Caso “grattacielo Key”: la Cassazione ha pubblicato le motivazioni che hanno reso definitiva la confisca dell’immobile
La Corte di Cassazione, lo scorso aprile, ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati difensori degli imputati prescritti, Paolino Coccato e Paolo Fontenova, destinatari della confisca del “bene”. I giudici della Suprema Corte, respingendo l’istanza, hanno reso definitiva la confisca a un anno e mezzo dalla sentenza di Corte d’Appello.
Il rudere al centro della città di Latina diventa un ben confiscato e rientra, quindi, nella disponibilità dello Stato, così come aveva già deciso la Corte d’Appello di Roma, presieduta dal giudice Tommaso Picazio, a dicembre 2022.
Ora, la Cassazione ha reso pubbliche le motivazioni della sentenza. Si tratta di 23 pagine che spiegano il motivo per cui i ricorsi presentati dagli avvocati Luca Giudetti e Domenico Oropallo sono stati rigettati.
I giudici della Suprema Corte hanno richiamato nella corposa motivazione alcune sentenze a sezioni unite. Tra i passaggi più significativi è ribadito il concetto che “nel caso in esame, la confiscabilità del profitto e del prezzo era già consentita anche per il caso di declaratoria di estinzione del reato, alla condizione che la misura di sicurezza fosse stata disposta con la sentenza di primo grado già prima dell’introduzione dell’art. 578-bis cod. procedura penale in ragione del “diritto vivente” accertato da Sezioni Unite, sentenza Lucci”. In un altro passaggio viene specificato che “è ben possibile procedere alla confisca in presenza di una sentenza di estinzione del reato per prescrizione, come già valutato dalle Sezioni Unite Lucci, che a loro volta distinguevano fra la confisca del prodotto o del profitto, a contenuto ripristinatorio, e la confisca per equivalente a contenuto sanzionatorio”.
“Il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, la confisca del prezzo e la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto, rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio”.
In passato, infatti, la Corte d’Appello di Roma aveva sciolto la riserva sul destino penale degli imputati per la vendita simulata del noto grattacielo di Largo Don Bosco che si erge come un rudere tra lo Stadio Francioni e Piazza del Popolo, disegnando uno skyline degradato del capoluogo di provincia.
In primo grado furono condannati Paolo Fontenova (3 anni) amministratore della srl, Paolino Coccato (2 anni), Riccardo Silvi (1 anno e 6 mesi), Lucio Noviello della Falco Immobiliare (2 anni) e Gian Domenico Brienza (1 anno). Furono, per l’appunto, condannati nel 2015 in ragione della vendita simulata per favorire la Falco srl. Assolti, invece, Vincenzo Cosentino e i componenti del collegio sindacale Roberto Fontenova, Francesco Silipo, Carla Angelini e Alessia iannacci.
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Tornando alla vendita simulata a favore della Falco Immobiliare, le condanne del 2015 non portarono a molto poiché i reati si sono prescritti pochi giorni dopo. Scattò anche la confisca, mai realizzatasi di fatto, del Grattacielo Key. Secondo l’accusa, la vendita dell’immobile, risalente al 2007, fu organizzata per la Falco, che vedeva come amministratore Paolo Fontenova, contro gli altri soci. Secondo il sostituto procuratore Luigia Spinelli, titolare dell’indagine, alla Falco, costituita per l’occasione, il palazzo fu venduto per 2,5 milioni di euro, ossia una cifra molto bassa rispetto al valore del mercato di allora. Dopo poco, la Falco cedette le sue quote ad una società basata in Lussemburgo.
Nel giudizio di merito, la Corte d’Appello, assodata la prescrizione, si trovava a giudicare Paolo Fontenova e Paolino Coccato, difesi dagli avvocati Giudetti, Oropallo e Giglio. Entrambe le loro posizioni erano ovviamente prescritte, ma ancora era oscuro il destino della confisca dell’immobile che la difesa sosteneva non essere stata profitto del reato. Lo stesso Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma aveva chiesto che l’immobile (o quel che ne rimane) venisse restituito, inclusa la revoca della confisca.
Come per altri casi, la prescrizione degli imputati avrebbe potuto far decadere anche la confisca dell’immobile, in osservanza e continuità con l’informazione a sezioni unite della Cassazione emessa il 30 gennaio 2020. La Corte di Cassazione, infatti, aveva stabilito che non è più possibile disporre la confisca urbanistica di un immobile se il reato è da ritenersi prescritto prima della fine del primo grado. La difesa, ad ogni modo, aveva richiamato anche la sentenza di Cassazione risalente al 15 ottobre 2020 che stabilisce che non si può confiscare un bene quando è intervenuta la prescrizione per gli imputati riconducibile al medesimo.
La Corte d’Appello di Roma, invece, aveva confermato la confisca del bene. E, ora, la Cassazione gli dà manforte sancendo l’effettività della confisca.
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