UNITÀ D’ITALIA: LA BATTAGLIA DI MOLA (FORMIA) PRIMA DELL’ULTIMA RESISTENZA A GAETA

I tre giorni in ricordo della battaglia di Mola (4 novembre 1860)

Ieri si è svolta alle 18 una mostra documentale presso la Torre di Mola alla presenza del Vicesindaco di Formia Kristian Franzini. Oggi invece alle 18 presso la sala Ribaud del comune di Formia si terrà un convegno storico dal titolo “La battaglia di Mola e l’Assedio di Gaeta” con il giornalista e scrittore Pino Aprile. Per l’occasione l’Accademia di Santo Stefano di Pisa tratterà anche dell’esilio del 1849 a Formia/Gaeta del Granduca di Toscana Leopoldo II. In ultimo domani alle 11.30 Messa di suffragio nella chiesa di San Giovanni e alle 12.30 commemorazione dei caduti durante la quale verrà scoperta presso la Torre di Mola una lapide di marmo con i nomi di tutti i soldati formiani e svizzeri che morirono il 4 novembre 1860 in nome di Francesco II di Borbone Re delle due Sicilie.

La serie di eventi è stata organizzata dalle associazioni Terraurunca dello storico Daniele Elpidio Jadicicco, dalla Web progens di Alberto Simione e dal Centro Studi Storici Archivistici Formia presieduto da Aldo Treglia. Gli studi di Iadicicco hanno portato alla luce diversi nomi di soldati di Mola e Castellone, le due località da cui nacque nel 1862 l’odierno comune di Formia, che morirono durante la battaglia, oltre ad un’ottantina di militari dei Battaglioni svizzeri che caddero quel 4 novembre e durante l’assedio di Gaeta nei mesi successivi. Interessante è la riscoperta del militare Giovanni Di Belli che fu catturato prigioniero durante la battaglia di Mola e morì a 22 anni nella fortezza piemontese di Fenestrelle.

IL PROLOGO

Il 6 settembre 1860, su consiglio del direttore di polizia Liborio Romano, Francesco II di Borbone lascia Napoli a bordo della nave da guerra il “Messaggero”, accompagnato dalla consorte Maria Sofia di Baviera e dal suo seguito rinunciando alla difesa della capitale del Regno. La strategia difensiva borbonica prevede che le ultime resistenze all’esercito dei Mille e a quello dei Savoia debbano essere opposte lungo la linea del Volturno e del Garigliano, ma soprattutto a Gaeta, considerata dal IX secolo d.c. una delle roccaforti più inespugnabili del Mediterraneo. 

FRANCESCO II RIPARA A GAETA E RINUNCIA A DIFENDERE NAPOLI

All’alba del 7 settembre Francesco II e la consorte giungono a Gaeta dove fu trasferita la capitale del Regno. Negli stessi giorni Vittorio Emanuele II di Savoia decide che è giunto il momento di intervenire e scende con il proprio esercito per annettere Marche e Umbria, ancora nelle mani di Papa Pio IX, e unisce così il Nord e il Sud d’Italia. Tra il 26 settembre e il 2 ottobre più di ventimila soldati borbonici si oppongono a sud del fiume Volturno ad altrettanti garibaldini, ma ne escono sconfitti.

Francesco II di Borbone, l’ultimo Re delle due Sicilie

L’INCONTRO A TEANO

Il 9 ottobre ad Ancona Vittorio Emanuele II si pone alla testa dell’esercito e il 15 ottobre attraversa il confine del Tronto tra i due Regni. L’esercito piemontese prosegue la sua discesa entrando in Abruzzo (battaglia del Macerone) e convergendo quindi verso la Campania, muovendosi verso Gaeta e andando incontro alle truppe garibaldine. Il 26 ottobre a Teano avviene lo storico incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II che segna il passaggio delle consegne in capo all’esercito del Regno di Sardegna.

A MOLA DI GAETA L’ESERCITO E LA MARINA DEI SAVOIA CONTRO I FORMIANI FEDELI A FRANCESCO II

A Mola di Gaeta, questo era il toponimo completo del tempo, il generale Ettore de Sonnaz comanda 8.000 soldati sabaudi contro il generale Giovan Luca Von Mechel, che fa attestare 6.500 Borbonici tra Cacciatori, Fanti e Artiglieri. Dal mare l’ammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano ha il compito di bombardare e mitragliare la fortezza dalla flotta.

Fortezza di Gaeta dopo la fine dell’assedio (1860-61). Foto del 1862

LA CRONACA DELLE OSTILITÀ

Come riportato nel dépliant curato da Ernesto Bonelli ed edito dal Comune di Formia in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (1861-2011) la  mattina del 4 novembre Persano si avvicina alla costa ed inizia a far piovere sul borgo molte granate. Al fuoco del Persano fa eco la batteria e il cannone installati presso la Torre di Mola da parte dell’esercito di Francesco II, al punto tale da costringere il Persano, intorno alle ore 10, a portarsi al largo.

Terminata l’azione di fuoco il De Sonnaz dà l’ordine d’inizio movimento alla colonna di destra, ma i Cacciatori napoletani nonostante il fuoco cui erano sottoposti, attendono i granatieri e li impegnano con un violento fuoco di fucileria. Vista la tenace resistenza borbonica, il Persano, verso le 16, si riavvicina alla costa e riprende il bombardamento. La batteria svizzera viene distrutta. 

