Processo Scarface, in Corte d’Appello a Roma alcuni degli imputati hanno aderito alla richiesta di concordato proposta dal sostituto procuratore generale
Solo alcuni degli imputati, condannati col rito abbreviato in primo grado, hanno scelto di accettare la proposta di concordato formulata a novembre scorso dal sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Roma Marco Ardigò.
Si tratta di Simone Di Marcantonio, condannato a 4 anni in primo grado, per cui il sostituto pg ha chiesto una pena di 2 anni e 8 mesi; Marco Ciarelli, la cui richiesta di condanna è di 3 anni e 6 mesi, a fronte di una condanna in primo grado a 4 anni e 8 mesi. E ancora, Riccardo Mingozzi: richiesta di concordato a 3 anni e 1 mese, contro una condanna in primo grado a 4 anni; oppure Mirko Altobelli con una richiesta a 2 anni, diversamente dalla condanna in primo grado a 2 anni e 8 mesi.
Tendenzialmente gli imputati che avevano rimediato pene minori col rito abbreviato hanno accettato il concordato che ha ridotto considerevolmente le pene stabilite dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Angelo Giannetti, lo scorso gennaio. Accettandolo, gli imputati si garantiscono, in alcuni casi, la liberazione da ogni misura restrittiva, già scontata o per cui mancano poche settimane alla sua fine.
Hanno rifiutato il concordato coloro i quali sono stati condannati a pene più alte come il fratello del boss “Romolo” Di Silvio, Carmine Di Silvio, oppure il figlio del capo famiglia, Antonio Di Silvio detto Patatino, condannato a 19 anni e per il quale il sostituto procuratore generale aveva proposta in concordato una pena di 14 anni.
Ad ogni modo, hanno rifiutato il concordato anche imputati condannati a pene più basse, come Costantino Di Silvio detto “Cazzariello”, Alessandro Zof e Michele Petillo: rispettivamente per loro, il sostituto ha proposto pene per 6 anni, 4 anni e 2 anni e 6 mesi.
È a ottobre scorso che è iniziato il processo di secondo grado in Corte d’Appello a Roma che vede sul banco degli imputati gli affiliati al clan Di Silvio, del ramo capeggiato dal boss Giuseppe “Romolo” Di Silvio, a sua volta condannato in primo grado, sempre col rito abbreviato, ma giudicato separatamente: 20 anni di reclusione per il capo famiglia del Gionchetto.
Una scelta, quella del concordato, chiesta direttamente dall’accusa, che prevede una economia del processo più rapida. In pratica, una vera e propria potatura delle condanne stabilite in primo grado. La prossima udienza, che si terrà il prossimo 20 dicembre, vedrà altre discussioni in aula da parte degli avvocati di alcuni imputati. Infine, la sentenza per tutti gli imputati, sia che abbiano accettato o no la proposta di concordato, dovrebbe arrivare il 19 gennaio 2024.
IL PROCESSO DI PRIMO GRADO – Lo scorso 25 gennaio, era arrivata la sentenza per coloro che sono coinvolti nel processo denominato “Scarface” e che avevano optato per il rito abbreviato. La pronuncia è stata emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Angelo Giannetti, dopo che, a settembre 2022, il Pm della Procura/Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli, aveva chiesto le condanne (oltre 150 anni) per i più importanti affiliati del clan capeggiato da Giuseppe “Romolo” Di Silvio.
Come noto, l’operazione anticrimine risalente all’ottobre 2021, coordinata dal Procuratore aggiunto della DDA romana Ilaria Calò e portata a compimento dalla Squadra Mobile di Latina, fece eseguire 33 misure cautelari, nei confronti di soggetti, a vario titolo gravemente indiziati di aver commesso reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di agevolazione mafiosa.
Diverse le parti offese che si sono costituite parti civili tra cui il Comune di Latina, l’Associazione antimafia Antonino Caponnetto e l’ex affiliato al clan Di Silvo e ora collaboratore di giustizia Emilio Pietrobono.
Di seguito le condanne di primo grado: Carmine Di Silvio, 20 anni di reclusione; Costantino Di Silvio (detto Costanzo), 14 anni e 8 mesi oltre a 14.000 euro di multa; Costantino Di Silvio, detto “Cazzariello”, 7 anni e 4 mesi; Antonio Di Silvio detto “Patatino” (figlio del “capo”, Romolo Di Silvio) 19 anni; il fratello di quest’ultimo, Ferdinando Di Silvio detto “Prosciutto”, 19 anni, 9 mesi e 10 giorni.
E ancora: Fabio Di Stefano 19 anni, 1 mese e 10 giorni; Daniel Alessandrini 3 anni e 8 mesi; Mirko Altobelli 2 anni e 8 mesi; Michele Petillo 4 anni, 5 mesi e 10 giorni; Alessandro Di Stefano 6 anni e 8 mesi; Manuel Agresti 6 anni; Marco Ciarelli 4 anni e 8 mesi; Simone Di Marcantonio 4 anni; Salvatore Di Stefano e Franco Di Stefano 3 anni e 8 mesi; Simone Ortenzi 6 anni e 8 mesi; Alessandro Zof 6 anni; Anna Di Silvio 6 anni e Riccardo Mingozzi 4 anni.
All’associazione Caponnetto è stata riconosciuta una provvisionale da 20mila euro così come al Comune di Latina il cui risarcimento è stato stabilito nella cifra di 25mila euro. Una provvisionale di 25mila euro è stata riconosciuta anche all’Assovittime, mentre di 10mila euro sarà destinatario Emilio Pietrobono, ex affiliato al clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia e vittima di un recupero credito commissionato da uno degli imputati, Di Marcantonio, ad altri due co-imputati, Marco Ciarelli e Manuel Agresti.
Condanne, seppur in primo grado, che fanno storia: il sodalizio dei Di Silvio capeggiato da “Romolo”, al pari del gruppo gemello guidato da Armando “Lallà” Di Silvio, viene considerato un clan mafioso.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Alessandro Farau, Alessia Vita, Sandro Marcheselli, Oreste Palmieri, Alessandro Paletta, Giancarlo Vitelli, Maurizio Forte, Luca Melegari e Antonino Castorina.