Processo Olimpia: ascoltato in Tribunale uno degli investigatori che realizzarono l’indagine sull’era Maietta-Di Giorgi e sul “sistema Latina”
Un processo in agonia quello che si basa sull’indagine denominata “Olimpia” condotta dalla Procura di Latina e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo e che portò nel novembre 2016 a decine di arresti, poi “revocati” dal Tribunale del Riesame.
Come noto, l’inchiesta partita da un esposto e un’interrogazione parlamentare su alcune irregolarità in merito alla piscina comunale (presentati dal Movimento Cinque Stelle di Latina nel 2013), si allargò a macchia d’olio dividendosi in tre filoni: quello dei favori al Latina Calcio di Maietta e Paola Cavicchi; quello dei sei Piani particolareggiati approvati con incremento di cubature direttamente in Giunta senza passare dal Consiglio comunale (in seguito revocati nel 2015 dal Commissario Barbato e su cui pende un giudizio della Corte dei Conti); quello su appalti e incarichi a imprenditori e società con sospetti illeciti sulle assegnazioni.
Il 28 aprile 2021, il Presidente del collegio penale Caterina Chiaravalloti, oggi assente e sostituita dal giudice Francesca Coculo, aveva dichiarato prescritti alcuni reati per abusi edilizi (quelli in via Quarto) a carico di 12 imputati, l’ex sindaco Giovanni Di Giorgi, l’ex Dirigente Ventura Monti e a seguire altri imputati: il costruttore Massimo Riccardo, Luigi Paolelli, Adolfo Antonelli, Silvano Manzan, Massimo Palumbo, Mario Piovanello, Giuseppe Venturi, Antonio Ferrarese, Giuseppe Celeste e Raniero Grassucci.
A maggio 2021, il processo aveva visto un’altra “potatura” degli imputati. Si è passati così a 29 imputati: tolti Lusena e Malvaso processati e assolti col rito abbreviato a luglio 2020, ne rimanevano 35. Scattata, però, la prescrizione per Grassucci, Palumbo, Venturi, Antonelli, Piovanello, Manzan, il numero si è ridotto a meno di 30.
A processo rimangono Pasquale Maietta, Paola Cavicchi, l’ex sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi, il dirigente al Comune di Latina Ventura Monti, il funzionario comunale Nicola Deodato, gli imprenditori Fabio e Fabrizio Montico, l’ex dirigente del Comune Alfio Gentile, l’ex assessore all’Urbanistica Giuseppe Di Rubbo, l’architetto Luca Baldini, l’ingegnere Luigi Paolelli, il costruttore Massimo Riccardo, Roberto Pellegrini, Silvano Spagnoli, Stefano Pistoia, Antonio Ferrarese, Valter Betti, Giuseppe Macrì, Francesca Rossi, Alessandra Marciano, Andrea e Sandra Capozzi, Antonio Di Girolamo, Claudio Petitti, Giovanni Spada, Giuseppe Baggio, il notaio Giuseppe Celeste, Sergio Fanti e Stefania De Marchi.
Tanti i reati contestati a vario titolo: si va dall’associazione per delinquere ai reati contro la pubblica amministrazione come l’abuso d’ufficio, il falso, la concussione, la turbata libertà degli incanti.
A luglio 2021, sono state inoltre accolte alcune eccezioni del collegio difensivo sull’utilizzabilità delle intercettazioni a carico di Pasquale Maietta. Le intercettazioni avrebbero dovuto essere autorizzate dalla Camera dei Deputati e secondo il collegio dei giudici del Tribunale erano “non casuali e mirate e anche sfornite di autorizzazione postuma”.
Dopo diverse udienze non celebratasi tra marzo 2022 e l’autunno dello stesso anno, oggi, 4 aprile 2023, il processo, alla presenza del Pm Giuseppe Miliano, che condusse le indagini, ha “miracolosamente” visto sedersi in aula uno dei testimoni: si tratta di un Luogetenente dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina che fu protagonista delle corpose indagini iniziate nel 2014.
Sin da subito, però, prima che il militare dell’Arma fosse interrogato dal Pm Miliano, l’avvocato Censi, che sostituiva l’avvocato Napoleone, ha fatto presente al collegio del Tribunale che la posizione del suo assistito, il notaio Giuseppe Celeste, è da considerarsi prescritta considerato che il reato di falsità materiale di cui è accusato non prevede l’aggravante. Una eccezione immediatamente ribadita anche dall’avvocato Pandozi e dagli altri legali del collegio difensivo per i loro rispettivi assistiti. La prescrizione incombe, come sanno tutti, e il processo sul cosiddetto “sistema Latina” pare un’occasione mancata. Alla prossima udienza, infatti, verranno calcolate tutte le prescrizioni maturate e le eventuali ma improbabili rinunce.
A dimostrare di essere un’occasione mancata per stabilire la verità di quegli anni in cui Latina era sostanzialmente Maiettopoli, dove a farla da padrone era l’amministrazione di Fratelli d’Italia, è la testimonianza del Luogotenente del Nucleo Investigativo Ludovico Iagnocco. Il militare ha iniziato la lunga ricostruzione di una indagine per certi versi monumentale, menzionando l’incipit: la famosa interrogazione parlamentare sulla Nuoto 2000 di Roberto Pellegrini, in realtà, di fatto, amministrata da Silvano Spagnoli, e i rapporti con l’allora assessore allo sport e poi sindaco Giovanni Di Giorgi. La concessione della Nuoto 2000, infatti, fu stabilita tra ente e privato nel 2008 quando Di Giorgi era assessore nella Giunta Zaccheo.
