Maltrattata e picchiata più volte, una donna di 30 anni ritratta e viene imputata a sua volta per falsa testimonianza
Avrebbe dovuto essere emessa la sentenza oggi, 27 giugno, dal III collegio del Tribunale di Latina della terna di giudici La Rosa-Sergio-Romano. Solo che il pubblico ministero Marco Giancristofaro, sebbene fosse tutto pronto per la discussione delle parti, ha ritenuto di dover fare acquisire nel processo altri atti d’indagine.
Il caso è quello che vede sul banco degli imputati una donna per falsa testimonianza e un uomo per maltrattamenti. I due sono recentemente balzati agli onori della cronaca perché le loro dichiarazioni hanno dato una mano ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina per sgominare l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga che si muoveva tra Campo Boario e Nicolosi. Si tratta dell’operazione “Nico” che ha portato agli arresti del terzo ramo della famiglia Di Silvio, quella il cui capo-sodalizio è Ferdinando Di Silvio detto “Macciò” e che comprende il noto Antonio Di Silvio detto “Cavallo”, padre dell’imputato odierno.
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Il processo vede alla sbarra il 33enne Carmine Di Silvio detto Belvo – difeso dall’avvocato Ernesto Renzi – accusato di maltrattamenti contro la ex compagna, Shara Grifo, 30 anni – assistita dall’avvocato Valentina Varrone – imputata per falsa testimonianza in quanto, nel corso dell’incidente probatorio dell’udienza preliminare che ha preceduto il rinvio a giudizio, secondo la Procura avrebbe mentito e ritrattato i comportamenti violenti subiti dall’ex compagno.
Tutti e due, peraltro, sono finiti all’attenzione della cronaca anche per un’altra vicenda piuttosto nota: una casa del Nicolosi occupata e liberata dopo dodici anni dall’azione dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise.
Tornando al processo odierno, sia la donna che l’uomo devono rispondere anche della violazione del divieto di avvicinamento poiché, dopo i fatti di maltrattamenti risalenti al 2021, Di Silvio fu trovato in casa della donna nel corso di un controllo della Squadra Mobile di Latina. A testimoniarlo, in una precedente udienza, un agente di polizia che materialmente trovò l’uomo nella casa all’interno del noto quartiere di Latina, “Nicolosi”. È la stessa abitazione che fu poi sgomberata dai militari dell’Arma dei Carabinieri.
Come testimone, in una passata udienza, è stata ascoltata anche un’altra donna la quale, all’epoca dei fatti, viveva al Nicolosi con l’ex compagno. Fu lei ad offrire ospitalità alla 30enne vittima, avendola vista girovagare nel quartiere popolare a un’ora tarda.
La donna, per solidarietà, chiese cosa fosse capitato e la vittima le raccontò di essere stata rinchiusa in casa dal compagno che l’aveva privata anche dal telefono. Terrorizzata, la donna aveva preso i suoi bambini ed era andata via, senza meta. La testimone – che poi, su richiesta dei poliziotti che presero la denuncia quella stessa sera, ospitò la donna – ha raccontato di aver avuto confidenze dalla vittima riguardo a diverse violenze: praticamente, non era la prima volta che veniva picchiata.
Oggi, il pubblico ministero, prima di ottenere il rinvio fissato per il 27 settembre, quando sarà emessa la sentenza, ha spiegato che la 30enne è accusata di falsa testimonianza poiché, prima di ritrattare, avrebbe confermato per quattro volte la versione dei maltrattamenti.