VOTO DI SCAMBIO POLITICO MAFIOSO A LATINA, RICCARDO RIBADISCE: “DEL PRETE MI PAGAVA IN CONTANTI PER FAR ELEGGERE ADINOLFI”

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Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

Voto di scambio politico-mafioso: è ripreso il processo che vede alla sbarra Emanuele Forzan e Raffaele Del Prete

È ripreso, dopo quasi due anni dall’ultima udienza in cui si è svolto un esame di un testimone, il processo per voto di scambio politico-mafioso che vede sul banco degli imputati i pontini Raffaele Del Prete e Emanuele Forzan. L’ultima udienza in cui il dibattimento è andato avanti risaliva al luglio 2023 quando l’esame del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo si interruppe per via della richiesta del difensore di Del Prete, l’avvocato Michele Scognamiglio, di bloccare il video collegamento.

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Oggi, 6 febbraio, dinanzi al terzo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, era previsto il contro-esame di Agostino Riccardo che si è svolto non senza toni sostenuti tra il collegio difensivo composto dagli avvocati Michele Scognamiglio, Massimo Frisetti e Gaetano Marino e il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Francesco Gualtieri.

Sul banco degli imputati di questo processo ci sono, come detto, l’imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete e l’ex collaboratore della Lega in Regione Lazio, nonché responsabile elettorale per la lista “Noi con Salvini” alle elezioni comunali di Latina nel 2016, Emanuele Forzancollaboratore al momento, in Regione, del consigliere regionale di Forza Italia, Angelo Tripodi

I due imputati, Forzan e Del Prete, oggi come sempre presenti in Aula, furono arrestati il 13 luglio 2021 nell’ambito dell’inchiesta che ha portato alla contestazione del voto politico-mafioso riferibile alla campagna elettorale del 2016 a Latina (Comunali). L’imprenditore Raffaele Del Prete è accusato di aver dato soldi ad Agostino Riccardo, ex affiliato al Clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia, in cambio di voti, attacchinaggio e visualizzazione dei manifesti elettorali in favore di Matteo Adinolfi (della lista “Noi con Salvini”), ex europarlamentare della Lega (fu eletto nel 2019) e, nel 2016, in corsa per diventare consigliere comunale. Carica che, alla fine, raggiunse con 449 voti. La posizione di Adinolfi, però, è stata archiviata definitivamente a ottobre 2022 per decisione della sezione Gip/Gup del Tribunale di Roma, su richiesta della stessa Procura/DDA di Roma.

Per l’accusa, Del Prete avrebbe dato a Riccardo circa 45mila euro. A costituire, secondo inquirenti e investigatori, il ruolo di collettore anche Emanuele Forzan. L’inchiesta fu portata a compimento da Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Squadra Mobile di Latina.

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Il contro-esame di Agostino Riccardo, interrogato dagli avvocati Scognamiglio e Frisetti e in parte anche dal pm Gualtieri e dal presidente del collegio, Mario La Rosa, ha fatto emergere, in buona sostanza, le conferme da parte del collaboratore di giustizia rispetto a quanto dichiarato a verbale e anche qualche aspetto fumoso. Sicuramente, non è stato spiegato con chiarezza da Riccardo, pur essendo incalzato più volte dalla difesa, su quali conti finivano i soldi che Del Prete gli avrebbe dato per la compravendita dei voti in favore di Adinolfi. Riccardo ha parlato di conti intestati all’ex compagna: prima bonifici, poi corretti in vaglia nominali da ritirare alle Poste. Il pentito ha, però, specificato che Del Prete gli avrebbe dato i soldi, per lo più, in contanti.

Ciò che è emerso, invece, nitidamente, è la condanna con sentenza diventata irrevocabile lo scorso 22 febbraio in capo ad Agostino Riccardo per il reato di voto di scambio politico-mafioso. Riccardo, che risponde degli stessi reati imputati a Forzan e Del Prete, è stato condannato dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Maria Gaspari, a 3 mesi di reclusione. Una pena, col rito abbreviato, calcolata in continuazione con altri reati. La sentenza è stata emessa lo scorso 8 ottobre 2024.