Il Carabiniere ha spiegato che l’indagine poi si dipanò passando per la presunta corruzione del Rup (responsabile unico del procedimento), Mario Vigliarolo (deceduto), il quale, da verifiche degli investigatori, avrebbe incassato 15mila euro dalla Nuoto 2000. Per il testimone, le indagini, in seguito, appurarono svariati interessi convergenti di amministratori, politici e imprenditori nei tre ambiti: Latina Calcio, appalti e urbanistica.
Furono intercettate 69 utenze (le prime intercettazioni a luglio 2014 sulle utenze di Vigliarolo, Deodato e Spagnoli) e Di Giorgi – questo lo dice a chiare lettere il miliare dell’Arma – aveva cointeressenze imprenditoriali con Maietta, all’epoca assessore al Bilancio del Comune e Presidente del Latina Calcio, e Spagnoli (Nuoto 2000).
Di Giorgi avrebbe ricevuto indicazioni da Maietta affinché fossero realizzati interventi che, invece, avrebbe dovuto essere ultimati dall’allora Latina Calcio, all’epoca dei fatti in serie B e con la curva controllata dal clan di Costantino “Cha Cha” Di Silvio e dei fratelli Travali.
“Monti, Lusena, Vigliarolo, Gentili, Pacifico, Paolelli e Deodato – ha detto Iagnocco – traducevano in atti amministrativi ciò che Maietta e Spagnoli comandavano per i loro interessi“. Fu il Commissario Barbato – quando a giugno 2015 cadde l’amministrazione Di Giorgi – a spezzare questa catena. Ad ogni modo, gli investigatori si convinsero che c’era a Latina un comparto imprenditoriale che beneficiava dei servigi di amministratori, dirigenti e funzionari al loro servizio. “Si creò un enorme credito degli imprenditori in regime di monopolio tanto che l’amministrazione era assoggettata“, dice il Carabiniere. Un racconto denso, senza pause, che viene interrotto più volte dagli avvocati del collegio difensivo quando il testimone sta per leggere delle intercettazioni che sono state espunte dal procedimento. Dunque, il racconto diventa più difficile, meno diretto.
Tuttavia, è dopo il sequestro del cantiere Malvaso nel 2014 che, secondo la ricostruzione del militare, iniziano i problemi. Sarebbe stato Malvaso a lamentarsi per primo con Di Giorgi, ma erano soprattutto quei politici e quegli imprenditori con interessi nel settore urbanistico a trovarsi in difficoltà. La situazione traballava e, a fine 2014, Di Giorgi si dimise per i venti giorni concessi dalla legge solo per potenziare la sua amministrazione.
Successe, però, che all’urbanistica fu nominato il Prefetto Salvatore La Rosa che si rese conto che i sei Piani particolareggiati (poi annullati dal Commissario Barbato nel 2015) avrebbe dovuto essere portati in consiglio comunali. Al che fu sarebbe stato messo sotto pressione da Malvaso (costruttore e all’epoca consigliere comunale e presidente della commissione urbanistica), dall’allora assessore Di Rubbo (Forza Italia) e altri politici che avrebbero veicolato i desiderata degli imprenditori. La Rosa si dimise, gli altri restarono.
E nella lunga ricostruzione del Luogotenente anche i rapporti tra Di Giorgi e Maietta poiché tra di loro vi erano, secondo l’indagine, interessi imprenditoriali. Di Giorgi, infatti, firmò nel 2013 e nel 2014 due fideiussioni da più di 200mila e oltre 300mila euro, così da corrispondere, pro quota, insieme a Maietta, i soldi che servivano all’iscrizione del Latina Calcio al campionato di Serie B. E ancora il canone concessorio del Latina calcio e quello per il campo d’allenamento alla Fulgorcavi.
Particolare attenzione anche sul 5% dei ricavi pubblicitari che la società calcistica avrebbe dovuto versare al Comune di Latina. Il Latina Calcio, però, secondo gli investigatori, scriveva ogni anno di non aver realizzato utili di gestione. Il punto, però, è che le indagini fecero emergere una realtà inquietante per la collettività: da una parte il Latina Calcio non pagava né il canone né versava la quota di ricavi pubblicitari pattuita, dall’altra il Comune di Latina aveva sostenuto lavori allo stadio per oltre un milione di euro, senza contare che la società di Maietta/Cavicchi sfruttava la struttura del Francioni con un contratto scaduto. Secondo il carabiniere, gli uffici del Comune che dovevano riscuotere il canone avevano dimezzato lo stesso. Fu con Barbato, e con il nuovo dirigente collocato dal Commissario, che il canone fu calcolato per la cifra esatta: 107mila euro.
Un calcolo finalmente giusto tanto è che il Latina Calcio, con il Comune commissariato, riconobbe la cifra e corrispose l’importo finalmente esatto pagano la somma di 400mila euro, compresi gli arretrati. È storia che, con altra probabilità, non verrà accertata da nessuna verità giudiziaria.