Processo “Risiko”: nell’udienza preliminare i pubblici ministeri hanno chieste pene pesanti per il gruppo capeggiato dal latitante di Fondi, Massimiliano Del Vecchio
Dalla maxi indagine, che assommava ben tre attività investigative – le quali hanno coinvolto Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, Squadra Mobile pontina, militari dell’Arma della Compagnia di Terracina e poliziotti del Commissariato di Fondi, tutti coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia capitolina – si è arrivati lo scorso 26 novembre alla retata che ha emesso un’ordinanza imponente: carcere per tanti personaggi della malavita pontina che si intrecciava tra Fondi e Latina.
Un gruppo criminale capeggiato da Massimiliano Del Vecchio, che è riuscito a farla franca rendendosi latitante un attimo prima delle manette, e l’altro fondano Johnny Lauretti il quale, in seguito a questa operazione, ha deciso di dire basta e diventare collaboratore di giustizia.
Le investigazioni hanno consentito di ricostruire l’esistenza di un’associazione armata dedita al traffico di sostanze stupefacenti e operante in provincia di Latina. E gli indagati utilizzavano anche la il sistema criptato “Encrochat”, che è stato possibile decriptare grazie all’individuazione, in territorio francese, del server sul quale confluivano tutte le chat. Un sistema da criminalità di Seria A.
Oggi, 15 luglio, si è celebrata la prima tappa della udienza preliminare, davanti al Gup del Tribunale di Roma, Livio Sabatini, e i pubblici ministeri Francesco Gualtieri, Martina Taglione, Valerio De Luca e Alessia Natale hanno chiesto le condanne per coloro che hanno chiesto il rito abbreviato al termine di una lunga requisitoria. Tra i difensori gli avvocati Alessia Vita, Sandro Marcheselli, Oreste Palmieri e Maurizio Forte. La sentenza, dopo un paio di udienze per le arringhe difensive, è prevista per il prossimo settembre.

Pesanti le condanne richieste: 8 anni di reclusione per Claudio Pinto e Adolfo Bortone; 12 anni per Luciano Zizzo; 4 anni e 2 mesi per Mariateresa Alecci, compagna di Lauretti e divenuta anche lei collaboratrice di giustizia; 6 anni e 8 mesi per il pentito Johnny Lauretti; 14 anni e 8 mesi per Giovanni Masella; 10 anni e 4 mesi per Daniel De Ninno; 20 anni a testa per i latinensi Alessandro Artusa e Roberto Ciarelli; 10 anni e 8 mesi per Alberto Di Vito; 18 anni per il romano-napoletano Luigi Buonocore, capace di intessere rapporti con ‘ndrangheta e la camorra capitolina dei Senese; 10 anni per Onorato Rotunno; infine, 18 anni e 8 mesi per il fratello gemello del boss latitante, Gianluca Del Vecchio.
L’antipasto dell’indagine che, lo scorso 26 novembre ha portato a eseguire sedici arresti, era stata la cosiddetta operazione “Jars”. In quell’operazione, eseguita dai Carabinieri ad aprile 2024, emergeva la guerra per lo spaccio, condita da minacce, armi e attentati incendiari tra il gruppo guidato dalla coppia Alessio Ferri (legato ad Aldo Trani, cognato dei fratelli Tripodo) e Andrea Pannone (un tempo collocato nel clan Zizzo) e il sodalizio capeggiato da Massimiliano Del Vecchio, personaggio noto alle cronache giudiziarie, forte di legami anche con personaggi di peso criminale nel nord della provincia e oltre. Nella guerra dello spaccio fondano, il gruppo Del Vecchio è uscito vittorioso su quello Ferri-Pannone, a suon di attentati incendiari e armi da guerra.
Lo scenario era stato anticipato il 23 dicembre 2021 quando Carabinieri e Polizia arrestarono un gruppo eteregoneo di fondani e latinensi, tutti più o meno con precedenti di polizia. La Corte d’Appello ha confermato e condannato a pene persino più alte i sette uomini che tre anni fa furono arrestati a Fondi con un carico rilevante di droga. Gli imputati, così come nel primo grado, erano stati riconosciuti colpevoli di detenere la droga, successivamente la Cassazione ha rimesso in discussione quasi tutto. Ad ogni modo la pena più pesante è stata per Alessandro Artusa, 60enne di Latina, nato in Sicilia, che ha subito una condanna a 8 anni e 7 mesi, più una multa da 14mila euro.