Carlo Garnier nel suo “Giornale dell’ Assedio di Gaeta” scrive “conviene però accordare una onorata ricompensa o piuttosto pagare un tributo funebre al Capitano Fevot Comandante della batteria svizzera”. Sul fianco destro intanto, intorno ai poggi di Maranola, i Borbonici sparano sui bersaglieri e di granatieri, che marciano all’attacco. 

Il Generale dei Savoia Gozzani , spiegati tre battaglioni del 1° Reggimento granatieri lancia granatieri e bersaglieri all’assalto della posizione. In rincalzo, lungo il dorso delle colline tra Maranola e la strada di Mola, sono disponibili quattro battaglioni di granatieri e sei compagnie di bersaglieri. Quando la linea dei granatieri e bersaglieri giunge a circa 300 metri dalla linea nemica, viene suonata la carica.

Per campi, per i fossati, per i burroni e per le siepi, i granatieri e i bersaglieri guadagnano subito lo spazio che li divide dai Borbonici. Cadono in breve le difese dei Borboni a Villa Nucci, e poi gli abitati sulle falde meridionali delle colline di Maranola. 

Rilevante è la resistenza dei napoletani in altra località, che si manifesta poco oltre, cinta da un muro alto più che quattro metri, tutto intagliato da feritoie ed appoggiato sui fianchi da altri muri più alti e robusti. I granatieri del 2°battaglione d’improvviso si trovano così stretti da fianco tra due ostacoli di grande rilievo, e sottoposti di fronte al fuoco del nemico che raddoppia d’intensità e di vigore.

II maggiore Rizzardi, capo di Stato Maggiore della divisione, scorge la fronte dell’ostacolo e trova una porta. La indica subito ai granatieri, ed, attraverso quella, irrompono il 2°, il 3° ed il 4° battaglione del 1° Reggimento al grido di “Savoia”. I Borbonici si ritirano allora nel burrone del Fossatello, altri corrono ai vicini caseggiati, e di là aprono nuovamente un fuoco fitto e micidiale contro le colonne d’assalto piemontesi.

Intanto il 24° battaglione bersaglieri attraverso le falde montuose che dominano il villaggio di Maranola, prosegue il suo movimento che aggira Mola di Gaeta. La situazione sul fianco destro si mantiene difficile ed ogni indugio poteva riuscire dannoso al successo della giornata. Il Generale sabaudo Gozzani chiama allora in rinforzo un battaglione del 2°Reggimento granatieri. Occorre superare il burrone del Rio Fossatello ed aggirare le ultime difese borboniche a Maranola, eliminando la resistenza dei cacciatori nemici dai caseggiati dove si erano assestati.

Perciò il Generale Gozzani, fissando con il battaglione di rinforzo del 2° Reggimento granatieri, e con le frazioni di truppa degli altri del 1°, il fronte nemico, decide di rinforzare l’ala aggirante dei bersaglieri e dei granatieri lanciata sull’alto dei poggi di Maranola. Chiama perciò il 4°battaglione del 1° Reggimento lasciato in riserva dietro ai muri di Villa Nucci, e, celermente, inizia il movimento sotto il fuoco di moschetteria dei Borbonici.

A questo punto vengono impegnate nell’azione tutte le truppe disponibili sul fianco destro, motivo per cui il Generale Gozzani, giudicando pericoloso rimanere privo di riserve, manda a chiedere un secondo battaglione di rinforzo al generale De Sonnaz. Gli viene inviato subito il 2°battaglione del 2° Reggimento granatieri. Il largo movimento da fianco, ideato dal Generale Gozzani, ha successo. Il 2° e 3° battaglione del 1° Reggimento granatieri si gettano a baionette calate contro l’estrema sinistra dei Borbonici; il 4° segue d’appresso. I Borbonici della Brigata Mortillet abbandonano allora i poggi di Maranola.

I cacciatori borbonici si rovesciano verso Mola di Gaeta. Tra questi e le loro retroguardie i due  battaglioni del 2°Reggimento di granatieri dell’esercito sabaudo accorsi in sostegno del Generale Gozzani, mantenendosi vicino alla strada di Mola, fanno molti prigionieri e conquistano un cannone.

Alla fine , i granatieri del 4°battaglione del 2° Reggimento riescono ad aprirsi un varco dell’abitato fra Mola di Gaeta e Castellone. Così anche la sinistra dei Borbonici è costretta a ritirarsi. Per circa un’ora, dura fitto e continua il fuoco d’artiglieria tra le due parti, cui si aggiungono gli spari della moschetteria dei bersaglieri del 14° battaglione e dei granatieri distesi sul Rio del Fossatello, presso il ponte di Mola.

Un grosso cannone, dietro alle barricate borboniche, viene messo fuori combattimento. Non appena il movimento delle truppe del Generale Gozzani si delinea sull’ alto dei Poggi di Maranola, e compaiono sulle creste delle colline di S. Antonio i bersaglieri ed i granatieri che avevano ricacciato i nemici dall’estrema loro sinistra, il generale De Sonnaz ritiene giunto il momento di risolvere l’azione con l’assalto delle barricate napoletane. L’attacco finale e le ultime difese vengono superate.

I sabaudi espugnano Mola, che è in posizione strategica rispetto alla fortezza di Gaeta. Si contano 150 morti circa per ciascuno dei due eserciti. Il 5 novembre i piemontesi arrivano a Gaeta e ha inizio un assedio di 120 giorni. Dopo un’eroica resistenza delle truppe assistite dallo stesso Re Francesco II, la morte di più di ottocento soldati e un numero imprecisato di civili, tra cui donne e bambini, il Regno delle due Sicilie deve capitolare…definitivamente! 

 

 

 

 

 

 

 

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