“Ha mai avuto contatti con Renato Pugliese dopo la collaborazione con lo Stato?”, gli ha chiesto in aula l’avvocato Scognamiglio. “Non lo vedo fisicamente dal novembre 2016 – ha spiegato Riccardo – ma, in una occasione, c’è stato un contatto telefonico tramite il poliziotto Renzo Battista quando ero ai domiciliari per 3 mesi. Battista ha curato la mia collaborazione”. Come noto, si tratta del poliziotto che, per una vicenda spinosa, avendo avuto una relazione con la ex moglie di Riccardo, è stato più volte richiamato in altri processi dell’antimafia, tra cui quello denominato “Reset”.

“Fui chiamato da Battista e Renato era a Roma, ci salutammo e ci dicemmo che avevamo fatto bene a collaborare. Con Battista, ho avuto colloqui in carcere”. La difesa punta molto su questo aspetto per scalfire la genuinità delle dichiarazioni di Riccardo. La tesi è che Battista avrebbe suggerito al collaboratore di giustizia ciò che avrebbe dovuto dire prima degli interrogatori svolti con magistratura e altre forze dell’ordine. “Ma io – ha detto Riccardo – non avevo bisogno di Battista. Quando ho dovuto riconoscere Zaza del clan Mazzarella, sapevo già chi era”.

Secondo la difesa, il poliziotto avrebbe chiesto a Riccardo di non menzionare nelle estorsioni la ex moglie. Un aspetto che Riccardo ha negato: “L’ho comunque chiamata in causa”. E su Del Prete: “Battista non mi ha mai detto niente di Raffaele Del Prete”. Eppure, fa notare l’avvocato Scognamiglio, nell’interrogatorio di giugno 2019, vi sarebbe scritto che “in relazione a notizie apprese da Battista”, Riccardo avrebbe riferito di una indagine a carico dell’imprenditore.

Entrando nel merito del contestato mercimonio nel corso delle elezioni comunali 2016, Riccardo ha risposto alle domande: “Del Prete i soldi me li ha dati tutti in contanti, ma forse c’è stato un bonifico alla mia ex, non ricordo. Forse era un vaglia”. L’avvocato Frisetti ha puntato molto nel mettere in risalto la mancata competenza politica di Agostino Riccardo che, invece, si definiva delegato alla politica del clan. “Io – ha detto Riccardo – era il delegato all’illecito della politica. Del Prete disse che Adinolfi ce l’aveva fatta, eravamo alla sede di Noi con Salvini durante la notte del ballottaggio. Prima delle elezioni ci disse che servivano circa 500 voti per entrare in opposizione e ce la fece. Del Prete mi indicava il suo commercialista, ossia Adinolfi. Dopo l’elezione, Del Prete mi riportò a casa alle 5 con la Porsche. Prima eravano stati di Noi con Salvini a Campo Boario, vidi lì sia il primo turno che il ballottaggio. Noi ci siamo andati da maggio a giugno e siamo andati anche a Borgo Carso, nella cena con Matteo Salvini, con i pass che Forza diede a me, Gianluca Di Silvio, Renato Pugliese e Daniele Sicignano detto “Canarino“.

“Adinolfi, invece, me lo ha fatto conoscere Del Prete che mi dava contanti per la sua elezione. Me li diede in diversi posti, i tra cui a San Felice, con lui c’era anche Francesco Zicchieri (nda: ex politico di Fratelli d’Italia). Raffaele contava i soldi da un cassetto per la compravendita dei voti, contava 1000 euro per 100 euro. In una occasione mi diede 10mila euro. Io mi proposi a lui come famiglia “Lallà” Di Silvio. Lui lo conoscevo come imprenditore e me lo ricordavo perché stava al mare dove i miei genitori avevano un negozio”.

Ma come vennero ingaggiati? Chiede il presidente La Rosa a Riccardo: “Del Prete e Forzan già sapevano che avevo fatto campagna elettorale per Maietta e Cetrone”. E, per avvalorare il suo “impegno” in quella campagna elettorale, che si svolse tra Latina e Terracina, Riccardo ribadisce un particolare già emerso nel processo a Gina Cetrone: “Armando Cusani l’ho scortato con Samuele Di Silvio da Sperlonga a Terracina in un comizio con Corradini e Cetrone“. Non tutti i politici dissero sì: “Calvi e Creo non hanno accettato la mia proposta. In quella campagna elettorale io ho preso soldi da Del Prete e Andrea Fanti. Portammo 200 voti a Adinolfi, come famiglia Di Silvio”.

Si riprende il prossimo 8 maggio quando dovrebbe essere esaminato un testimone eccellente: l’ex parlamentare europeo Matteo Adinolfi.

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