Il giorno dell’Epifania 2022, finì in carcere anche il fratello di uno degli arrestati, il pregiudicato Massimiliano Del Vecchio, volto noto negli ambienti del crimine pontino, che è risultato essere l’uomo che viveva ai domiciliari nella villa di Frosinone, dal 21 dicembre 2021, dove secondo quanto ricostruito dagli investigatori, nel cortile erano parcheggiate le quattro autovetture ed il furgone utilizzati dai sette condannati, tra cui Artusa e il fratello di Del Vecchio, per il trasporto dal capoluogo ciociaro a Fondi dello stupefacente e delle armi: 60 chili di hashish e 15 chili di marijuana. Nel doppio fondo del furgone furono invece rinvenute 2 pistole, una mitraglietta e 3 fucili con centinaia di munizioni di vario calibro, 15 chili di plastico, 14 detonatori e due bombe a mano.
Nelle carte dell’inchiesta “Risiko” rientrano anche due ex affiliati che iniziano a parlare con gli inquirenti, entrambi provenienti dall’area fondana: i collaboratori di giustizia Salvatore Iannicelli e Alessandro Simonelli.
Episodi culmine della guerra per il predominio dello spaccio, sono solo la serie di attentati tra bombe e incendi contro auto di personaggi più o meno noti alle forze dell’ordine che atterrirono la città di Fondi nella primavera del 2021. Tutti gli attentati che vanno da marzo a luglio 2021 sono indirizzati ad auto e abitazioni riconducibili al gruppi Ferri-Pannone e, di meno, ai rivali Lauretti-Del Vecchio: in un caso ad andarci di mezzo è il fondano “Nonno Jack”, al secolo Tommaso Rotunno; e a seguire attentati diretti o indiretti a Guido Quadrino, Roberto Cellone alias “Cellone”, Francesco Paolo Petrillo, Armando Ciccone, Alberto Di Vito. “Le esplosioni – spiega il collaboratore Simonelli – sono avvenute sempre in luoghi dove c’era attività di spaccio per conto di Ferri e Simeone e quindi avevano un valore simbolico. So che vi sono state stati ulteriori attentati rispetto a quelli emersi e denunciati”.
Al di là degli episodi su Fondi e sulla droga venduta anche fino ai Di Silvio della Ciociaria, emergono anche le intimidazioni su Latina. In uno dei capi di imputazione, Massimiliano Del Vecchio, Alesandro Artusa e Roberto Ciarelli sono accusati di violenza privata poiché, a maggio 2021, avrebbero minacciato Daniele Lelli e Stefano Barroccu, entrambi ritenuti pusher per conto del latinense Gianni Izzo.
Secondo gli inquirenti, i tre convocarono con urgenza Lelli e Barroccu presso un capannone nella disponibilità di Gianfranco Mastracci, per poi minacciarli con una pistola. Dovevano riferire a Gianni Izzo di interrompere l’attività di distribuzione della sostanza stupefacente nella cosiddetta zona Pub a Latina. Per Roberto Ciarelli, Alessandra Artusa e Massimiliano Del Vecchio quella era una loro zona di interesse, tanto da costringere i due giovani pusher a riferire tale messaggio e ad assicurare loro la esclusiva gestione della predetta piazza di spaccio.
L’alleanza tra i tre e Gianfranco Mastracci non durò a lungo. Quest’ultimo, noto pregiudicato di Latina Scalo (recentemente arrestato per aver staccato a morsi un orecchio di un pusher di Latina), arrivò a contrarre un debito di droga con Massimiliano Del Vecchio da 48mila euro. Prima ancora, tra lui e Artusa emersero divergenze nella gestione degli affari illeciti, in particolare nell’acquisto e nello smercio della droga.
Ma era il debito con Delvecchio a preoccupare Roberto Ciarelli e Alessandro Artusa, entrambi intimoriti dallo spessore criminale del fondano. Ad essere preoccupato, di più, fu naturalmente Gianfranco Mastracci che evase dai domiciliari a Latina Scalo per rifugiarsi ad Aprilia, proprio perché timoroso di qualche atto di ritorsione.
Alla fine, proprio perché vicino a loro, Ciarelli e Artusa acquisirono da Mastracci la lista dei debitori di droga, in modo da far fronte al debito contratto con i fratelli Del Vecchio.
Fatto sta che, alla fine, Artusa con la collaborazione di un altro pregiudicato, Mario Zappone detto “Malavita”, avrebbe deciso di far fuori Mastracci, con una pistola rimediata da un gommista di Latina. L’attentato a Mastracci era ormai cosa decisa tant’è che Roberto Ciarelli, in una conversazione del 3 agosto 2021, manifestava ad Artusa una certa insoddisfazione per il comportamento di Zappone il quale, a suo dire, pur avendo anch’egli interesse ad eliminare Mastracci, non aveva messo a disposizione i propri uomini.
