OPERAZIONE SELFIE: DALLA NDRANGHETA FINO A CAMPO BOARIO E SAN BASILIO (ROMA)

operazione Selfie
Alcune immagini dell'operazione Selfie in Calabria. Coinvolto anche un appartenente alla famiglia Romagnoli, insieme ai soggetti di Latina in collegamento con la ndrangheta

È un canale di spaccio consistente quello bloccato stamane dall’operazione denominata “Selfie” e coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, insieme ai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e i militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”.

Un canale che dalla Locride calabra sarebbe sfociato dritto a Roma e Latina, coinvolgendo almeno due soggetti gravitanti nelle aree di spaccio di San Basilio per la Capitale e Campo Boario per il capoluogo pontino. Sono state arrestate in carcere sul territorio nazionale 13 persone, tra cui i pontini Massimiliano Tartaglia e Alfredo Celami, e i romani Alessandro Romagnoli, Alberto Masci e Daniele D’Ambrosi; ai domiciliari altre 14 persone, compresi gli altri due pontini Arianna Ramiccia (compagna di Celani) e Adamo Fiasco (residente a Sermoneta).
Le accuse sono di associazione finalizzata alla produzione e al traffico illecito di stupefacente, porto abusivo di armi clandestine e ricettazione (vedi video con le fasi dell’operazione a seguire).

L’indagine, ovviamente, è a due teste: da un lato i coltivatori in Calabria, dall’altro i compratori nelle altre Regioni, in particolar modo nel Lazio tra Roma e Latina. Con un unico filo logico: il lucro derivante dallo spaccio di marijuana, proprio all’indomani della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che ha inferto l’ennesima mazzata al percorso di liberalizzazione morbida dell’erba, rischiando di regalare, come anche Latina Tu ha scritto, l’intero mercato alle mafie.

Tornando all’indagine odierna, l’identificazione degli indagati, come riportano diversi siti d’informazione calabri sulla scorta delle dichiarazioni del Procuratore reggino Giovanni Bombardieri, è stata possibile attraverso l’analisi delle immagini catturate dalle foto trappole da loro stessi collocate a presidio delle piantagioni. Numerose le coltivazioni di cannabis sativa, tutte in Calabria: due a Casignana (RC), località Marino, risalente al 21 settembre 2016; due a Bovalino (RC), località Bosco Sant’Ippolito, risalente al 18 maggio 2017; due a Siderno (RC), località Garino/Pezzillini, risalente al 2 giugno 2017; una a Bovalino, località Serro Mortilli, risalente al 30 giugno 2017; una a Casignana (RC), nei pressi dell’argine del torrente Bonamico, risalente al 18 luglio 2017.

armi sequestrate nell'operazione
Le armi sequestrate nell’operazione odierna

Le indagini hanno permesso di identificare i complici dei coltivatori, delineando i contorni dell’associazione criminale e definendo i ruoli dei singoli all’interno del sodalizio, e poi i destinatari dello stupefacente coltivato.
Gli indagati individuavano, rasavano e spietravano le piazzole di rilevanti dimensioni, impiantavano quindi i piccoli steli di circa 10 cm, realizzavano gli impianti professionali per l’irrigazione automatica, curavano la raccolta delle infiorescenze e la successiva essiccazione, fino al trasferimento, preferibilmente in auto con doppi fondi, nelle aree di destinazione e alla cessione. È così che gli investigatori hanno scoperto i contorni di una stabile rete di spaccio che, affondando le sue radici nella Locride, ha interessato altre regioni d’Italia ed in particolare il Lazio, punto fondamentale di smercio dello stupefacente coltivato in Calabria.

