Operazione Reset: sul banco degli imputati Francesco Viola e Giovanni Ciaravino, è arrivata la sentenza della Cassazione
Condanna annullata per Giovanni Ciaravino e 14 anni e 3 mesi di pena per Francesco Viola (annullato un capo d’accusa). Una sentenza, quella della Cassazione, arrivata nella serata del 18 dicembre, che potrebbe incidere anche nel processo ordinario che si svolge a Latina. A Ciaravino, infatti, è stata annullata la condanna per associazione mafiosa finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, di cui è accusata dalla DDA di aver fatto parte insieme ai vertici del sodalizio: dai fratelli Travali a “Cha Cha” Di Silvio. Gli ermellini hanno deciso che ci dovrà essere per Ciaravino un nuovo giudizio di un’altra sezione di Corte d’Appello.
Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, nella sua requisitoria, aveva richiesto l’annullamento dell’accusa a carico di Francesco Viola, rispetto a una estorsione contestata col metodo mafioso ai danni di un giovane di Latina, responsabile di aver denunciato Cristian Morelli (altro personaggio noto al crimine pontino e legato al clan Travali). Viola aveva avvicinato il giovane a dicembre 2018: secondo l’accusa, ormai consapevole della collaborazione con lo Stato degli ex affiliati Renato Pugliese e Agostino Riccardo, Viola chiese al giovane se fosse stato convocato dalla Polizia per riferire rispetto ad alcuni fatti riguardanti una ulteriore estorsione. Per tutte le altre accuse a carico di Viola, lo stesso Procuratore aveva chiesto che fosse rigettato l’appello presentato dagli avvocati difensori Giancarlo Vitelli e Pasquale Cardillo Cupo.
Diversamente per Ciaravino, il procuratore generale aveva chiesto l’annullamento con rinvio in Corte d’Appello rispetto all’accusa di appartenere all’associazione mafiosa dei Travali dedita allo spaccio di droga. Secondo la Procura Generale, ci sarebbe un vizio nei riscontri delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Già in appello, era caduta l’aggravante mafiosa per una estorsione commessa da Viola. Una sentenza, quella della II sezione della Corte d’Appello di Roma, che potrebbe avere anch’essa ripercussioni sugli esiti del processo di primo grado incardinato presso Tribunale di Latina che vede alla sbarra una trentina di imputati tra i quali i vertici del sodalizio: i fratelli Angelo e Salvatore Travali e Costantino “Cha Cha” Di Silvio. Alcuni di loro (tra cui gli stessi Travali e Cha Cha), come noto, sono già stati condannati, con sentenza passata in giudicato, nel processo denominato “Don’t Touch”, per associazione per delinquere ma di tipo semplice.
E sta proprio qui la questione. La Corte d’Appello, infatti, aveva riformato, escludendo per un capo l’aggravante mafiosa, la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare di Roma Monica Ciancio, arrivata a maggio 2022, che aveva condannato Francesco Viola, cognato dei fratelli Travali ed esponente di spicco del clan (anche se nel procedimento Reset è esclusa per lui la partecipazione all’associazione mafiosa dedita allo spaccio di droga), e Giovanni Ciaravino. I giudici del secondo grado di giudizio avevano così condannato Francesco Viola alla pena di 14 anni e 4 mesi di reclusione, più una multa da oltre 13mila euro e Giovanni Ciaravino, difeso dagli avvocati Francesco Vasaturo e Alessandro De Federicis, alla pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione. Gli imputati erano stati condannati anche a pagare le partici civili – Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto” – rispettivamente per le somme di 1.575 euro e 2.000 euro.
In primo grado, avevano scelto entrambi di essere giudicati col rito abbreviato: Viola, accusato di estorsioni col metodo mafioso (per lui contestati anche episodi di usura e spaccio), e Ciaravino, imputato anche lui per il reato del 416bis finalizzato allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Davanti al Giudice per l’udienza preliminari di Roma, il Pm Luigia Spinelli, ripercorrendo la vicenda criminale, aveva chiesto la condanna a 14 anni per Francesco Viola, e 10 anni e 6 mesi per Giovanni Ciaravino. La difesa, dopo la requisitoria del Pm, aveva chiesto l’assoluzione e i due imputati avevano sempre negato di essere stai mai parte di una clan mafioso.
Il Gup Ciancio aveva poi condannato entrambi aumentando per di più le pene: Viola a 16 anni di reclusione, Ciaravino a 10 anni e 8 mesi, riconoscendo per entrambi l’aggravante mafiosa. A quest’ultimo era contestata lo spaccio di sostanze stupefacenti in seno all’associazione capeggiata dai Travali e Costantino Di Silvio detto “Cha Cha”, come partecipe di aver gestito una piazza di spaccio a Latina.
Più corpose le accuse per il co-imputato. A Francesco Viola (già con diverse condanne sul groppone, tra cui quella definitiva per il processo “Don’t Touch”), cognato dei fratelli Travali per aver sposato la sorella Vera, una rilevante quantità di estorsioni ai danni di cittadini, ristoratori, sale scommesse, commercianti, professionisti (anche un avvocato), tra cui un uomo che aveva un credito di centinaia di migliaia di euro con una nota società nel ramo delle energie rinnovabili.
Tra le estorsioni per cui è stato condannato Viola anche quella nei confronti di un tifoso del Latina Calcio, ai tempi di Maietta Presidente, che si era fatto autografare la maglietta da alcuni calciatori senza chiedere il permesso al Clan: “Allo Stadio comandiamo noi. Non puoi fare come ti pare – dissero Viola e l’allora affiliato, oggi collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, al tifoso – Noi abbiamo fatto una scelta di fare la vita da strada e sulla strada ‘ste cose si pagano”. Viola, per il lasciapassare agli autografi, pretendeva la somma di 12mila euro.
Contestata a Viola anche l’estorsione in merito a un cittadino che fu obbligato ad acquistare alcuni grammi di cocaina. Ultimo ma non ultimo l’episodio di aver usufruito anche della benzina estorta a un titolare di una pompa di benzina a Latina. Una vicenda per cui, successivamente, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione dei Carabinieri “Status Quo”, è stata condannata con sentenza passata in giudicato la madre dei Travali, Maria Grazia Di Silvio, per aver minacciato il titolare della pompa di benzina, reo, a detta della Di Silvio stessa, di aver parlato agli organi inquirenti.
A febbraio 2021, furono 19 le misure di custodia cautelare per droga, estorsioni e persino un omicidio, quello del rumeno Giuroiu (in Appello, per questo reato, è stato assolto Angelo Travali e in primo grado era stato assolto il fratello Salvatore), reati con l’aggravante mafiosa con cui è stato delineato, anche grazie ai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo (un tempo esponenti di due sodalizi), il Clan dei fratelli Travali e Costantino “Cha Cha” Di Silvio.