L’agguato ad Aprilia saltò per il tempestivo arresto dei Carabinieri che fermarono Mastracci per evasione dai domiciliari. Un arresto che, col senno di poi, ha letteralmente salvato la vita a Mastracci che a bordo della sua Smart era cercato da Artusa e Zappone, a bordo di una BMW.
Ad ogni modo i tre – Ciarelli, Artusa e Del Vecchio – furono i mandanti di una minaccia nei confronti anche del noto narcotrafficante di Latina, Maurizio De Bellis detto “Billy”, il quale, secondo la ricostruzione degli inquirenti, si vide puntare una pistola dal ventunenne Giorgio Rizzi. Il giovane, su mandato di Del Vecchio, avrebbe tentato di esplodere colpi di pistola contro De Bellis. Quest’ultimo sarebbe stato costretto a scendere a trattative con l’associazione criminale tra Latina e Fondi, nonché a cedere la gestione della piazza di spaccio del quartiere del Villaggio Trieste di Latina, sino a quel momento di sua esclusiva competenza. I colpi contro De Bellis non andarono a segno solo perché la pistola di Rizzi si sarebbe inceppata. Giorgio Rizzi, 21enne di Fondi, fu arrestato a maggio dai Carabinieri in una folle fuga: fu trovato in possesso di un’arma e una parrucca che serviva a travisarlo. A ottobre 2021, è stato condannato a 3 anni di reclusione in primo grado.
Il nuovo progetto di espansione del gruppo criminale fondano-latinense determinava tuttavia l’insorgere di un conflitto con altra componente criminale già presente nel capoluogo e capeggiata da Maurizio De Bellis, Giovanni Izzo (all’epoca dei fatti detenuto) e Salvatore Di Girolamo, l’uomo originario di Secondigliano trapiantato nel pontino.
Il conflitto veniva risolto, almeno in un primo momento, grazie all’attività di mediazione esercitata proprio da Di Giroalmo e al riconoscimento sul territorio del nuovo gruppo criminale, il quale guadagnava il controllo, in tal modo, di una delle più importanti piazze di spaccio della città, quella relativa alla cosiddetta “zona dei pub” , nella quale, dunque, veniva smerciata e venduta la sostanza stupefacente fornita dai Del Vecchio. La mediazione di Di Girolamo fu dirimente per tenere le acque calme e salvare De Bellis da futuri attenti.
Artusa e Ciarelli junior, ad ogni modo, forti degli arresti che hanno infiacchito i clan rom di Latina, avevano come obiettivo anche altre piazze di spaccio, oltreché a quella della zona Pub e Villaggio Trieste. Le mire espansioniste dell’associazione criminale sul capoluogo pontino interessavano anche la piazza di spaccio controllata dalla sorella dei fratelli Angelo e Salvatore Travali, Valentina Travali, ossia nella zona dei Palazzoni in Q4.
Nel mese di maggio 2021 veniva infatti documentato l’avvio di una trattativa con Travali, importante figura dell’omonima famiglia rom, all’epoca detenuta presso la Casa Circondariale di “Roma-Rebibbia”. Artusa le aveva proposto di acquisire la gestione della sua piazza di spaccio in ragione proprio del suo stato di detenzione e comunque dietro corresponsione di una percentuale sui ricavi dell’attività delittuosa.
Il 60enne si vantava di avere buoni rapporti con Travali, la quale gli avrebbe “regalato” una pistola al momento della sua scarcerazione. L’acquisizione della piazza di spaccio, tuttavia, procedeva a rilento perché questa sperava di ottenere gli arresti domiciliari per continuare a gestire direttamente la vendita della sostanza stupefacente e, quindi, stava prendendo tempo nel cedere i propri clienti ad Artusa. Nel frattempo però lo stesso aveva già iniziato a lavorare secondo gli accordi e riferiva di averle già inviato 100 euro.
E gli obiettivi del sodalizio Ciarelli-Artusa era anche quello rifornire di droga vari pusher rimasti senza clan. È il caso di Daniele Sicignano detto “Canarino”, condannato nel processo “Alba Pontina”, e trovatosi senza il clan di riferimento, ossia quello di Campo Boario a Latina retto da Armando Di Silvio detto “Lallà”. Altro obiettivo era rappresentato anche dal Bar Mena a Sezze in Via del Murillo, considerato storico punto di riferimento per l’acquisto di droga nell’area periferica di Latina. Per invadere il mercato di Sezze, Ciarelli-Artusa cominciarono a rifornire di droga anche Maurizio Cirilli, noto pregiudicato da anni nel campo della spaccio di droga. A capo di tutto, però, c’era il fondano Massimiliano Del Vecchio al quale il duo latinense si rivolgeva per l’approvvigionamento di droga.