Dalle indagini è emersa la figura del principale promotore delle attività illecite, Michele Carabetta, 41 anni, elemento di elevata caratura criminale, già condannato in via definitiva ad otto anni di reclusione per associazione di tipo mafioso, come elemento di spicco della cosca “Pelle-Vottari” di San Luca con il compito di introdurre nel territorio italiano armi da guerra, armi clandestine e munizioni.
Nell’associazione finalizzata al narcotraffico Carabetta, pur sottoposto per tutta la durata delle indagini alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Romaha avuto un ruolo direzionale e di cerniera tra la filiera produttiva e di stoccaggio dello stupefacente in territorio calabrese e quella che si occupava del suo trasferimento ad una platea estesa di acquirenti all’ingrosso in territorio laziale, attraverso due articolazioni dell’organizzazione, una stanziata nella capitale, assicurata dal Daniele D’Ambrosi e da Alessandro Romagnoli, l’altra sulla piazza di Latina, assicurata da Alfredo Celani e Massimiliano Tartaglia. Celani è stato già coinvolto in attività di spaccio ed è fratello di Paolo Celani, implicato nella guerra criminale del 2010 quando fu colpito a gennaio 2010 da un attentato che fu causa della sua morte sei mesi dopo, nel giugno del 2010. Un tempo vicino al clan Ciarelli, pagò quella che ormai tutti ricordano come la mattanza di Latina tra gruppi rom e malavita latinense contrapposti tra di loro.

Per il trasferimento della sostanza stupefacente e il traffico, gli indagati avrebbero utilizzato l’ormai usuale linguaggio in codice con riferimenti a “cavalli”, “magliette”, “cd” o a noti modelli di autovetture e scooter quali “panda” “golf” o “t-max”.

Una delle piantagioni di marijuana trovate nella Locride
Una delle piantagioni di marijuana trovate nella Locride

Dalle indagini sono state localizzate 8 piazzole adibite alla coltivazione di marijuanasequestrando circa 11mila piante, 30,2 Kg di marijuana dal valore economico di svariati milioni di euro, 6 fucili da caccia di vario calibro e marca, privi di matricola o con matricola abrasa, 3 dei quali oggetto di furto.

Il traffico di questo canale di marijuana finiva molto probabilmente a San Basilio (Roma) dove già nel 2013 l’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma chiamata Venux fermò la famiglia Romagnoli e Gallace. Nello specifico, allora come oggi, Alessandro Romagnoli, in qualità di organizzatore del sodalizio criminoso, riforniva, attraverso la cocaina garantita direttamente dal cognato Bruno Gallace (dell’omonima cosca calabra trapiantata ad Anzio), la piazza dello spaccio di cocaina di San Basilio.

Allo stesso modo, il pregiudicato trentaseienne di Latina Massimiliano Tartaglia è stato arrestato in passato per spaccio. Tartaglia è il fratello di Simone Tartaglia, invece citato (non indagato) nelle carte dell’inchiesta Alba Pontina come sodale del cosiddetto capozona di Latina Scalo Gianfranco Mastracci (su cui pende una richiesta di 6 anni di reclusione da parte dei magistrati di Alba Pontina). Mastracci, legato ai Travali e, sopratutto, ai Morelli (per cui si adoperava nel voto di scambio, comprando preferenze e indicando Bergamo e Tripodi alle amministrative pontine del 2016: vedi Bastarda Pontina parte III) ha addentellati con San Basilio e Roma dove, secondo il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo che lo ha raccontato ai giudici nei verbali della DDA, passò un periodo di latitanza protetto dai Casamonica, per via dei Travali imparentati con il clan romano tramite la nonna materna.

Massimiliano Tartaglia è di Campo Boario e, oltre alla cronaca giudiziaria, si era reso protagonista nel 2017 persino di un atto d’amore per il suo quartiere (vedi post di seguito da parte del gruppo Facebook Latina Risorge). Un’azione che gli sarà valsa la riconoscenza degli abitanti dell’area che, però, desolatamente, rimane ancora, e da anni, una piazza di spaccio a cielo aperto e non solo strettamente delle famiglie Di Silvio.

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