Voto di scambio politico-mafioso: è ripreso il processo che vede alla sbarra Emanuele Forzan e Raffaele Del Prete
È ripreso il processo per voto di scambio politico-mafioso che vede sul banco degli imputati i pontini Raffaele Del Prete e Emanuele Forzan. A rappresentare l’accusa il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Francesco Gualtieri.
Ad essere ascoltati gli imputati Emanuele Forzan e Raffaele Del Prete. Il loro esame si conclude presto. Entrambi rigettano tutte le accuse a loro carico, si sfogano, lamentando un anno di misura cautelare per accuse che ritengono infondate e “surreali”.
“Io non ho mai visto né conosciuto la famiglia Di Silvio“, scandisce Emanuale Forzan raccontando anche di aver sporto denuncia quando la sede della Lega fu obiettivo di una effrazione. Nega le accuse, Forzan, tantomeno di aver dato soldi ad Agostino Riccardo e Renato Pugliese. “Ho letto 17mila pagine di inchiesta da quando mi hanno accusato, non mi do pace. Io contro la malavita mi schieravo contro e dicevo a Riccardo e Pugliese che i manifesti non glieli facevo affiggere. Sono loro due a dire di non aver mai preso soldi da Forzan per la compravendita dei voti”.
“Avevamo solo sette rappresentanti di lista. Non c’erano manifesti personali. Ho sentito dire da Agostino Riccardo – spiega Forzan – che con i Di Silvio hanno portato 200 voti ad Adinolfi. Lui ha sempre preso oltre 400 voti. Solo”. Le preferenze prese al Gionchetto – secondo quanto riportato in Aula da Forzan – non possono essere riconducibili ad Agostino Riccardo e al clan Di Silvio capeggio da Armando detto “Lallà”. Quello è il quartiere dove è cresciuto l’imputato, il quale sostiene che, al massimo, era lui a fare campagna elettorale. “E poi – ha aggiunto Forzan – in quel quartiere c’è un altro Di Silvio, non Armando ma Romolo”. Sei, invece, secondo quanto riferito da Forzan, sono state le preferenze ottenute da Adinolfi a Campo Boario, zona sotto l’influenza del suddetto “Lallà”.
A parlare, naturalmente, anche Raffaele Del Prete: “La mia conoscenza con Agostino Riccardo è molto basica, mentre la conoscenza con i genitori c’era perché avevano una bottega di alimentari nello stesso compendio abitativo dove vivevo con i miei genitori. Io parlavo, come come parlava mia madre, con il padre di Agostino. Mio padre mi chiese di dare una mano al figlio in quanto io sono una persona conosciuta e ho delle attività a Latina. È da quel momento che partono diversi messaggi con Agostino, fino a quando arriva il maggio 2016 e gli rispondo per la sponsorizzazione dei manifesti, girandogli il numero di Forzan. Non ho mai preso un caffè con lui”.
“Io sono sempre stato interessato alla politica – continua Del Prete. Mi contattavano più politici, ma sono sempre rimasto a lavorare nel mio ambito. Ho accettato l’impegno con il movimento di “Noi Con Salvini”, era stimolante perché nasceva da zero. Ero appassionato, ma Adinolfi non era di certo funzionale alle mie aziende. Io stavo bene, non avevo bisogno dell’appoggio della politica. Non volevo fare il consigliere comunale, avevo solo un obiettivo politico. Adinolfi, che è una persona stimatissima, non mi serviva. Nella lista c’era il cognato di mio fratello e i voti l’ho portati a lui: ho fatto votare lui ed Emilio Carabot per stima persona. Non ho fatto confluire il mio voto su Adinolfi”
“Le accuse contro di me mi fanno piangere. Sono rimasto un anno di casa, una vita distrutta, aziende chiuse. Accuse di mafia,? Mi viene da piangere. Solo nel 2021, vengo sapere chi è questo Armando: Armando Di Silvio, definito il capo clan. Un mondo surreale”.
Prossima udienza il 12 settembre, con i testimoni della difesa. Di seguito, il 27 novembre, ci saranno le discussioni di pubblico ministero e difese. Il processo è alle battute finali e il terzo collegio del Tribunale, presieduto dal giudice Mario La Rosa, emetterà la sentenza entro la fine dell’anno.
Nell’udienza odierna, era prevista la testimonianza dell’ex europarlamentare della Lega, Matteo Adinolfi, il quale ha fatto pervenire una giustificazione per problemi di salute.
Lo scorso 6 febbraio, si era concluso il contro-esame di Agostino Riccardo interrogato dal collegio difensivo composto dagli avvocati Michele Scognamiglio, Massimo Frisetti e Gaetano Marino.
IL PROCESSO – Sul banco degli imputati di questo processo ci sono, come detto, l’imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete e l’ex collaboratore della Lega in Regione Lazio, nonché responsabile elettorale per la lista “Noi con Salvini” alle elezioni comunali di Latina nel 2016, Emanuele Forzan, collaboratore al momento, in Regione, del consigliere regionale di Forza Italia, Angelo Tripodi.
I due imputati, Forzan e Del Prete, oggi come sempre presenti in Aula, furono arrestati il 13 luglio 2021 nell’ambito dell’inchiesta che ha portato alla contestazione del voto politico-mafioso riferibile alla campagna elettorale del 2016 a Latina (Comunali). L’imprenditore Raffaele Del Prete è accusato di aver dato soldi ad Agostino Riccardo, ex affiliato al Clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia, in cambio di voti, attacchinaggio e visualizzazione dei manifesti elettorali in favore di Matteo Adinolfi (della lista “Noi con Salvini”), ex europarlamentare della Lega (fu eletto nel 2019) e, nel 2016, in corsa per diventare consigliere comunale. Carica che, alla fine, raggiunse con 449 voti. La posizione di Adinolfi, però, è stata archiviata definitivamente a ottobre 2022 per decisione della sezione Gip/Gup del Tribunale di Roma, su richiesta della stessa Procura/DDA di Roma.
Per l’accusa, Del Prete avrebbe dato a Riccardo circa 45mila euro. A costituire, secondo inquirenti e investigatori, il ruolo di collettore anche Emanuele Forzan. L’inchiesta fu portata a compimento da Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Squadra Mobile di Latina.