribadire che è più facile che questo tipo di frequentazioni avvengano nel carcere che fuori dove, sovente, i criminali aderenti a sodalizi o clan tendono a non farsi vedere in giro insieme sia per questioni di prudenza sia per consuetudine criminale.
Resta da capire come mai, dopo due indagini – Petrus e Astice – che si sono concluse nel 2018, si sia atteso più di un anno per emettere i provvedimenti di custodia cautelare. Al netto degli esiti che l’operazione avrà, questa ennesima vicenda di malavita fornisce la possibilità, ancor di più, di ripassare la mappatura criminale di una terra, quella pontina, presa in prestito da satelliti dei clan meridionali, da anni alle prese con un radicamento tanto più forte quanto più silente.